L’economia sociale vuole riprendersi lo spazio che le spetta

La Conferenza europea sull'economia sociale, che si è tenuta il 13-14 novembre a San Sebastian, si chiude con la firma di un manifesto

La Conferenza europea sull’economia sociale si è tenuta in Spagna, Paese che detiene la presidenza di turno del Consiglio dell'Unione europea © Ministero del Lavoro e dell'economia sociale della Spagna

Si è dimostrata resiliente nel bel mezzo di crisi economiche, sanitarie, energetiche e geopolitiche, colmando quel vuoto che né lo Stato, né le imprese orientate unicamente al profitto riuscivano a riempire. E adesso chiede che la sua importanza venga riconosciuta e valorizzata, come merita. L’economia sociale si è data appuntamento a San Sebastian, in Spagna, il 13 e il 14 novembre 2023. Un appuntamento che ha avuto come esito una presa di posizione condivisa che esprime una visione chiara del futuro.

Quanto vale l’economia sociale in Europa

La galassia dell’economia sociale comprende tante realtà: cooperative, fondazioni, mutue, associazioni, imprese sociali. Pur seguendo logiche e meccanismi diversi tra loro e operando nei settori più svariati, hanno un forte elemento distintivo: sono attività economiche private che, per missione, perseguono il beneficio economico e sociale dei propri membri o della comunità nel suo insieme. I profitti arrivano al secondo posto e vengono reinvestiti, interamente o per la maggior parte, per l’organizzazione stessa o per la causa sociale perseguita. Questi soggetti hanno solide radici nel territorio e sono gestiti dal basso, con spirito solidale e partecipativo.

Descritta così, l’economia sociale sembra una bella favola. In realtà, è un settore economico di tutto rispetto. I dati più attendibili risalgono a uno studio del 2016 del Comitato economico e sociale europeo. Dicono che l’economia sociale dà lavoro retribuito a 13,6 milioni di persone nell’Unione europea, cioè il 6,3 per cento degli occupati (conteggiando anche al Regno Unito). Le organizzazioni e imprese del comparto sono 2,8 milioni e traggono la loro forza anche dall’operato di 82,8 milioni di volontari (paragonabile a quello di 5,5 milioni di addetti a tempo pieno). Sommando i membri di mutue, cooperative ed entità simili, si arriva a un totale che supera i 232 milioni di persone.

Verso il piano d’azione europeo

Le organizzazioni che fanno capo all’economia sociale, però, possono crescere soltanto se vengono supportate di più. In quantità e qualità. E conviene a tutti che crescano, perché – così facendo – cresce anche il loro impatto sociale positivo. Non stupisce dunque che la Commissione europea a dicembre 2021 abbia presentato un piano d’azione «volto a contribuire al successo dell’economia sociale europea, sfruttandone inoltre il potenziale economico e occupazionale, nonché il contributo a una ripresa equa e inclusiva e alle transizioni verde e digitale».

Tre le sue aree principali. La prima prevede di creare un contesto favorevole allo sviluppo dell’economia sociale, un contesto fatto di normative, policy, tassazione, sostegno pubblico, certificazioni. La seconda è quella delle opportunità economiche, con un più facile accesso alle varie forme di finanziamento, supporto di business e network. La terza, e ultima, vuole lavorare sulla ricerca e sulla comunicazione per far emergere il potenziale dell’economia sociale, anche tra i giovani. Tutto questo con un orizzonte temporale al 2030.

Chi si occupa di sviluppare l’economia sociale e con quali risorse

Le risorse necessarie per l’Action Plan provengono da canali differenti, tra cui il fondo InvestEu, vari programmi europei e – a livello nazionale – i Fondi per la politica di coesione e i Piani nazionali di ripresa e resilienza. Certamente anche la finanza privata ha – e avrà – un ruolo cruciale. Ma la tassonomia sociale, che definirà quali attività possono essere ritenute a impatto sociale (sulla scia di quella ambientale), è ancora ferma al palo. Se ne riparlerà dopo le elezioni europee di giugno 2024.

Chi si occupa di mettere in pratica le linee guida del piano d’azione europeo? Da un lato la Commissione stessa, dall’altro gli Stati membri. Che dovranno adottare (o aggiornare) le proprie strategie e iniziative sull’economia sociale e designare delle figure di coordinamento, per poi essere sottoposti a una valutazione della Commissione stessa nel 2025. Nell’autunno, il Consiglio dell’Unione europea ha dato il via libera all’accordo politico alla raccomandazione sullo sviluppo dell’economia sociale nei singoli Stati.

