Economia a misura di bambino: il CNR la insegna con un gioco
Per contrastare l'analfabetismo economico bisogna iniziare dai bambini. Il Cnr fa giocare con temi come il mercato, i beni pubblici, le tasse, il risparmio, l'investimento
L’economia fa parte della vita quotidiana anche di bambini e ragazzi. Incontrano quotidianamente termini economici. Li sentono al supermercato, a tavola con i genitori, al telegiornale. Ma è difficile che sappiano associarli a dei concetti corretti. E a scuola l’economia non viene insegnata, almeno non in modo adeguato. Così il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), il più grande ente pubblico di ricerca italiano, dedicato a promuovere, diffondere e valorizzare attività di ricerca scientifica e tecnologica, si ritrova a giocare. Anzi a far giocare i bambini per insegnare loro l’ABC dell’economia. Si chiama Kidseconomics®: «Una linea di attività didattiche sviluppata con l’obiettivo di diffondere i concetti base della scienza economica nella scuola primaria e secondaria».
L’importanza di insegnare la finanza, ma anche l’economia a scuola, è stata evidenziata anche dal’lOCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, che quasi quindici anni fa nella sua Recommendation sosteneva che: «L’educazione finanziaria dovrebbe iniziare a scuola. Le persone dovrebbero cominciare a ricevere un’educazione finanziaria il più presto possibile».
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Perché il Cnr
«I bambini sentono in continuazione termini come “tasse”, “interessi”, “prestiti”. Al telegiornale, dai genitori, sull’autobus», spiega Cecilia Tria, una delle responsabili del CNR che portano avanti il progetto Kidseconomics. «Per questo al CNR abbiamo sentito il bisogno di sviluppare un laboratorio per bambini della scuola primaria e dei primi anni della secondaria, per dare un’infarinatura di economia in età scolastica, dal momento che a scuola non è previsto un insegnamento dedicato a questi temi».
«L’economia è una disciplina i cui rudimenti costituiscono un bagaglio culturale oramai indispensabile per cittadini informati e consapevoli».
Il cuore del progetto è un laboratorio interattivo per gli studenti, a cui si aggiunge la formazione per gli insegnanti e un kit didattico per le scuole. È stato sviluppato da tre istituti del CNR: l’Istituto di ricerca sulla crescita economica sostenibile (Cnr-Ircres), l’Istituto di studi sulle società del Mediterraneo (Cnr-Issm) e l’Ufficio comunicazione informazione e Urp della Direzione generale del Cnr.
«Il gioco è rivolto in particolare a bambini tra i 9 e i 10 anni. Abbiamo constatato che su questa fascia di età funziona bene», spiega ancora Cecilia Tria.
Il gioco: il mercato
Il gioco si sviluppa in tre fasi, attorno a tre concetti economici chiave individuati dai ricercatori. A ognuno corrisponde un diverso ambiente di gioco all’interno del quale i bambini devono muoversi imparando le dinamiche economiche connesse.
Il primo è il mercato: la classe viene divisa in venditori e acquirenti e i bambini giocano al mercato, vendendo e comprando pacchi di pasta, decidendo il prezzo, pagando i lavoratori.
Viene ricreata tutta la catena: ogni prodotto deve essere comprato dal grossita a un certo prezzo e rivenduto a un prezzo più alto. I compratori hanno a disposizione dei soldi e decidono come impiegarli.
«I bambini imparano così semplici regole di mercato – spiega Cecilia Tra – Durante il gioco emergono diverse dinamiche economiche: può nascere un monopolio su certi prodotti, oppure i venditori possono vendere la pasta a un prezzo inferiore di quanto hanno speso per acquistarla, andando così in perdita»
«Dopo 3 manche tiriamo le somme con i bambini e cerchiamo di capire il perché delle loro scelte. Emergono temi come il costo del lavoro, la creazione dei prezzi, come incide la delocalizzazione della produzione, la qualità delle materie prime. I bambini ragionano sul perché un certo bene ha un certo prezzo. Naturalmente ci manteniamo a un livello base. Già così è molto complesso per i bambini capire certe dinamiche: ad esempio perché se ho comprato la pasta a 3 soldi nel prezzo di vendita devo considerare anche altre spese, come il costo dei mezzi di trasporto».
Il bene pubblico e le tasse
Dopo questa fase del gioco, più incentrata sulle scelte economiche individuali, si passa a un tema più collettivo: il bene pubblico e, come contropartita, le tasse.
«Al termine della fase del mercato ogni bimbo si era ritrovato con un suo gruzzoletto, più o meno grande – spiega Cecilia Tria – A questo punto cerchiamo di introdurre il discorso dei beni pubblici, che non si possono vendere, non perché non hanno prezzo, ma perchè sono di tutti: nessuno ha diritto di venderli e comprarli. Parliamo per esempio delle città, che devono essere pulite. Ma chi paga per la loro pulizia o per aggiustare una strada rotta?
E introduciamo il discorso delle tasse. I bambini devono decidere quanto del loro gruzzolo destinare a mantenere la città pulita o a costruire una nuova strada. Ne discutono insieme e decidono una cifra, la raccolgono e la usano per acquistare pezzi di un grande puzzle che rappresenta le strade, la scuola, il parco. Ma se la cifra è troppo bassa i bambini possono acquistare solo una parte dei pezzi necessari e si ritrovano con una parte della città.
Così possono capire che se non si pagano adeguatamente le tasse non si possono avere tutti i servizi.
Devo dire che di solito i bambini sono piuttosto generosi e capiscono abbastanza il senso del discorso sui beni pubblici».
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Il ciclo dell’economia
L’ultima fase del gioco introduce il concetto di ciclo economico.
«Introduciamo tre soggetti economici: i risparmiatori, le banche e le imprese – Continua Cecilia Tria -Disegniamo un cerchio all’interno del quale si sviluppa il ciclo economico. I cittadini raccolgono i risparmi, li danno alle banche che li mettono a disposizione delle imprese che danno lavoro ai cittadini.
Proponiamo quindi un quiz con domande su concetti economici che si incontrano quotidianamente: si chiede cos’è un bancomat, la differenza con carta di credito, cos’è un mutuo o un finanziamento, il significato della busta paga. Termini economici che bambini sentono spesso ma che non sanno esattamente cosa significhino».
Coinvolgere tutte le scuole
«Avere una consapevolezza economica oggi è fondamentale – conclude la ricercatrice – L’analfabetismo economico è alto anche tra gli adulti. Bisogna seminare a partire dai bambini, a scuola. Che però al momento non lo fa. Ma basterebbe poco. Dalle scuole riceviamo un’accoglienza ottima. Gli insegnanti non hanno una formazione adeguata, ma in generale si dimostrano molto interessati». Peccato che al momento l’iniziativa del CNR coinvolga poche città in Italia, a macchia di leopardo. Mentre l’economia riguarda tutti. «Il Ministero dell’istruzione è a conoscenza della nostra attività, auspichiamo che possa applicarla, questa o altre analoghe, in tutte le scuole».