In tv: parità e dignità. Non solo parole, grazie

Economia e finanza, sostantivi femminili. Eppure c'è ancora troppo poco di femminile nel mondo dell'economia e della finanza. Ogni lunedì un nostro commento

Sono certa che ve lo ricordiate tutti quello che si potrebbe definire il picco massimo mai raggiunto nel 2020 dalla tv spazzatura: l’insensato tutorial  “Donne, ecco come fare la spesa in modo sexy”, passato su Detto Fatto, il programma di Rai 2 condotto da Bianca Guaccero.

Non si capisce se sia stato più shockante il tempismo – il giorno prima della Giornata contro la violenza sulle donne – o il contenuto della lezione su come “risultare seducenti mentre si compra il dentifricio”. Sicuramente (e menomale!) ha fatto accapponare la pelle a molti, e le polemiche sui social sono state una valanga. Sono seguite le scuse della conduttrice, strappalacrime, dove si tira in ballo pure la pandemia e la necessità di portare in tv contenuti allegri visto il periodo difficile che stiamo vivendo (?). Poi è caduto tutto nel dimenticatoio.

Vero però, che nel dimenticatoio non sarebbe dovuto cadere, dal momento che c’è un Contratto di servizio 2018-2022 che impegna la Rai a «una rappresentazione completa e plurale delle donne, alla prevenzione e al contrasto della violenza di genere, al superamento degli stereotipi, alla promozione della parità di genere, al rispetto dell’immagine e della dignità delle donne».

Vero anche che CARES-Osservatorio di Pavia realizza ogni anno il Monitoraggio sulla rappresentazione della figura femminile nella programmazione Rai. E i risultati non è che siano questa meraviglia. Nel rapporto si dice che il grado di attenzione per le questioni di genere è “alto”, anche se in calo rispetto al 2018. Si dice anche che la centralità (dignitosa) femminile rimane marginale rispetto a quella maschile. Si raggiunge un equilibrio di genere per quanto riguarda la conduzione di programmi tv o nei cast delle fiction. Ma si registrano elevati sbilanciamenti quando si parla di visibilità televisiva di esponenti della politica, delle associazioni, delle istituzioni, e della scienza.

Insomma, nell’attesa di segnali più incisivi di innovazione e di un nuovo immaginario tv più equo e dignitoso per la figura femminile, è necessario continuare a indignarci di fronte ad atti gravissimi come quello sopracitato. Anche quando sono meno palesi, e anche se camuffati da fantomatica ironia. E, magari, ricordiamo alle grandi agenzie di telecomunicazione che i contratti di servizio non sono solo belle parole, ma impegni seri nei confronti degli utenti e degli individui tutti.