Dobbiamo avere paura di Evergrande? I numeri del colosso cinese che vacilla
Benché il rischio di fallimento di Evergrande ponga effettivamente dei rischi, alcuni paragoni con Lehman Brothers sembrerebbero azzardati
Da alcune settimane un potenziale terremoto finanziario sta impensierendo i mercati di tutto il mondo. Il nome della società cinese Evergrande, finora pressoché sconosciuto al di fuori degli addetti ai lavori, ha riempito le prime pagine dei quotidiani. L’azienda, specializzata nel settore immobiliare, ha infatti accumulato un debito di oltre 260 miliardi di dollari. Un valore simile al Prodotto interno lordo di una nazione come la Danimarca. Con il rischio che ciò possa portarlo a dover dichiarare il fallimento. Una situazione, apparentemente, talmente grave da aver fatto l’avanzare perfino paragoni con il crack di Lehman Brothers del 2008.
Evergrande: 3,8 milioni di lavoratori diretti e indiretti e 8mila partner
La società è stata fondata nel 1996 e da allora si occupa di promozione immobiliare. Grazie all’enorme espansione del settore in Cina negli ultimi decenni, l’azienda ha vissuto una crescita enorme. Tanto che il suo fondatore, Xu Jiayin, ex operaio metallurgico, è diventato miliardario. Ad oggi, Evergrande ha 220mila dipendenti e coinvolge a vario titolo nei propri business 3,8 milioni di lavoratori. Ha avviato progetti in più di 200 città. E lavora con oltre 8mila imprese partner.
Come spesso accade alle aziende che diventano colossi, tuttavia, Evergrande non si è limitata al settore immobiliare. Oggi sue attività spaziano dalla gestione idrica all’erogazione di energia elettrica, dal settore automobilistico allo sport.
Come ha fatto Evergrande a finire sull’orlo del precipizio?
La crescita dell’azienda ha fatto leva a lungo proprio sull’aumento del giro d’affari legato alle costruzioni. Sono stati così lanciati a ciclo continuo nuovi progetti in tutta la Cina. Le contrazioni registrate negli ultimi anni, legate in gran parte alla pandemia, hanno tuttavia abbattuto la domanda. Numerosi centri commerciali di proprietà di Evergrande sono stati inoltre chiusi per il Covid-19. In un anno, la capitalizzazione è crollata dell’85%.
La preoccupazione dei mercati è che la società possa, a breve, non essere più in grado di onorare i propri debiti. Come già accaduto per alcuni bond offshore. Proprio per evitare il peggio, è già stato raggiunto un primo accordo con i soggetti che detengono titoli obbligazionari. Ma questi, in ogni caso, rappresentano una piccola quota dell’indebitamento. Evergrande deve 52 miliardi di yuan sul proprio territorio, ovvero lo 0,2% del totale del mercato.
Quali sono i reali rischi per i mercati?
Di fronte a tale scenario c’è chi ha comunque temuto il peggio. Difficile, tuttavia, affermare con certezza che si sia davvero di fronte a una riedizione del crollo del 2008. In primo luogo, va detto che il mercato cinese è decisamente meno aperto di quello americano. Inoltre, la Cina si suppone abbia la capacità (certamente i mezzi) per operare un salvataggio d’emergenza. Non a caso, la banca centrale cinese ha già iniettato liquidità equivalente a 11,9 miliardi di euro nel sistema bancario, al fine di scongiurare scossoni.
La finanza della nazione asiatica appare in ogni caso piuttosto in buona salute. Secondo quanto indicato dal quotidiano economico francese Les Echos, nel 2020 il settore ha generato profitti netti per 1.300 miliardi di yuan (circa 171,8 miliardi di euro). Tutto ciò dovrebbe rassicurare, ma va detto che tra i creditori di Evergrande figurano anche alcuni colossi stranieri. È il caso dei colossi finanziari BlackRock e Amundi, così come dell’istituto di credito britannico HSBC. E a loro di certo Pechino non concederà supporto. Tuttavia, anche in questo caso, va tenuto conto che Evergrande ha emesso bond in valuta estera per “soli” 18 miliardi di dollari. E una parte è stata acquistata da divisioni straniere di società cinesi.
Per la divisione veicoli elettrici niente Borsa di Shanghai e pagamenti sospesi
Al contempo, però, come sottolineato dall’agenzia Bloomberg, la società ha promesso 1,6 milioni di appartamenti a persone che hanno pagato. E potrebbe avere problemi nel consegnare i beni. Al contempo, potrebbe trovarsi in difficoltà con strumenti finanziari (retail debt instruments) con i quali si è indebitato.
Senza dimenticare i rischi legati ai settori non-immobiliari. Ad esempio la divisione specializzata nel settore automobilistico elettrico, la Evergrande New Energy Vehicle, già quotata alla Borsa di Hong Kong, ha annunciato nella serata di domenica 26 settembre la volontà di rinunciare ad una quotazione secondaria a Shanghai. Ciò proprio a causa dell’«impatto materiale nefasto» sui progetti di produzione di veicoli elettrici derivato dai problemi di tesoreria. E dopo aver annunciato di aver sospeso alcuni pagamenti. Di conseguenza, lunedì 27 al mattino, il titolo di Evergrande è arrivato a perdere il 26%, per poi contenere la contrazione al 9,5%.
La situazione, insomma, benché non appaia in tutto e per tutto assimilabile a quella di Lehman Brothers, necessita ancora di vigilanza e monitoraggio.