Pandemia, povertà, disuguaglianze. La microfinanza alla prova della crisi
La pandemia ha avuto un impatto anche sul mondo della microfinanza, che si è però dimostrata resiliente e capace di sostenere la ripresa
Qual è stato l’impatto, a livello socio-economico, provocato dalla pandemia sulle fasce svantaggiate della popolazione italiana? E qual è lo “stato di salute” della microfinanza, utile strumento per l’inclusione finanziaria degli esclusi, ovvero per combattere in sostanza la povertà? Per rispondere è bene ricordare innanzitutto quale sia la situazione attuale del nostro Paese. Sia dal punto di vista socio-economico che della microfinanza. Ne discende un quadro fatto di successi ma anche di difficoltà. Alle quali i governi dovrebbero rispondere, anche per consentire al comparto di fornire il proprio supporto alla ripresa economica.
Il contesto socio-economico: povertà mai così alta in Italia dal 2005
Il rapporto annuale 2021 della Banca Mondiale evidenzia come la pandemia abbia continuato a colpire i Paesi di tutto il mondo, causando una crisi senza precedenti. I poveri, le donne, gli anziani, i lavoratori informali e altri gruppi vulnerabili sono stati colpiti in modo sproporzionato. Decenni di progressi nella riduzione della povertà sono stati inoltre duramente intaccati. Con circa 100 milioni di persone in più spinte in povertà estrema nel 2020.
Anche in Italia la povertà è tornata a crescere. L’Istat rileva come, nel 2020, poco più di due milioni di famiglie (il 7,7% dei nuclei, contro il 6,4% nel 2019) abbiano vissuto in condizione di povertà assoluta. Parliamo di oltre 5,6 milioni di individui (9,4% della popolazione, rispetto al 7,7% precedente). Dopo un miglioramento nel 2019, dunque, nel 2020 la povertà assoluta è aumentata. Raggiungendo il livello più elevato dal 2005.
La povertà finanziaria, le disuguaglianze e il lavoro
A metà 2019 il top 10% (in termini patrimoniali) della popolazione italiana possedeva oltre sei volte la ricchezza della metà più povera. L’emergenza sanitaria scatenata dalla pandemia impatta inoltre su una situazione di resilienza finanziaria delle famiglie italiane del tutto disomogenea. Poco più del 40% degli italiani sono stimati in condizioni di povertà finanziaria. Cioè senza risparmi sufficienti per vivere sopra la soglia di povertà relativa per oltre tre mesi in assenza di reddito o altre entrate. La pandemia va così ad acuire disuguaglianze economiche già ben radicate nel nostro Paese, e aumentate negli ultimi venti anni.
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Nel 2021, poi, si stima nel mondo una perdita di ore di lavoro pari a 125 milioni di posti di lavoro a tempo pieno, rispetto al 2019. Per attenuare inoltre la “grande divergenza” nella ripresa dell’occupazione tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo, occorrerebbe predisporre un sostegno finanziario e tecnico concreto. Le criticità e le disparità nella distribuzione dei vaccini e nell’introduzione di pacchetti di stimolo fiscale hanno contribuito in larga parte ad acuire tale fenomeno.
Durante la pandemia, gli imprenditori si sono confrontati con pesanti sfide. Ancora più ardue per i gruppi imprenditoriali sotto-rappresentati e svantaggiati. Come donne, immigrati, giovani e anziani, così come quelli che iniziano un’attività da una situazione di disoccupazione. Molti di tali imprenditori operavano in settori pesantemente colpiti: alcuni hanno lottato per beneficiare delle misure di sostegno del governo. Moltissimi altri hanno chiuso la propria attività durante la pandemia. In Italia, pur in presenza di un quadro di condizioni per facilitare l’imprenditorialità, l’accesso ai finanziamenti rimane critico e relativamente poche persone creano nuove imprese.
Il settore della microfinanza prima della pandemia
Negli anni precedenti alla pandemia, il settore della microfinanza è stato in costante crescita. In tutto il mondo, più di 130 milioni di persone vi hanno fatto ricorso, per motivi di lavoro e personali. Nel 2019 le imprese del settore hanno segnalato un portafoglio lordo di microprestiti in essere di oltre 3,7 miliardi euro (+14% rispetto al 2018. Con 1,2 milioni di mutuatari attivi totali (+14%).
I servizi finanziari offerti mirano a soddisfare varie esigenze legate all’imprenditorialità e alla vita familiare. Si conferma la maggiore crescita del segmento dei prestiti personali (+23%) rispetto a quello del prestito alle imprese (+12%). Ma se si confronta l’offerta di microfinanza nel 2019 a ciò che si stima sia necessario in termini di finanziamento annuale (12,9 miliardi di euro), possiamo concludere che il settore ha ancora notevoli margini di crescita.
