Cop30, l’appello per una riforma urgente dei negoziati Onu sul clima

Oltre duecento organizzazioni per il clima e i diritti umani chiedono un radicale cambiamento del sistema in vista della Cop30 di Belém

Cerimonia dell’annuncio della Cop30 a Belém © Ricardo Stuckert/WikimediaCommons

Si fa accidentata, e per questo interessante, la strada che porta a Belém. Nella città brasiliana dal 10 al 21 novembre si terrà la Cop30, la trentesima Conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc). Si fa accidentata e interessante questa strada. Perché, a pochi mesi dall’apertura della Cop30, oltre duecento organizzazioni che si occupano di ambiente e diritti umani hanno lanciato un appello congiunto. Climate Action Network (Can), la Global Campaign to Demand Climate Justice (Dcj), la Children and Youth Constituency (Youngo), la Women and Gender Constituency (Wgc) e altre, tra cui Amnesty International, scrivono infatti senza mezzi termini che la Conferenza sul clima delle Nazioni Unite «è arrivata oramai un punto di rottura critico». O lo si riforma, oppure non ha più senso andare avanti.

L’appello congiunto per una riforma urgente in vista della Cop30

«La Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc) ha raggiunto un punto di rottura critico. I negoziati sul clima hanno sistematicamente fallito nel garantire giustizia climatica e hanno minato il diritto internazionale. Emarginando gli Stati vulnerabili, le popolazioni indigene e la società civile, e consentendo ai Paesi più ricchi e ai maggiori inquinatori storici di eludere gli obblighi legali e le responsabilità», scrivono i promotori dell’appello. «La massiccia espansione delle Cop non si è tradotta in decisioni migliori e più inclusive. Al contrario: ha ulteriormente aperto le porte all’industria dei combustibili fossili e ad altri grandi emettitori, consentendo loro di continuare a inquinare impunemente e proponendo costose illusioni per ripulire la propria immagine».

Ma non è finita qui. Perché oltre alle problematiche ambientali ci sono anche quelle che riguardano i diritti umani. «A gettare benzina sul fuoco, i colloqui sul clima si sono svolti in Paesi con una situazione problematica in materia di diritti umani e significativi interessi nel settore dei combustibili fossili», prosegue infatti l’appello. «La governance globale del clima è sempre più percepita come fuori dal mondo, guidata da interessi acquisiti e con una scarsa rilevanza e fiducia».

«Quello dei cambiamenti climatici è un problema globale che travalica i confini degli Stat

Per questo, le oltre duecento organizzazioni chiedono un cambiamento radicale delle Cop articolato in cinque punti principali. Dalla rivisitazione dei poteri decisionali alla riforma della partecipazione delle aziende private, dalla trasparenza dei negoziati al rispetto dei diritti umani. Fino all’allargamento dei principi della Cop alle altre conferenze sul clima.

«Abbiamo aderito con convinzione a questo appello, perché crediamo nel multilateralismo. Quello dei cambiamenti climatici è un problema globale che travalica i confini degli Stati. Ma l’attuale sistema internazionale si basa proprio sugli Stati ed è in questa cornice che dobbiamo trovare soluzioni per lavorare meglio insieme», spiega a Valori Jacopo Bencini, presidente di Italian Climate Network. «Per questo chiediamo che dopo 30 anni di discussioni al rallentatore si possano definire nuove modalità decisionali, senza pregiudicare la massima partecipazione di tutti i Paesi»

Perché già alla Cop30 bisogna riformare i processi decisionali e la partecipazione delle aziende private

Il primo punto all’ordine del giorno in vista della Cop30 è infatti proprio quello di ripristinare gli equilibri di potere con una riforma dei processi decisionali all’interno della conferenza. Anche perché, così come stanno le cose, si permette «ai grandi inquinatori, in particolare alle nazioni ricche con responsabilità storiche, di tenere in ostaggio il mondo». Quindi si chiedono negoziati aperti, inclusivi e trasparenti. Si pretendono garanzie vincolanti negli accordi presi. E il voto finale a maggioranza che impedisca a pochi potenti di mettere in stallo e bloccare i vari processi decisionali. Oltre a una cosa molto pratica: visti digitali rapidi e semplificati «per garantire un’equa partecipazione ed evitare discriminazioni».

Il secondo chiede di proteggere i negoziati sul clima alla Cop30 da «interferenze» e «indebite influenze». Ovvero porre fine alle pressioni e al lavoro di lobbying delle aziende fossili e di chiunque abbia interessi economici in aziende inquinanti. Porre fine anche all’indebita influenza dei rappresentanti nelle sedi ufficiali e alle partnership commerciali. Anche per ridurre la tendenza al gigantismo delle conferenze sul clima, evidente spia di questi problemi. E questo si può raggiungere solo garantendo piena trasparenza sui finanziamenti e sui potenziali conflitti di interesse dei partecipanti alla Cop30.

Trasparenza, diritti umani e nuove sinergie verso la Cop30

Altro punto necessario alla riforma delle Cop è quello di rendere i negoziati aperti e trasparenti. Un traguardo possibile da raggiungere solo se si è in grado di «garantire l’accesso ai documenti e alle sale di negoziazione per gli osservatori e porre fine alla pratica dei negoziati a porte chiuse». Quindi la questione dei diritti umani, «compresi i diritti alla libertà di parola, di riunione e di protesta pacifica». E di partecipazione significativa. Questo si può fare garantendo un meccanismo imparziale «per affrontare minacce, molestie e altre violazioni dei diritti umani subite da osservatori e delegati». E garantendo l’accessibilità per tutti, comprese le persone con disabilità.

Infine, in vista della Cop30, le oltre duecento organizzazioni chiedono di «rafforzare le sinergie con le Convenzioni di Rio e costruire un regime climatico incentrato sugli obblighi internazionali, garantendo l’allineamento con le sentenze delle corti internazionali». E di intensificare l’azione per il clima rafforzando i legami con tutta una serie di conferenze e trattati complementari. Come il Trattato sulla plastica e il Trattato di non proliferazione dei combustibili fossili. Il tutto «per garantire che la cooperazione internazionale in tutti i forum sia coerente e completa. E porti a un’eliminazione graduale, urgente, completa ed equa dei combustibili fossili come parte di una transizione giusta».

«Siamo consapevoli che le richieste contenute in questo appello sono ambiziose e, visto il contesto internazionale, forse irrealistiche», continua Bencini di Italian Climate Network. «Ma proprio quando si è vicini al punto più basso è necessario popolare il campo con grandi idee. Quelle contenute in questo appello potrebbero portare nuova credibilità a un processo altrimenti reso fragile dai cambiamenti in atto nel mondo. Fuori dalle sale negoziali».

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