Emmaus, provocatori di cambiamento

Storia e attualità di Emmaus, la comunità di provocatori di cambiamento che non lascia indietro niente e nessuno

Il deposito di indumenti usati all'interno della comunità di Emmaus a Boves, in provincia di Cuneo © visura.co/prestia

«Se l’Abbé Pierre fosse vivo oggi, sarebbe andato a Gaza». Comincia così il racconto che Renzo Fior mi fa del fondatore di Emmaus, rete globale cui Emmaus Italia fa riferimento. Il movimento nasce in Francia ma si è esteso nei Paesi di tutto il mondo. Si caratterizza per le iniziative di solidarietà e per la costituzione di numerose comunità di accoglienza per persone che hanno avuto vite difficili.

La prima, in Italia, arriva a Verona nel 1976; nel 1989 ci sarà la costituzione come organizzazione nazionale che, oggi, conta 17 gruppi e comunità. Ogni comunità accoglie tra le 10 e le 25 persone: chiunque voglia può essere ospitato. Elemento fondamentale è la rete di mercatini dell’usato: basati su donazioni, servono a finanziare le azioni di solidarietà e la vita delle comunità.

L’Abbé Pierre, il fondatore di Emmaus

Questa storia è stata inviata come newsletter il 22 gennaio, anniversario della morte dell’Abbé, non solo fondatore ma vera e propria autorità spirituale e morale. Prete, partigiano, deputato, durante la II Guerra Mondiale si mise al servizio dei perseguitati dalla Gestapo procurando loro documenti falsi. Divenne guida alpina e, attraverso le Alpi, li accompagnava verso destinazioni sicure. Dopo la guerra si trasferì a Parigi e venne eletto deputato.

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L’Abbé Pierre, fondatore di Emmaus © Studio Harcourt Paris

«Amici miei, aiuto… Una donna è morta questa notte alle 3, di freddo, sul marciapiede di Boulevard Sébastopol, stringendo tra le mani il documento di sfratto con cui, due giorni prima, era stata messa fuori casa. Ogni notte, sono più di 2000, le persone che dormono nel freddo, in strada, senza tetto, senza cibo…»

Il 1 febbraio 1954 lanciò un appello per quella che è passata alla storia come “l’insurrezione della bontà”. Dai microfoni di Radio Lussemburgo invitò i francesi a donare indumenti, tende, coperte, e tutto ciò che potesse essere utile a fronteggiare l’emergenza freddo che stava mettendo in ginocchio le fasce più deboli della popolazione, a partire dai senza tetto.

La risposta della cittadinanza fu impressionante, la mobilitazione fu tale da divenire storica, e la denuncia dell’Abbé Pierre dell’assenza della politica divenne punto di riferimento per i francesi. «Divenne la persona più amata di Francia. È stato al primo posto nella classifica nazionale fino a quando, nel 2000, chiese di non essere tenuto in considerazione e fu superato da Zinedine Zidane, eroe di France ‘98 e degli Europei del 2000. Zidane volle incontrarlo per rendergli omaggio», mi racconta Franco Monnicchi, altra personalità storica di Emmaus Italia. «Era uno che a 92 anni occupava le chiese per i diritti dei sans papiers. Ha riconsegnato la Legion d’onore per denunciare la guerra in Algeria».

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Campo internazionale di volontariato a Palermo, luglio 2015 © visura.co/prestia

Prendersi cura delle debolezze

«Ci prendiamo cura delle debolezze», spiega Nicola Teresi. «Questa è una società escludente, difficile. La povertà con cui abbiamo a che fare non è solo economica, ha tante sfumature. C’è chi è in grado di svolgere un lavoro, stare in gruppo, assumersi responsabilità. Ma c’è anche chi, lasciato da solo, non ce la fa».

Come ha raccontato Massimo Resta, presidente di Emmaus Italia, la vita nelle comunità si basa sul lavoro e sulla raccolta di materiale da rivendere nei mercatini. «È questa la vera differenza tra noi e gli altri: non riceviamo sovvenzioni. Le persone che accogliamo scelgono di vivere insieme. Non immaginare una situazione comoda. Da noi si sta insieme. Si mangia insieme, si lavora insieme, si divide la stanza».

Dare una seconda occasione, a persone e cose

«La prima cosa che diresti di Emmaus – dice Fior – è che recuperiamo materiale usato, da molto prima che si parlasse di ecologia integrale o di riuso. Ma c’è un aspetto fondamentale, ulteriore: recuperiamo materiale usato per dare possibilità diverse a tante persone. Il nostro lavoro non è fine a sé stesso, dà un’opportunità a chi, altrimenti, sarebbe scartato. Come gli oggetti che recuperiamo».

