Fatturato ecomafia, superati i 16 miliardi. +15% in un solo anno
Legambiente: tra cemento, rifiuti e agricoltura, il business mafioso non conosce crisi. Lo "Sblocca cantieri" e lo stop al Codice Appalti le aiuteranno ulteriormente
Per le ecomafie non c’è crisi. Il business illegale legato ai reati contro l’ambiente, ai rifiuti, al ciclo del cemento, all’agroalimentare e ai beni culturali, nel 2018 è salito a 16,6 miliardi. Un incremento del 15% in un solo anno, che mette alla pari il giro d’affari della criminalità organizzata e d’impresa alla manovra economica del governo Conte.
Proventi e investimenti derivano per un terzo dal traffico illecito di rifiuti speciali, animali e piante (voci che incidono per 6 miliardi di euro). Segue poi l’abusivismo edilizio (valutato in 2,3 miliardi) e la cosiddetta agromafia: solo il valore dei beni agro-alimentari sequestrati sale a 1,4 miliardi. Il furto di beni storico-culturali vale 600 milioni e la corruzione ambientale mezzo miliardo.
«Eppure non sembra che ci sia un’emergenza mafia in questo Paese. Anzi, non si è persa occasione per parlare di altro, a partire dalla presunta emergenza migranti e dalla chiusura dei porti per fronteggiarla» commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, presentando al Senato, davanti al Procuratore Nazionale Antimafia Federico Cafiero De Raho e al ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, il nuovo rapporto Ecomafia 2019.
In Italia, più di 3,2 reati contro l’ambiente, ogni ora
Secondo i dati raccolti e rielaborati da Legambiente, in Italia, nel 2018 sono stati compiuti 3,2 reati contro l’ambiente ogni ora, 28.137 in 365 giorni. Di questi, il maggior numero dei reati accertati ricade nel ciclo dei rifiuti, quasi 8mila (28,4%), poi nel campo dei delitti contro gli animali (25,9%) e nel ciclo del cemento (23,4%). Mentre è crollato, almeno, il dato sugli incendi boschivi (dal 21,3% del 2017 al 7,2% del 2018).
Tra denunce e arresti sono state coinvolte ben 35.104 persone e sono stati effettuati oltre 10 mila sequestri. Salgono a 368 i clan mafiosi mappati dagli investigatori e da Legambiente, attivi nei diversi settori e in ogni parte del Paese: «molto gettonati dalle aziende più disinvolte e da quelle finite alla canna del gas», scrivono i curatori del rapporto.
‘Ndrangheta, cosa nostra e camorra, agiscono come agenzie di fornitura di servizi «all inclusive».
Un fitto intreccio alimentato anche dalla corruzione, con 100 inchieste che hanno coinvolto 992 persone in tutta la penisola.
La classifica degli illeciti
Il record di illeciti anche per quest’anno, appartiene alla Campania, con 3.862 casi (14,4% sul totale nazionale), poi la Calabria (3.240), che registra comunque il numero più alto di arresti, 35, la Puglia (2.854) e la Sicilia (2.641). Lazio e Toscana, con rispettivamente 2mila e 1.836 reati sono le regioni del Centro più coinvolte. Seguite a stretto giro dalla Lombardia, prima regione del Nord, che si conferma territorio cruciale nei circuiti illegali su tutti i fronti ambientali. Mentre Sardegna con 1.251 reati, Liguria con 1.063 e Veneto con 1.061 si avvicinano sempre di più ai piani alti della «classifica».
Buona notizia: la legge sugli Ecoreati del 2015 funziona
La legge 68/2015, «per la cui approvazione abbiamo dovuto attendere 21 anni» ricorda Stefano Ciafani, al quarto anno di applicazione, certifica che sono salite le contestazioni, a quota 1.108, più di tre al giorno, con una crescita più che doppia rispetto all’anno precedente, pari a +129%. In crescita esponenziale pure le denunce e gli arresti, che arrivano a quota 1.939 (nel 2017 erano state 947) e i sequestri, ben 333 (con una impennata del 213%).
