Cos’è l’economia circolare e perché rappresenta il futuro
Come funziona l'economia circolare, chiave fondamentale per la trasformazione dei nostri sistemi produttivi e di consumo
Per comprendere cosa sia e come funzioni l’economia circolare, immaginate una persona che mangia decisamente troppo e rischia di non trovare più cibo. Assimila malissimo i nutrienti, spesso assume cibo inutile. E alla fine espelle tutti gli scarti in quantità ingenti. Ecco questo metabolismo distorto è quello della nostra economia. Estraiamo troppe materie prime (consumando suolo, depauperando la biodiversità, azzerando riserve di minerali e altri materiali). Gestiamo male prodotti e oggetti quotidiani. E infine espelliamo rifiuti dannosi, dalle emissioni di CO2 alle microplastiche negli oceani, con gli effetti ambientali che tutti conosciamo.
Solo nel 2020 utilizzati 100 miliardi di tonnellate di materie prime
Il flusso di materia in ingresso nel sistema globale è immenso: solo nel 2020, sono entrati quasi 100 miliardi di tonnellate di materie prime, triplicando la quantità estratta nel 1970 (27 mld). E secondo l’OCSE, il consumo mondiale è destinato a quasi raddoppiare entro il 2060, con l’espansione dell’economia globale e l’aumento del tenore di vita. Mettendo sull’ambiente il doppio della pressione che stiamo vedendo oggi. La mole di rifiuti prodotta da noi umani è mostruosa: ogni anno si generano 2 miliardi di tonnellate di rifiuti solidi urbani. Ovvero una media di 0,74 chilogrammi al giorno pro-capite (con una variabilità tra 4,54 per i Paesi più ricchi a 0,11 per quelli meno sviluppati).
Alcuni rifiuti sono estremamente preziosi come i RAEE, i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Nel 2019, sono state prodotte circa 53,6 milioni di tonnellate, + 44,4 milioni di tonnellate in soli cinque anni. Di queste, solo il 17,4% è stato raccolto e riciclato correttamente. E il valore è immenso: una stima prudente stima in circa 47,5 miliardi di euro il valore di tutti i RAEE generati.
L’economia circolare non rivoluzionerà solo il comparto dei rifiuti
Serve quindi rispondere alla seguente domanda: quali processi dobbiamo trasformare per creare un mondo dove tutti possono sfruttare il benessere offerto dalle tecnologie e dai saperi, superando i limiti imposti dall’economia lineare, riducendo allo stesso tempo l’impatto sulle risorse e i servizi naturali, fondamentali per la nostra salute e prosperità?
L’economia circolare è la risposta. Una visione economica che rivoluziona ogni settore merceologico e non solo i rifiuti (lo si spieghi al ministro Cingolani che nel PNRR ha inserito alla voce economia circolare principalmente impianti di trattamento rifiuti). Sebbene non esiste una definizione univoca – la più diffusa è quella della Fondazione Ellen MacArthur – possiamo riassumere i tre i principi che costituiscono gli assiomi dell’economia circolare.
I tre principi dell’economia circolare
Il primo principio è la piramide gerarchica della materia. Riduzione, riuso, riciclo, raccolta recupero, secondo un principio di responsabilità condivisa (sistemi collettivi), dove il consumatore e il produttore assumono una chiara responsabilità sui propri consumi. Dalla riduzione (sostituire un bene con un servizio o un bene riutilizzabile), al reimpiego di un oggetto. Con altre forme o funzioni (riciclo reativo, mercato dell’usato), passando per la responsabilità estesa del prodotto (raccolta, riciclo, recupero) sono il primo assioma dell’economia circolare.
Il secondo principio è legato alla fine dello spreco legato all’utilizzo del prodotto (unused value). Ovvero a quanto esso viene sfruttato prima ancora di essere scartato. Magazzini colmi di macchinari in attesa di essere dismessi, scatoloni in cantina pieni di vestiti con scarso valore affettivo, oggetti comprati e usati una volta all’anno, proprietà lasciate inutilizzate. Un ammortamento inutile di asset il cui valore non è fatto fruttare. Guardatevi intorno con nuovi occhi e vedrete materia che giace inerte.
Nessun seppellirebbe una persona perché ha un braccio rotto
Il terzo principio è fermare la morte prematura della materia. Sebbene riciclo e riuso siano strategie fondamentali di recupero della materia, spesso condanniamo a morte – cioè alla dismissione – della materia perfettamente sana. E poco importa che sarà riciclata. Spesso a rompersi o guastarsi è solo una parte di un oggetto, mentre le restanti componenti rimangono perfettamente funzionanti. Nessuno seppellirebbe una persona che ha un braccio rotto. Per questo nella responsabilità estesa del prodotto concetti come durabilità, riparabilità, capacità di upgrading sono chiave in qualsiasi oggetto di qualsiasi settore merceologico.
È un nuovo mondo da scoprire ed inventare. Ma soprattutto da conoscere e studiare. Designer, imprenditori e consumatori stanno iniziando a familiarizzare con il concetto. Ma ancora in pochi vedono davvero il potenziale economico, sociale e ambientale di un’applicazione estensiva e radicale. Dove il possesso cede il passo all’uso, dove i materiali vengono sostituiti da servizi, dove la vita degli oggetti – e la nostra vita con essi – si trasforma secondo nuove logiche circolari. Facendolo con contezza e conoscenza. Cercando di rifuggire dal circular-greenwashing.