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Vendita straordinaria di libri a settembre 2023 © visura.co/prestia

«Da noi – continua Resta – vengono persone escluse dalla società. Spesso vorrebbero lavorare ma nessuno dà loro l’opportunità di farlo. Alcune vengono dalla strada, altre da centri di accoglienza, in alcuni casi hanno avuto dipendenze. L’ospitalità è completamente gratuita. In altri luoghi devi pagare una retta, o la pagano per te le istituzioni, e se non hai documenti non puoi avere accesso. È impensabile: noi ospitiamo anche persone senza documenti. Non ci interessa se la legge non lo consente. Altrimenti, dove andrebbero a finire?».

Come specifica il presidente, non c’è un limite temporale alla permanenza: «Ci sono persone che vivono da noi anche per molti anni, anche scegliendo di finire la propria vita in comunità».

Anche se non si tratta di centri di recupero, la platea degli ospiti comprende persone che hanno avuto dipendenze. Me lo riporta Monnicchi: «A 17 anni ho partecipato al mio primo campo di volontariato. Quello che mi colpì di più era che i soggetti principali, che gestivano tutto, erano le persone accolte, quelle in difficoltà. Mio padre era alcolista, mio fratello tossicodipendente. Vedere queste persone non scacciate né compatite ma accolte, valorizzate, mi ha cambiato la visione del mondo».

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Campo di volontariato internazionale a Lampedusa, aprile 2014 © visura.co/prestia

Le iniziative di solidarietà

Le attività dei mercatini supportano anche le iniziative internazionali, come spiega il presidente, in raccordo con i nodi di tutto il mondo. «Abbiamo gruppi in America Latina, in Asia, in Africa, perciò abbiamo molta attenzione a quello che succede dall’altra parte del mondo e non solo in Italia o in Europa». Diverse le iniziative che elenca Resta, dal sostegno ai migranti lungo la rotta balcanica alla potabilizzazione di un lago, affidato alla gestione della comunità locale, in Benin. La vendita straordinaria dello scorso anno ha donato i proventi al supporto agli obiettori di coscienza russi e ucraini; quella natalizia di quest’anno alla popolazione di Gaza.

Ci sono anche iniziative locali, come la vendita dello scorso settembre, per le popolazioni colpite dall’alluvione in Emilia, o i progetti di formazione, tra cui “Ambasciatori di pace”, percorso di peer education con gli studenti di Lampedusa, di cui Teresi è referente: «Quando un’associazione fa formazione nelle scuole servono molte risorse, attinte dal Ministero, dalla progettazione europea o da altre fonti. La formazione offerta da Emmaus è totalmente gratuita. Portiamo nelle scuole l’educazione alla pace, di genere, sui conflitti, la lotta contro bullismo e cyberbullismo, l’antimafia sociale e la formazione specifica sulla storia delle mafie».

L’impegno per l’accoglienza, l’inclusione e la solidarietà si traduce in azione contro la guerra, con la partecipazione alle principali reti nazionali e internazionali per la pace, la non violenza e la libera circolazione. «Veniamo da un’esperienza di comunità, siamo comunità – dice Resta – Per noi il centro sono le persone».

I campi di volontariato di Emmaus Italia

Ogni estate i campi di volontariato accolgono giovani da tutta Italia, che entrano nella vita delle comunità, dei mercatini, dei gruppi locali. «I campi – spiega Monnicchi – sono un momento importante perché ti permette di mettere insieme persone che hanno voglia di cambiare le cose, di sporcarsi le mani. Tanti giovani attraverso questa esperienza hanno iniziato a impostare la loro vita, non solo all’interno di Emmaus. C’è chi ha creato cooperative sociali, chi è entrato in organizzazione non governative. Chi ha fatto scelte importanti di solidarietà e di lotta alle cause di migliaia di sofferenze».

Quella che potrebbe sembrare una realtà assistenziale è mossa da intenti profondamente politici. Come il suo fondatore, per capire il quale, ricorda Fior, basta un aneddoto. Nel mezzo di una ingente campagna contro le abitazioni abusive da parte del governo francese, il fondatore del movimento prese posizione a favore di chi rischiava di perdere la propria casa e, proprio di fronte agli edifici sottoposti ai controlli, scrisse un messaggio, monito per le istituzioni e simbolo ed eredità morale per chi in questi settant’anni ha attraversato la storia del movimento: «Noi abbiamo diritto a esistere».