Emissioni di metano a livelli record. Ma il business non si ferma

I dati del Global Budget Methane indicano che le emissioni di metano seguono la traiettoria più estrema. Eppure i settori colpevoli prosperano

Gli allevamenti intensivi sono tra le principali fonti di emissioni di metano © Vladimir Zapletin/iStockPhoto

Continuare a investire nelle fonti fossili, così come negli allevamenti intensivi e nell’agricoltura insostenibile, è un suicidio, numeri alla mano. E non c’è distinzione tra carbone, petrolio e gas che tenga. A confermarlo sono gli ultimi dati relativi alle emissioni di metano, che stanno seguendo la traiettoria più estrema, facendo temere il peggio. Si tratta, è bene ricordarlo, di un gas che rimane meno a lungo nell’atmosfera terrestre rispetto alla CO2, ma che ha un potere climalterante decine di volte superiore.

Il rapidissimo aumento delle emissioni di metano

Ebbene, le emissioni di metano negli ultimi anni sono aumentate più rapidamente di qualsiasi altro gas ad effetto serra. Attestandosi sugli scenari più catastrofici immaginati dai climatologi. A confermarlo è un rapporto del Global Methane Budget, collaborazione scientifica che si pone proprio l’obiettivo di analizzare l’andamento del pericoloso agente climalterante. 

La traiettoria attuale porterebbe ad un aumento della temperatura media globale, alla fine del secolo, di almeno 3 gradi centigradi rispetto ai livelli pre-industriali. Il che equivarrebbe a portare la Terra in una condizione nella quale gli impatti sono, allo stato attuale, difficilmente immaginabili. Un salto nel buio, fatto di sconvolgimenti epocali in ogni angolo del Pianeta. 

Gli impegni disattesi e l’indifferenza della finanza

Eppure alla Cop26 di Glasgow del 2021, 150 Paesi avevano siglato (e pubblicizzato in pompa magna) il Global Methane Pledge, un impegno a tagliare le emissioni di metano del 30% entro il 2030. «Ad oggi, quegli obiettivi appaiono lontanissimi», conferma Rob Jackson, docente di Scienze della Terra presso l’università di Stanford e presidente del Global Carbon Project. 

D’altra parte, già due anni più tardi era stato rivelato come i grandi fondi d’investimento come BlackRock, State Street e Vanguard, assieme alle principali banche internazionali (dalle americane JPMorgan e Morgan Stanley, alla britannica HSBC, passando per l’italiana Unicredit e la spagnola Santander), continuano a essere fortemente implicati nei settori ad alte emissioni di metano. E finché i capitali affluiscono, i business non si arrestano, né vengono resi più sostenibili. 

Parliamo in particolare dell’agricoltura e degli allevamenti, da cui dipende il 40% circa delle emissioni di metano, della combustione di fonti fossili (34%) e della gestione dei rifiuti (19%). Il resto, minoritario, dipende da fonti naturali, come nel caso delle zone umide: valori che però risultano in aumento perché, più la temperatura media globale cresce, più le emissioni fanno altrettanto. Innescando un drammatico circolo vizioso.