Cop29, la lista delle defezioni e il Paese che ha scelto di boicottare

Dalla Francia alla Germania, dagli Usa a Von der Leyen, numerosi Paesi non presenteranno alla Cop29 i loro leader. E c'è chi sceglie il boicottaggio

La Cop29 è ospitata dall'Azerbaigian, Stato che punta moltissimo sulle fonti fossili © UNclimatechange/Flickr

La Cop29, la ventinovesima conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, parte con una serie di defezioni eccellenti. Mentre infatti si attende con grandi dubbi cosa farà chi sarà presente per conto degli Stati Uniti (certamente non saranno rappresentati dal presidente Biden), dopo le elezioni che hanno visto vincitore il climatoscettico Donald Trump, l’Europa e il resto del mondo sembrano poco propensi a “spendersi” per l’evento ospitato dall’Azerbaigian a Baku.

Biden, Xi, Putin, Von der Leyen, Scholz, Macron, Schoof e Pezeshkian non andranno a Baku

Si sa infatti che la presidente della Commissione di Bruxelles, Ursula von der Leyen, non si presenterà nella capitale azera. Decisione analoga anche per il cancelliere tedesco Olaf Scholz, che non effettuerò lo spostamento. Era inoltre dal 2019 che il presidente della Francia Emmanuel Macron non rinunciava a una Cop (all’epoca, non si presentò a Madrid, come già fece l’anno precedente a Katowice, in Polonia). Ma soprattutto, mentre in Spagna fu inviato l’allora primo ministro Edouard Philippe, a Baku «nessun dirigente francese parteciperà al segmento di alto livello».

Allo stesso modo, si accavallano voci sul fatto che un’altra nazione “peso massimo” in termini di emissioni di gas ad effetto serra, l’Iran, potrebbe rinunciare a inviare il suo presidente, Masoud Pezeshkian. Come detto, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden non andrà: è il secondo anno consecutivo. Non ci saranno neppure il suo omologo brasiliano Lula, il re d’Inghilterra Carlo, il capo di Stato russo Putin, il primo ministro del Canada Trudeau, il presidente cinese Xi Jinping. Né il sudafricano Ramaphosa e l’australiano Albanese.

Le scelte sono dettate da varie ragioni: non sempre – o non solo – dalla scarsa fiducia in un risultato soddisfacente in termini di lotta ai cambiamenti climatici al termine della Cop29. La Francia, ad esempio, ha raffreddato enormemente i propri rapporti con l’Azerbagian dell’autocrate Ilham Aliyev dopo l’operazione militare del settembre 2023 contro i separatisti armeni del Nagorno-Karabakh, che si è conclusa con la conquista della regione e con la fuga di oltre 120mila civili. La scelta del capo di Stato iraniano, invece, è dettata dalla presenza di una delegazione di alto livello inviata da Israele, Paese con il quale Teheran è come noto ai ferri corti.

Lula ha problemi di salute. Non andrà a Baku neppure il primo ministro dei Paesi Bassi, Dick Schoof, ufficialmente per via degli scontri che hanno coinvolto tifosi del Maccabi Tel Aviv a seguito di una partita giocata in Olanda (difficile comprendere il nesso tra i due temi, ma tant’è). Saranno invece presenti i primi ministri progressisti di Regno Unito e Spagna, Keir Starmer e Pedro Sanchez.

La Papua Nuova Guinea: «Non andiamo alla Cop29, è una perdita di tempo»

Una scelta dettata proprio dalla perdita di fiducia nelle Conferenze mondiali sul clima, e in particolare nella Cop29 di Baku, è arrivata invece da una nazione tra le più esposte e vulnerabili di fronte agli impatti del riscaldamento globale. Parliamo della Papua Nuova Guinea, nazione insulare che ha spiegato apertamente di voleri boicottare l’evento, bollato a chiarissime lettere come «una perdita di tempo. Non serve a niente andare. Tutti i grandi responsabili delle emissioni climalteranti del mondo intero promettono milioni di dollari per aiutare a lottare contro i cambiamenti climatici. Ma già posso dirvi che tutto sarà poi affidato a dei consulenti. Che chiederanno ai Paesi in questione di non esagerare», ha spiegato il ministro degli Esteri Justin Justin Tkatchenko.

Il responsabile della diplomazia della Papua Nuova Guinea ha aggiunto di averne «abbastanza della retorica e del modo di fare che ha portato a non agire in alcun modo negli ultimi tre anni. Perché dobbiamo spendere altri soldi per recarci dall’altra parte del mondo con l’obiettivo di incontrare questi “colleghi”?». Secondo Justin Tkatchenko, tale scelta radicale ha suscitato l’apprezzamento di altre nazioni insulari del Pacifico.