Il ministro Costa: «6,5 mld contro il dissesto». Ma erano soldi di Gentiloni
Dopo le ultime alluvioni, il ministro dell'Ambiente ha annunciato un "Piano Marshall antidissesto". Ma i fondi sono gli stessi stanziati prima delle elezioni
Un Piano Marshall contro il dissesto idrogeologico. «Sei miliardi e mezzo. Soldi veri per intervenire subito, per evitare di arrivare alle emergenze». Li ha annunciati pochi giorni fa il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, sottolineando la nascita di un tavolo tecnico tra ministero e regioni «per migliorare il sistema di erogazione dei fondi e velocizzare le procedure e le progettazioni». Ma in realtà, quei soldi già esistevano. Nel 2017. All’interno del Piano Nazionale contro il dissesto, varato dal governo Gentiloni.
Le cifre stanziate sono le stesse: lo conferma a Valori Mauro Grassi, già direttore di Italia Sicura, la struttura di missione della presidenza del Consiglio contro il dissesto idrogeologico e sulle infrastrutture idriche, che è stata smantellata con l’avvento del governo giallo-verde. «Sono le risorse già acquisite, da noi individuate e già impegnate dalle regioni a fronte di progetti esecutivi e definitivi». Gli stessi annunciati dal ministro Costa, quindi. A suffragio della sua affermazione, l’economista Grassi entra nel dettaglio mostrandoci una tabella, estratta dal Piano Nazionale contro il dissesto 2017.
«In base alla nostra istruttoria con tutte le regioni italiane, le progettazioni esistenti e al livello di fattibilità e preliminare, il fabbisogno totale occorrente è di 31 miliardi e 700 milioni» conferma l’economista. «Le regioni chiedevano allo Stato 27 miliardi e 700 milioni. Di questa cifra ben il 71% erano progetti di fattibilità o preliminari. Solo il 25% in fase più avanzata».
I numeri nel dettaglio
E scendendo nel dettaglio si possono comprendere le diverse scelte effettuate dai due esecutivi, anche in merito al prestito della Banca Europea per gli Investimenti (BEI). «Le risorse già acquisite, già impegnate dalle regioni ammontano precisamente a 8 miliardi e 190 milioni, di cui un miliardo e 856 milioni per la forestazione in gestione del Mipaaf (Ministero Politiche agricole e forestali, ndr)». Da qui la cifra di circa 6 miliardi e mezzo annunciata dal ministro Costa.
La vicenda del prestito BEI
«Alla fine della nostra attività, poco prima che si tenessero le elezioni politiche, stavamo trattando uno stralcio di piano per un miliardo e 120 milioni: era quello per le regioni del centro-nord, il prestito BEI, perché una buona parte dei finanziamenti – i fondi di coesione – sono vincolati per le regioni meridionali. Secondo l’attuale ministro, 900 milioni in tre anni sono sufficienti. Per noi non lo erano: volevamo immettere in cantiere almeno 1,5 miliardi l’anno», sottolinea Grassi.
«Al centro-nord, dopo gli investimenti su alcune città come Genova, Venezia, Milano e Firenze, tutto il resto è rimasto senza finanziamenti» ribadisce l’ex direttore di Italia Sicura. «Per noi anticipare il prestito BEI significava poter fare lavorare immediatamente sulle alluvioni e le infrastrutture interrotte, prima del 2021».
Programmazione, questa sconosciuta
Quello che manca, ora, è la programmazione di risorse e investimenti nel medio e lungo periodo, anche a fronte del fatto che ad oggi, dopo l’ondata di maltempo sono 11 le Regioni che hanno chiesto lo stato di emergenza (Veneto, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Sicilia, Lazio, Sardegna, Calabria, Toscana, Emilia-Romagna, Lombardia e Trentino Alto Adige).
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Il governo, nel Consiglio dei ministri dell’8 novembre, ha stanziato sulla più stretta emergenza, 53,5 milioni di euro, a valere sul Fondo per le emergenze nazionali, per gli interventi di ripristino della viabilità e il completamento delle operazioni di soccorso e pronto intervento. Ad essi, si aggiungeranno altri 200 milioni di euro, che saranno stanziati in via amministrativa per un ulteriore primo intervento di emergenza, in attesa della definitiva quantificazione dei danni. «Sono fondi per l’emergenza, che vanno alla Protezione Civile» ha ribadito il ministro Costa nel suo intervento. E che quindi non dovrebbero intaccare i fondi per la prevenzione del dissesto idrogeologico.
Ciafani: «Risorse annunciate da Conte insufficienti»
«Ma non intervenire nell’Italia delle frane e delle alluvioni ci è costato mediamente 3,5 miliardi l’anno» ha sottolineato Stefano Ciafani, presidente di Legambiente. «I fondi annunciati dal premier Conte per le aree colpite dal maltempo sono purtroppo insufficienti rispetto al fabbisogno, che stimiamo intorno ai tre miliardi. Senza dimenticare che è fondamentale opporsi ad ogni nuovo condono edilizio».
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Anche per questo, ribadisce Ciafani, «occorre che governo e Parlamento mettano in campo subito un programma di azione pluriennale che destini le giuste risorse alla prevenzione, a partire dai 30 miliardi richiesti dalle Regioni per eseguire i 9mila interventi censiti oggi sul territorio, anche alla luce della chiusura della struttura di missione Italia Sicura». Il cui sito con le mappe, l’avanzamento lavori e di spesa, verificabile e accessibile ai cittadini, però, non è più operativo. Un pezzo di trasparenza che, nonostante gli annunci legastellati, se ne va.