11mila lavoratori nella microfinanza
Un quarto degli istituti di microfinanza (+46% tra il 2018 e il 2019) fornisce prestiti superiori a 25mila euro. Il settore rimane costituito prevalentemente da soggetti non bancari (il 91%) operanti sul mercato con diverse tipologie giuridiche. I fornitori di microfinanza impiegano direttamente circa 11mila persone (di cui il 22% sono volontari). Il 65% del personale retribuito è costituito da donne.
La maggioranza delle imprese fornisce servizi non finanziari. Nel 2019, il numero totale di mutuatari attivi è stato di 1,26 milioni (+14% rispetto al 2018). Con un portafoglio di microcrediti lordi in essere di 3,7 miliardi di euro. Una grande percentuale del portafoglio è nelle mani di pochi fornitori. I prestiti alle imprese costituiscono il 55% del totale portafoglio; quelli personali il 45% (con una crescita più elevata rispetto al segmento imprese. E con un utilizzo rivolto per lo più ad esigenze familiari, di cui solo il 13% per lo sviluppo professionale).
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Anche le caratteristiche dei prestiti sono rimaste relativamente stabili rispetto agli altri anni. L’inclusione finanziaria si conferma l’obiettivo numero uno delle operazioni delle imprese del settore. I finanziamenti a lungo termine rimangono la principale fonte di finanziamento del portafoglio.
Gli impatti della pandemia: le problematiche per la microfinanza
Le imprese che si occupano di microfinanza, a seguito dello scoppio della pandemia, hanno identificato le principali problematiche. Legate principalmente ai clienti: volatilità del reddito, scarse capacità digitali e finanziarie. Le sfide esterne, meno acute, riguardavano le preoccupazioni per l’accesso ai finanziamenti e l’interferenza politica.
Una domanda di prestiti limitata
Quando sono stati imposti i lockdown, la domanda di prestiti è diminuita in modo significativo. Ciò in quanto le attività chiudevano e c’era grande incertezza sugli ulteriori sviluppi della situazione. Tuttavia, dopo aver allentato le restrizioni, molte attività hanno riaperto e chiedono un aumento del credito.
La qualità del portafoglio in leggero calo
Con poche eccezioni, la qualità del portafoglio crediti è leggermente peggiorata per la maggior parte delle imprese di microfinanza. Il rapporto PAR30 (prestiti scaduti da almeno 30 giorni) è aumentato di 0,7-2 punti percentuali. Ma in alcuni casi si è arrivati a 13 punti percentuali. La stabilità del PAR30 è stata possibile grazie alla moratoria di 3-6 mesi concessa ai clienti penalizzati a causa della pandemia.
Tuttavia, molti mutuatari non sono entrati nella rinegoziazione del prestito o nella moratoria sui rimborsi. Sia perché il loro settore non è stato troppo colpito, sia perché le misure di sostegno statale hanno contribuito a compensare gli effetti negativi. Per mantenere una buona qualità del portafoglio, le imprese di microfinanza hanno quindi rinegoziato i prestiti dei clienti in pericolo di mancato rimborso. Hanno inoltre aumentato gli accantonamenti per perdite su crediti.
A livello comunitario, il Fondo europeo per gli investimenti e la Commissione europea hanno lanciato misure specifiche di sostegno. Si prevede che ne beneficeranno oltre 100 fornitori di microfinanza. Inoltre, la Banca europea per gli investimenti ha lanciato un Pan-European Guarantee Fund (EGF) per sostenere la liquidità delle piccole e medie imprese.
Liquidità: una gestione di successo per il settore
Sebbene il mantenimento della liquidità rappresentante una sfida per quasi tutte le imprese, la maggior parte di esse ha gestito con successo il periodo di crisi. Nel complesso, però, la crisi ha evidenziato la mancanza un prestatore di ultima istanza al quale la microfinanza possa rivolgersi.
Per quanto riguarda invece la comunicazione con i clienti, il lockdown e le regole sanitarie hanno reso impossibile accettare rimborsi in contanti presso gli uffici delle imprese di microcredito. Così come condurre visite di monitoraggio faccia a faccia o valutazioni aziendali in loco di chi richiede i prestiti. Tali circostanze hanno compromesso la qualità del portafoglio e limitato le opportunità di acquisire nuovi clienti. Col tempo, le aziende hanno iniziato perciò a introdurre nuovi canali, basandosi principalmente sui telefoni cellulari.
Il lockdown ha inoltre costretto tutte le imprese ad adottare il telelavoro per la maggior parte dei dipendenti. In molti casi la digitalizzazione ha dunque rappresentato una necessità e un’opportunità per la futura crescita. Per questo si sono esplorate nuove funzionalità, come i rimborsi online e i contratti digitali.
Nuove tipologie di prodotti in offerta
Ma la microfinanza ha anche adeguato i propri prodotti alla nuova domanda per prestiti di breve termine per il capitale circolante. Compensando in alcuni casi la mancanza di domanda di prodotti di investimento. Alcune realtà, in particolare, sono state selezionate per aiutare a distribuire 230 milioni di euro per il sostegno alle piccole e medie imprese.
