Le donne vogliono un cambiamento sostenibile. Più degli uomini
Economia e finanza, sostantivi femminili. Eppure c'è ancora troppo poco di femminile nel mondo dell'economia e della finanza. Ogni lunedì un nostro commento
Secondo recenti dati diffusi dalla Commissione europea, la retribuzione oraria delle donne nei Paesi membri è, ancora oggi, mediamente inferiore a quella degli uomini (del 16%). Solo il 67% delle cittadine ha un’occupazione, contro il 78% della controparte maschile, e le pensioni “rosa” risultano più basse del 30,1%. Un contesto che, lo scorso anno, ha reso necessaria la definizione di una strategia comunitaria per la parità di genere 2020-2025, che stabilisce obiettivi politici e azioni per compiere progressi concreti e conseguire, al contempo, gli Obiettivi di sviluppo sostenibile nelle Nazioni Unite.
Francesco Bicciato, segretario generale del Forum per la finanza sostenibile, in occasione del webinar “Finanza sostenibile e goal 5: affinità elettive”, ha spiegato il nesso logico della scelta di una strategia congiunta: «Abbiamo ampiamente dimostrato come le tematiche sostenibili siano molto più vicine al modo di agire del mondo femminile. E anche la conoscenza dei criteri ESG (ambientali, sociali e di governance) risulta più forte tra le donne che tra gli uomini. Non si tratta di una gara, ma di un modo per continuare a sottolineare il fatto che, senza uno sforzo deciso per colmare il gender gap e il financial education gap, non può esserci sostenibilità».
Anche perché il 77% delle donne che lavorano, risparmiano e investono considera prioritarie proprio le tematiche ambientali, sociali e di governance (un dato di otto punti percentuali superiore rispetto a quello degli uomini). Credono inoltre fermamente nell’opportunità di aumentare il profitto dei propri investimenti con i criteri ESG. Insomma, le donne e la loro voglia di rivalsa in un mondo ancora troppo intriso di ingiustizia sociale risulterebbero oggi i migliori “azionisti del cambiamento”. Anche sul fronte degli investimenti green.
Bene quindi che si riconosca a livello europeo che lo sviluppo economico, nel suo complesso, dipende da una piena inclusione sociale, lavorativa e finanziaria delle donne. Ora occorre lavorare affinché queste possano essere le risparmiatrici e le investitrici di domani. Anche attraverso un nuovo bilanciamento delle componenti del concetto di ESG.
Fino ad oggi, infatti, la “E” di ambientale (environmental) ha prevalso. Ed è mancato un significativo intervento sulla “S” di social (si stima un gap tra i 2mila e i 4mila miliardi di dollari di investimenti necessari su questo fronte). Infine, la “G” di governance, forse il fattore maggiormente trainante a livello strategico, potrebbe dettare nuove linee guida. A partire dalla presenza delle donne nei board o dalla parità retributiva. Il progredire dei tre elementi, tutti assieme, potrà essere i motore del cambiamento, e il carburante potrebbe essere il valore aggiunto della parità di genere.