Durante un’intervista con Vita.it, Lucia Albano, sottosegretaria del ministero dell’Economia e delle Finanze che detiene la delega all’economia sociale, cita alcune possibili misure fiscali, tra cui «l’esenzione dalle imposte dei redditi sugli utili investiti nelle attività di interesse generale e il bonus fiscale a favore di persone fisiche o giuridiche che investono nell’impresa sociale (si potrebbe attestare sul 30% dell’importo investito)». Ma manca ancora l’ufficialità, col via libera della Commissione europea.

La Conferenza europea sull’economia sociale

Il piano d’azione europeo è stato uno dei grandi temi all’ordine del giorno durante la Conferenza europea sull’economia sociale che si è tenuta nella città spagnola di San Sebastian il 13 e 14 novembre 2023. Un’occasione a suo modo unica, con oltre cinquecento partecipanti. Tra loro, anche figure politiche e istituzionali di primo piano come Nicolas Schmit, commissario europeo per il Lavoro e i diritti sociali; Joaquín Pérez, segretario di Stato spagnolo per il Lavoro e l’economia sociale; Ivanka Shalapatova e Georges Engel, ministri del Lavoro rispettivamente della Bulgaria e del Lussemburgo. A rappresentare il governo italiano soltanto Alessandro Lombardi, responsabile della direzione generale del Terzo Settore e della responsabilità sociale delle imprese per il ministero del Lavoro e delle politiche sociali.

C’era anche Juan Antonio Pedreño, presidente di Social Economy Europe, la rete che da fa portavoce del mondo dell’economia sociale nei vari Paesi europei. Ne fanno parte, per il nostro Paese, l’Alleanza delle cooperative italiane (che a sua volta riunisce Agci, Confcooperative e Legacoop) e il Forum Nazionale Terzo Settore. Proprio Simone Gamberini, presidente di Legacoop, descrive la Conferenza di San Sebastian come «un punto di arrivo del grande lavoro fatto per l’adozione da parte della Commissione europea dell’Action Plan sull’economia sociale e punto di partenza per la messa a terra degli obiettivi contenuti nelle raccomandazioni ai Paesi membri. Un impegno di cui, come cooperatori, vogliamo essere parte attiva e rilevante insieme agli altri attori interessati, per arrivare ad un Action Plan italiano dell’economia sociale».

Firmato il manifesto di San Sebastian

Parecchi i temi all’ordine del giorno durante la sessione plenaria e i cinque workshop, dedicati rispettivamente al miglioramento delle competenze, alla transizione verde e digitale, all’innovazione, accesso ai finanziamenti e accesso ai mercati, ai giovani e – infine – alla visibilità dell’economia sociale. Tra le aree ritenute più critiche, e quindi da migliorare, «prima di tutto la necessità di continuare a investire sulle competenze; aumentare la capacità di produrre dati, statistiche per misurare e valutare gli impatti creati; molto da fare resta anche per il migliorare l’uguaglianza di genere», scrive Giuseppe Guerini su Vita.it.

La Conferenza di San Sebastian

La Conferenza del 13-14 novembre si è conclusa con la firma del Manifesto di San Sebastian da parte di 19 Paesi (Italia compresa), più il Comitato economico sociale europeo (CESE), il Comitato delle regioni e Social Economy Europe. I firmatari «riconoscono che gli enti dell’economia sociale sono attori chiave nel mercato unico europeo e nelle nostre società, rappresentando una quota significativa della produzione economica e della forza innovativa nell’Unione europea. È un modello globale che, al tempo stesso, è profondamente radicato nei nostri territori, che caratterizza e identifica uno stile di vita europeo».

Per questo, promettono di fare la loro parte per la crescita dell’economia sociale, sia attraverso l’implementazione del piano d’azione europeo, sia in termini di visibilità, accesso alle risorse finanziarie e ai mercati, raccolta di dati, coinvolgimento degli attori dell’economia sociale nella stesura di leggi e policy, e altro ancora. Il prossimo appuntamento è per il 12 e 13 febbraio a Liegi: lì si terrà la prossima Conferenza europea sotto l’ègida del Belgio, che avrà la presidenza di turno del Consiglio europeo.