Un rapporto relativo a tutto l’anno 2020 – curato da Inpulse, Fondation GCA – Grameen Crédit Agricole e ADA – ha rilevato la buona resilienza della microfinanza. Nonché l’adattabilità delle imprese del settore, che hanno saputo attenuare gli effetti della crisi sui loro clienti e hanno continuato a finanziare le economie. Viene rilevato che molte piccole società del comparto si sono rivelate più vulnerabili. Mentre quelle più grandi, con forti stakeholder e riserve di liquidità, sono riuscite a resistere meglio agli effetti negativi della pandemia. È ancor più evidente in questo senso la necessità di un prestatore di ultima istanza per aiutare chi incontra imprevedibili carenze di liquidità.
L’80% delle imprese di microfinanza è riuscita a superare con successo la crisi
A fine 2020, tuttavia, nonostante le difficoltà l’80% delle imprese di microfinanza europee dichiarava di aver ripreso la propria attività come prima della crisi. O che la stava riprendendo gradualmente. Dimostrando una concreta capacità di adattamento e adottando rapidamente misure appropriate, pur mantenendo un approccio responsabile nei confronti dei propri clienti.
Per i prestiti si è potuto far ricorso a forme di garanzie dello Stato o contributi pubblici. Per ripristinare la propria stabilità finanziaria, la maggior parte delle imprese ha dato priorità al recupero crediti. Adottando un rallentamento, o stop volontario, delle erogazioni all’inizio della crisi e una graduale ripresa nel corso dell’anno.
Ciò detto, il comparto ha subito comunque importanti ripercussioni finanziarie. A partire da un aumento del portafoglio a rischio, a causa di minori rimborsi. E da una riduzione nei prestiti in essere a causa delle minori erogazioni. Di tanto in tanto sono sorti anche altri problemi di temporanea mancanza di liquidità. Un impatto dovuto al deprezzamento di valute locali o il rallentamento degli esborsi dai donatori. In ogni caso, la crisi di liquidità prevista all’inizio del 2020 di fatto non si è concretizzata.
Per quanto riguarda poi i clienti, alla fine del 2020, la maggioranza delle istituzioni riferisce che oltre il 70% dei loro clienti sta ripagando i propri prestiti. La capacità dei clienti di rimborsare i propri prestiti è chiaramente legata al loro recupero.
La microfinanza è resiliente: minacce e opportunità
In tale quadro, una questione appare urgente: proteggere la solvibilità. Alla fine del 2020, il 48% delle istituzioni del campione dichiara l’aumento degli accantonamenti sui rischi di insolvenza sui prestiti in arretrato. Le difficoltà dei clienti persistono nel 2021 e si riflettono nei bilanci delle imprese. Con conseguenze dirette sulla la loro redditività (influenzata da perdite, portafoglio in declino e interessi non riscossi dai clienti).
Il Covid-19 ha però incoraggiato molte realtà ad aprirsi a nuovi prodotti e servizi, e anche verso nuovi mercati. Nel complesso, l’agricoltura è stata meno colpita dalla crisi e quindi percepita come settore meno rischioso di altri. I servizi di risparmio sono un modo efficace per contribuire alla resilienza agli shock (sono stati citati dalle imprese di microfinanza nell’Africa sub-sahariana, ma meno considerati in altre regioni a causa delle normative).
Più in generale, il comparto “tiene”. Ma il recupero è irregolare e potenziali vulnerabilità permangono in alcune regioni. Permane però solo una tenue tendenza alla crescita dei mutuatari, che sottolinea il rischio di esclusione dei clienti più poveri.
Cosa serve ora alla microfinanza
In conclusione, nell’Unione europea il settore della microfinanza ha registrato una crescita significativa nell’ultimo decennio. E i risultati conseguiti confermano l’impatto positivo della sua azione in termini di inclusione finanziaria dei poveri, sostegno alle loro ambizioni imprenditoriali e creazione di occupazione.
Nella grave crisi attuale generata dalla pandemia, i governi dovrebbero però iniettare più liquidità nel mercato della microfinanza. Soprattutto in Europa, per affrontare l’attuale crisi di liquidità. Inoltre, gli esecutivi possono offrire un maggiore supporto tecnico alle imprese del settore per aumentare la qualità del supporto “soft”. Quello cioè che accompagna i prestiti e migliora l’allineamento di prodotti e servizi con le esigenze di gruppi di imprenditori sottorappresentati e svantaggiati.
Tuttavia, le realtà del settore non dovrebbero cercare di essere completamente digitali. Poiché il loro modello di business si basa su un’intensa interazione con i clienti. Infine, anche la microfinanza può svolgere un ruolo nel sostenere la transizione verde. Incluso il sostegno agli imprenditori al fine di diventare più ecologici.