Donne, al Sud il rischio povertà cresce di 2,5 volte
L'organizzazione umanitaria WeWorld denuncia: tra Trentino e Calabria un abisso educativo ed economico. I bambini meridionali crescono con un decimo delle risorse per la cultura
Al Sud le donne sono ben 2,5 volte più a rischio povertà mentre i bambini e le bambine crescono con un decimo delle risorse per educazione e cultura. L’allarme arriva dal rapporto Mai più invisibili. Indice 2020 sulla condizione di donne, bambini e bambine in Italia elaborato da WeWorld, organizzazione umanitaria internazionale che lavora in una trentina di Stati attraverso oltre 150 progetti.
Il pugno nello stomaco dovrebbe essere già bello forte. Ma non è il solo che emerge dal rapporto. Monitorando l’inclusione di donne e popolazione under 18 attraverso 38 indicatori (di tipo economico, educativo, sanitario, culturale, politico e civile), e considerando l’intreccio tra le condizioni di vita degli uni e delle altre, si evidenzia come, rispetto alla condizione di donne, bambini e bambine, l’Italia risulti spaccata tra Nord e Centro Ovest da una parte e Centro-Est e Sud dall’altra, più che segnata dalla dicotomia tradizionale tra meridione e settentrione.
Bambini: povertà e ricchezza, leve di educazione
La correlazione stretta tra elementi economici e i motivi di maggiore o minore inclusione è il cuore dell’analisi di WeWorld. A confermarlo è la sintesi espressa dal suo presidente, Marco Chiesara, secondo cui «povertà economica (ma non solo) delle donne e povertà educativa
dei bambini sono intrecciate e si alimentano a vicenda, in un circolo vizioso che può essere spezzato solo con politiche e interventi ad hoc, che tengano conto anche delle specificità territoriali». Ma sono i numeri e i valori degli indicatori a definire in modo implacabile e concreto queste parole.
Al Sud, capitale economico insufficiente
I dati mostrano infatti che i bambini residenti in Calabria e, più in generale, nelle regioni meridionali, godono di un capitale economico insufficiente: «la Calabria ha un Pil pro capite meno della metà di quello del Trentino-Alto Adige, un tasso di disoccupazione e un indice di povertà regionale sette volte maggiore». Ciò si traduce anche nel fatto che la spesa dei comuni per la cultura è pari al 49,6% in Trentino-Alto Adige, ma scende vertiginosamente, al 4,9%, in Calabria.
Un contrasto che fa il paio con quello per cui i giovani che abbandonano prematuramente gli studi sono il 14,5% a livello nazionale, ma «raggiungono il 20% e oltre in alcune Regioni (Sicilia, Sardegna, Campania), contro una media europea del 10,6%. La quota di popolazione con al più l’istruzione secondaria inferiore è del 38,6% in Italia, del 21,9% in EU28, ma raggiunge percentuali di circa il 50% in Sicilia, Sardegna e Puglia». Per non dire di quanti bambini tra 0 e 2 anni frequentano gli asili nido, con un testa-coda imbarazzante tra un 23,5% dell’Emilia-Romagna e l’1,8% della solita cenerentola Calabria.
Donne discriminate dal lavoro e dal denaro
Se quindi, guardando i tassi di educazione e gli investimenti nella cultura, non stupisce che gli studenti delle regioni meridionali abbiano performance più basse, sia dal punto di vista linguistico che matematico, a preoccupare è anche la condizione femminile. E qui, come accennavamo, le disuguaglianze più marcate stanno tra le aree del Nord/Centro Ovest e quelle del Sud/Centro Est del Paese, in primis dal punto di vista socio-economico.
Già il tasso di occupazione femminile in Italia (20-64 anni) è tra i più bassi in Europa, con un 52,5% di media contro quella comunitaria che raggiunge il 66,4%. Ma la profonda differenza si esprime tra quota di donne occupate in Italia settentrionale/centrale rispetto a quanto avviene al Sud. Tanto che, tra il 69,8% del Trentino-Alto Adige e il 31,5% della Sicilia, esistono quasi 40 punti di differenza. Un vero abisso, che si riverbera immediatamente nel fatto che mentre in «Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna circa 2 donne su 10 sono a rischio povertà ed esclusione sociale, in Sicilia lo è 1 donna su 2».
Giovanni donne fuori dal mercato: al Sud sono al 40%
Per quel che riguarda le giovani donne (15-29enni) fuori dal mercato del lavoro (le Neets), la media europea del 15,4% raddoppia nelle nostre regioni meridionali e balza addirittura al 40% in Sicilia e Calabria). Il dato delle regioni settentrionali (16%) si avvicina molto a quello europeo su questo fronte. Ma l’insieme di tutte le componenti evidenziate finora, e il quadro nazionale in confronto agli altri Paesi (WeWorld Index; WEF Index), devono indurre i decisori politici indirizzare maggiori investimenti sui fattori concreti e semplici che condizionano queste disuguaglianze.
Per cambiare urgono investimenti in qualità della vita
Lo testimoniano gli stessi ricercatori WeWorld: «la presenza di alcuni servizi e infrastrutture essenziali per il benessere delle persone (gli asili nido, un sistema idrico funzionante, una casa in condizioni abitative soddisfacenti) e la possibilità di sentirsi sicuri, vivere il territorio e partecipare alla vita pubblica e sociale (senza sentirsi minacciati da macro e microcriminalità, ma anche da forme di violenza domestica) sono presupposti fondamentali per l’inclusione di donne e bambini/e».
Ma soprattutto l’organizzazione cerca di metterlo in pratica agendo sul territorio tramite un programma nazionale contro la violenza sulle donne e diversi presidi situati in ospedale e nelle periferie più “calde” di Napoli (Scampia), Milano (Giambellino) e Roma (San Basilio), «dove sono accolte ogni anno mille donne vulnerabili, spesso con i loro figli». Per una battaglia quotidiana che non riguarda solo WeWorld, e chiede attenzione e finanziamenti sia alla politica che alla cittadinanza attiva.