Ecco come ‘ndrangheta e mafie condizionano l’azione dello Stato

Da Nord a Sud tanti esempi del modus operandi delle mafie. Messi nero su bianco dalla Direzione Antimafia

«La ‘ndrangheta è un’organizzazione unitaria di stampo mafioso, in grado, per la rete di collegamenti che la caratterizza, di condizionare in modo forte ed incisivo l’azione dello Stato e delle amministrazioni locali, ad ogni livello». Lo mette nero su bianco la relazione della Direzione Nazionale Antimafia e Terrorismo, guidata dal magistrato Federico Cafiero De Raho, che analizza lo stato della malavita organizzata in Italia, che drena centinaia di migliaia di euro all’economia legale, direttamente attraverso appalti, commesse e incarichi pubblici.

Se pure camorra, Cosa nostra, Sacra Corona Unita e mafie straniere non sono assolutamente scomparse, sconcerta come, dopo le grandi operazioni investigative che hanno arrestato negli anni scorsi i  grandi capi di mafia e camorra, siano, invece, da tempo, cosche e ‘ndrine calabresi ad aver assunto la regia di traffici e illeciti, proprio infiltrando enti locali, comuni, regioni e aziende pubbliche in ogni parte d’Italia. Ma soprattutto al nord e al centro tra Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna.

Un sistema illegale che si auto-alimenta

La ricostruzione della DNA è molto chiara. Complice la crisi economica «la gestione di un’impresa affidataria di commesse pubbliche, come pure il controllo di una società partecipata da un ente territoriale, o la presenza in un consorzio pubblico, hanno importanti ricadute sul tessuto sociale».  Le imprese colluse offrono posti di lavoro, consentono, dunque «di fidelizzare all’organizzazione mafiosa un numero rilevante di persone».

In questo modo, ribadiscono gli esperti della DNA, la criminalità organizzata riesce ad orientare vaste aree della popolazione nell’esercizio del diritto di voto, e dunque a far eleggere amministratori che subiranno il condizionamento mafioso. I quali dovranno restituire i favori ricevuti, «conferendo nuovi appalti, chiudendo il cerchio in un sistema di illegalità che si autoalimenta».

Esempi concreti di quanto fotografato dalla Direzione Nazionale Antimafia, contenuti nello stesso testo, rimandano ad alcune delle inchieste giudiziarie più significative degli ultimi anni. Le indagini hanno visto tutte le mafie – ma specialmente  ‘ndrangheta, seguita da camorra e Sacra Corona Unita – infiltrare comuni, ASL e regioni. Oltre che frodare le prefetture e lo stesso Ministero dell’Interno.

In Calabria, «la ‘ndrangheta ha proiettato all’esterno l’immagine di un’organizzazione in grado di farsi carico dei problemi della gente.  E in particolare, di quelli più sentiti, quali la mancanza di lavoro e della prima casa».

Calabria. Le mani sugli appalti di comuni, scuole, palazzi di giustizia, ospedali e centri per migranti 

A Locri, le più importanti famiglie di ‘ndragheta, dai Pelle-Gambazza agli Ietto, ai Cua, ai Pipicella, sino ai Barbaro, hanno messo le mani pure sulla realizzazione del nuovo palazzo di giustizia. Come sull’ostello della gioventù, sul centro di solidarietà Santa Marta e sulla costruzione delle scuole. In Calabria,  la forte ingerenza delle cosche ha riguardato anche l’assunzione di operai nel «Consorzio di bonifica dell’Alto Jonio Reggino» e l’assegnazione degli alloggi popolari.

Con l’indagine «Jonny» della DDA di Catanzaro conclusasi a gennaio 2018, per la quale è in corso il giudizio abbreviato, il comune di Isola Capo Rizzuto è stato sciolto per infiltrazioni mafiose. Le cosche si erano impadronite della gestione di refezione scolastica.  E pure della pulizia degli uffici comunali. Arrivando, poi, ad acquisire la gestione del centro di accoglienza, il C.A.R.A. di Sant’Anna, il più grande centro di accoglienza per migranti d’Europa.

L’ente gestore Misericordia, grazie alla connivenza del suo presidente, aveva subappaltato ad imprese gestite dalla ‘ndrangheta. Secondo le valutazioni degli inquirenti, su oltre 100 milioni di euro erogati dal Ministero dell’Interno e dalle prefetture, almeno 35 erano finiti nelle casse del clan degli Arena. Gli strumenti? Sovrafatturando prestazioni erogate o facendo figurare come avvenute prestazioni in realtà mai realizzate.

A Lamezia Terme, già sciolta per mafia tre volte, prossima a nuove elezioni, con l’operazione «Quinta Bolgia», nel 2018, si sono portate alla luce le connivenze tra la cosca confederata degli «Iannazzo-Cannizzaro-Daponte» e pubblici amministratori. Oggetto dell’accordo, l’affidamento dei servizi di ambulanze e pompe funebri tra Catanzaro e Lamezia Terme, dal 2010 ad oggi. Indagini che lo scorso 13 settembre sono culminate nello scioglimento dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro, la seconda, in Calabria, dopo quella di Reggio.

Toscana, Campania, Piemonte. La regia di camorra e ‘ndragheta su ASL e imprese

La Calabria però non è sola. Con l’indagine «Ghost tender» della DDA di Firenze, si sono scoperti, a marzo 2018,  appalti infiltrati dalla camorra. Contratti aggiudicati dalla ASL3 di Napoli Sud ad alcuni imprenditori edili, titolari di società con sede in Toscana e Campania. Imprenditori, legati al cartello dei Casalesi fazione Zagaria, si aggiudicavano a turno tutte le commesse, grazie a un dirigente della Asl che riusciva a manipolare le gare di appalto. Con tale sistema, il gruppo criminale è riuscito a procurarsi almeno 50 affidamenti e ad ottenere appalti di lavori per oltre 6 milioni di euro.

Operazione Ghost Tender: «Imprese toscane agevolavano clan dei casalesi»Le infiltrazioni riguardano anche il Piemonte: nella zona di Asti, l’indagine della DDA di Torino con l’Operazione Barbarossa ha rivelato l’esistenza di un locale di ‘ndrangheta, dedito ad estorsioni, traffico di stupefacenti e altri reati. Con atteggiamenti omertosi, anche da una parte della popolazione, imprenditori locali ed affiliati alla ‘ndrangheta. Il locale agiva come una vera e propria agenzia di recupero crediti, fornendo i propri servizi alle imprese. Ovviamente, violenza e intimidazioni erano il loro marchio di fabbrica.

Gli investimenti green della ‘ndragheta su rifiuti ed eolico

Infine la ‘ndrangheta, in combutta con la massoneria deviata, si è buttata a capofitto in alcuni dei settori economici legali, più redditizi, secondo il procuratore De Raho, del traffico di stupefacenti: il ciclo dei rifiuti e delle energie rinnovabili. Con l’Operazione Metauros della Procura di Reggio Calabria, la conferma del pieno controllo, da parte della cosca Piromalli, di tutte le attività di gestione e trasporto, intorno dell’unico inceneritore della Calabria, quello di Gioia Tauro.

Le indagini delle Direzioni Distrettuali Antimafia calabresi hanno, poi, individuato e denunciato nell’operazione Via col vento, le infiltrazioni mafiose nel settore dell’energia eolica. Con la piena convergenza di interessi tra diverse cosche di ‘ndrangheta di Reggio Calabria, Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia, che hanno utilizzato gli stessi imprenditori ed i medesimi faccendieri per accaparrarsi terreni e concessioni.