Perché è giusto che il Ceo di Starbucks vada al lavoro col jet privato

I ricchi ci insegnano come spostarsi felici per andare al lavoro, senza lamentarsi per tempo, costi e inquinamento

Il Ceo di Starbucks al lavoro con il jet privato © Lingchor/Unsplash

Uno degli aspetti più sfiancanti del lavoro è il commuting. Ovvero il tempo che si perde per andare da casa al lavoro e viceversa. In Italia è stato calcolato che sia di circa un’ora al giorno: mezz’ora per andare e mezz’ora per tornare. Sono trenta ore al mese, quattro giorni lavorativi. Ovviamente non retribuiti. In altri Paesi, dove le distanze sono maggiori, è molto più alto. Si parla di più di una settimana lavorativa al mese di spostamenti. Ovviamente non retribuita.

Per fortuna la catena di fast food Starbucks, oltre a produrre caffè dal discutibile gusto in locali di dubbio gusto, ha trovato la soluzione. Il suo nuovo Ceo Brian Niccol avrà a disposizione un jet privato per spostarsi dalla sua umile casa di Newport Beach, in California, fino alla sede centrale di Starbucks a Seattle, nello Stato di Washington.

Sono circa mille miglia di distanza, quindi oltre 1.600 km. Un viaggio che in auto porterebbe via circa 18 ore, mentre con un jet privato si fa comodamente in tre ore. In questo modo il povero Niccol, che già ha tanto da pensare su quale nuovo aroma includere nel caffè, potrà ridurre di molto lo stress da commuting. E le spese da sostenere. Ora è vero che Niccol, che comincerà il suo nuovo lavoro a settembre, due soldi li guadagna. Per strapparlo a Chipotle, una catena di fast food messicano, Starbucks gli ha offerto 10 milioni di dollari di premio in contanti e 75 milioni in azioni. A questo aggiunge 1,6 milioni di stipendio annuo, con bonus facili per altri 7,2 milioni e possibili dividendi aziendali fino a 23 milioni. Insomma, solo per il primo anno si potrebbe portare a casa quasi 120 milioni di dollari.

Ma, a fronte di critiche ingiuste e malevole, il Ceo di Starbucks potrebbe rinunciare

Però non è giusto che, solo perché guadagna in un anno quello che tutti i suoi dipendenti messi insieme non guadagneranno mai in tutte le loro vite messe insieme, il povero Niccol sia messo in croce. Pare infatti che la cosa di andare al lavoro con un jet privato non sia piaciuta. E adesso Starbucks e il suo Ceo abbiano deciso di fare marcia indietro, probabilmente con un altro jet, un carro armato o una nave da crociera. Nel migliore dei mondi possibili, quello in cui viviamo, il capitalismo che regola ogni aspetto della nostra vita ci racconta infatti che stiamo tutti bene grazie alla trickle down economics. Ovvero quell’effetto “a cascata” per cui più i ricchi guadagnano, più stiamo meglio anche noi poveracci che, con le loro briciole, possiamo condurre una vita dignitosa e felice.

E anche le critiche sugli effetti ambientali del commuting con il jet privato sono alquanto ingiuste. Secondo uno studio della Ong Transport & Environment, un jet privato produce circa due tonnellate di CO2 all’ora. Quindi per un viaggio di andata e ritorno di Niccols al lavoro sarebbero circa dodici tonnellate di emissioni di anidride carbonica. In un solo giorno. Mentre un cittadino europeo ne produce in media otto in tutto l’anno. Questi numeri rientrano perfettamente negli studi che ci raccontano come gli aerei, da soli, generino più del 2% delle emissioni globali. O di come le emissioni prodotte dal 1% più ricco del Pianeta siano superiori a quelle prodotte dal 50% più povero. Insomma, l’effetto a cascata della trickle down economics funziona perfettamente anche qui. Inquinano i ricchi per non fare inquinare noi. E di cosa osiamo lamentarci, allora?