“Stop alla disinformazione climatica”: presentata la petizione alla Camera
Oltre 18mila firme per la petizione che chiede misure concrete per contrastare la disinformazione climatica
Con la Cop30 in arrivo, cresce il rischio di disinformazione climatica. Perché è il periodo dell’anno in cui anche i media mainstream dedicano più attenzione alla crisi climatica. Ma non sempre nel modo dovuto, anzi.
“Stop alla disinformazione climatica” è il titolo di una petizione che prende di petto il problema chiedendo tre misure: linee guida nazionali per l’informazione sul clima, un Osservatorio nazionale sulla disinformazione climatica, spazio settimanale dedicato nei telegiornali Rai. Martedì 28 ottobre è stata presentata in conferenza stampa alla Camera dei deputati. Giacomo Pellini, attivista e autore (“Contro i mercanti del clima” è il libro che ha pubblicato a inizio anno per Editorialenovanta), è il promotore dell’iniziativa insieme all’attivista Maria Santarossa. Lo abbiamo intervistato.
Road to Belém: aiutaci a raccontare la Cop30
Nel 2025 la conferenza sul clima si terrà alle porte dell'Amazzonia. Vogliamo esserci per raccontarla con uno sguardo critico e indipendente. Ma abbiamo bisogno del tuo aiuto.
Com’è nata l’idea della petizione?
La petizione è stata lanciata a inizio luglio per due motivi principali. Il primo è che l’estate scorsa abbiamo vissuto, di nuovo, un periodo di caldo estremo. Ormai di ogni estate si dice che sarà la più fresca dei prossimi cinquant’anni, perché ogni anno si battono nuovi record: quest’anno abbiamo raggiunto il picco di calore marino nel Mediterraneo, ma se n’è parlato poco.
Nonostante ciò, sui media c’è ancora chi parla di cicli naturali, chi dice che ha sempre fatto caldo, chi addirittura afferma che non è certo che i cambiamenti climatici siano di origine antropica. La negazione forse peggiore è quella di chi afferma che il problema esiste, ma non possiamo farci nulla.
La stessa espressione “cambiamenti climatici”, poi, seppur corretta è diventato troppo soft. Diverso è parlare di “crisi”, “emergenza”, “collasso climatico”, perché è un frame linguistico che ci permette di giocare in attacco, costringendo i nostri avversari a utilizzarlo. Sono tutte forme di negazionismo travestite da opinione. E con una costante di fondo.
Qual è la costante?
L’attacco e la delegittimazione del pensiero scientifico. Per una presunta esigenza di equilibrio o democraticità del dibattito, posizioni fondate su considerazioni scientifiche vengono poste sullo stesso piano di posizioni, per intendersi, “da ciarlatani”. La strategia è quella descritta nel celebre libro “Mercanti di dubbi”, che racconta come l’industria del tabacco insinuava il dubbio che non vi fosse condivisione scientifica sulla nocività del tabacco.
Il dubbio, una volta instillato, è difficile da estirpare: ci vogliono risorse, tempo, energia. È come una sostanza nociva che entra in circolo. Specie per chi non è addetto ai lavori diventa difficile distinguere tra verità e menzogna. Mentre il 99% della comunità scientifica sostiene due cose: i cambiamenti climatici sono reali; e la colpa è dell’uomo, che continua a bruciare gas, petrolio e carbone. Media compiacenti e interessi economici vedono in ambientalisti, transizione ecologica, pannelli solari e pale eoliche gli avversari da combattere. Anche noi dobbiamo avere ben chiaro chi è il nostro avversario, non sto nemmeno a ripeterlo.
Il secondo motivo che vi ha spinto a lanciare la petizione?
È che quello che è successo negli ultimi anni, dal Covid alle crisi geopolitiche, ci ha fatto perdere di vista i cambiamenti climatici. Che invece sono la madre di tutte le crisi: non c’è un tavolo di negoziazione a cui sedersi per risolverla, perché con le leggi della termodinamica non si tratta. Bisogna semplicemente invertire la rotta: l’umanità ha causato la crisi climatica e l’umanità deve fronteggiarla, almeno per attenuarla. Invece stiamo rischiando di arrivare a un punto in cui non sarà più governabile.
Come sta andando la petizione contro la disinformazione climatica?
Ci sembrava già un successo quando le firme erano 3-400. Oggi sono oltre 18.600. Ci piacerebbe arrivare a 100mila firne.
Come siete riusciti a presentare l’iniziativa in Parlamento?
Grazie al sostegno dell’onorevole Ilaria Fontana, vice-presidente del Movimento 5 Stelle alla Camera dei deputati e membro della Commissione ambiente. È fondamentale, ovviamente, che le istanze della società civile entrino nelle istituzioni, specie in Parlamento che è il luogo principe della sovranità popolare. L’auspicio è che la petizione trovi ora riscontro anche a livello parlamentare quanto meno nei principi. A sostenere in particolare i principi della petizione è Greenpeace Italia che è stata fra i relatori della conferenza stampa insieme a Ultima Generazione, all’Associazione per la decrescita, alla studiosa di cambiamenti climatici Paola Mercogliano, oltre ai promotori e all’onorevole Fontana. Insieme all’Osservatorio di Pavia, Greenpeace Italia pubblica una ricerca annuale sulla disinformazione climatica e ha lanciato l’iniziativa “Stampa libera per il cima” (a cui Valori aderisce, ndr).
Quali saranno gli step successivi?
Sicuramente continuare ad allargare la platea delle persone che possono sottoscrivere la petizione. Ma soprattutto contribuire a riportare il clima in alto nell’agenda politica. Poi i giovani: come si sono dati da fare in tantissimi in queste settimane per esprimere solidarietà al popolo palestinese, auspico che si mobilitino sul clima. Del resto l’hanno già fatto soprattutto nel 2019, in uno slancio che è stato un po’ smorzato dal Covid. Ecco, spero che torni lo spirito delle marce per il clima del 2019, magari in occasione del prossimo Global Climate strike del 14 novembre. Sarebbe bello fosse partecipato quanto lo sono state le marce per la pace in Palestina.
Ha un messaggio nella bottiglia da lanciare, ai giovani ma non solo?
Informatevi, studiate, tornate a fare politica nelle piazze. Perché insieme vinciamo.




Nessun commento finora.