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Il reato più contestato è quello di inquinamento ambientale con 218 casi, un aumento del 55,7% rispetto al 2017. Segue quello di disastro ambientale, applicato in 88 casi (più che triplicati rispetto all’anno prima). Completano il quadro, le 86 contestazioni per il delitto di traffico organizzato di rifiuti, i 15 di traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, i 6 casi di delitti colposi contro l’ambiente, i 6 di impedimento al controllo e i 2 di omessa bonifica.
Chi inquina ha, però, cominciato a pagare, ottemperando anche alle prescrizioni ambientali imposte dal Sistema nazionale di Protezione ambientale (Snpa) costituito da Ispra e dalle Agenzie regionali per l’ambiente. Nel 2018 sono state emesse 1.447 prescrizioni: il 39% di queste ha riguardato il settore dei rifiuti, il 31% emissioni in atmosfera, il 12% scarichi illegali, il 14% il mancato rispetto della Autorizzazione integrata ambientale (Aia).
Violazioni riparate che hanno portato alla riscossione di oltre 5 milioni di euro di sanzioni, 2 milioni di euro in più rispetto al 2017. Questo nonostante il 26% delle Agenzie regionali per l’Ambiente sia ancora sprovvisto di personale di polizia giudiziaria.
Regia unica dietro gli incendi degli impianti rifiuti
Da giugno 2018 a maggio 2019 si sono verificati 262 roghi, di cui 165 presso aree di deposito rifiuti, e il resto in aree di lavorazione rifiuti, come lo stesso ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha relazionato alla commissione parlamentare contro le ecomafie.
Ci sarebbe un link diretto tra il mercato nero del riciclo e i roghi degli impianti, con un’alta probabilità che dietro ci sia addirittura una regia unica. Questo secondo il Procuratore generale della Corte d’appello di Milano Roberto Alfonsi, sempre nell’ambito di audizione tenuta presso la stessa commissione d’inchiesta.
Il ministro dell'Ambiente @SergioCosta_min, in audizione in commissione #Ecomafie, ha parlato dei #roghi di #rifiuti, definendo il fenomeno come "un rischio di emergenza nazionale".#ANSAAmbientehttps://t.co/9LSXwSaRou
— ANSA Ambiente & Energia (@ansa_ambiente) May 29, 2019
Agroalimentare: la grande abbuffata
Ma i numeri più alti dell’illegalità riguardano il settore agroalimentare, dove si sono contate 44.795 infrazioni. Quasi 123 al giorno. Complessivamente, sono state più di 26mila le persone denunciate e 158 arrestate, con una crescita rispetto all’anno precedente del 15,4%, mentre i sequestri raggiungono la cifra imponente di 10.662, crescendo del 290% rispetto al 2017. Il business illegale sfiora la soglia di 1,4 miliardi (per l’esattezza 1.361.505.302 euro), con un aumento del 35,6% rispetto all’anno prima.
Cibo “anticrimine”, il valore nascosto della filiera corta. Il volume d'affari delle agromafie sfiora i 22 miliardi. Avvicinare consumatori e produttori può aiutare a ridurre i rischi di infiltrazione: https://t.co/STInupVqS2 #Valori #Finanza #Etica #mafie #bio pic.twitter.com/IimtisOwj2
— Valori.it (@Valori_it) September 23, 2018
Anche il sacchetto della spesa può essere ancora illegale
Sei milioni e mezzo di borse di plastica illegali sequestrate nel porto di La Spezia. 15 tonnellate sequestrate al porto di Palermo; 18 tonnellate sequestrate al porto di Trieste. Oltre un milione sequestrate in uscita dal porto di Genova. Sono i risultati dell’attività svolta, solo nell’ultimo anno e mezzo (2018 e primi cinque mesi del 2019), dall’Agenzia delle dogane dei monopoli, in collaborazione con Guardia di finanza e Carabinieri, ha lavorato con campagne mirate per fermare i flussi illegali.
I due favori del governo: «Sblocca Cantieri» e sospensione Codice appalti
Quello del cemento illegale è il settore, invece, che segna il più alto aumento di reati accertati: +68,3. Legambiente non ha risparmiato critiche al governo e ricorda come a novembre dello scorso anno tra le righe del «Decreto Genova» sia entrato il condono edilizio per Ischia.
Un brutto segnale, proprio nella regione che detiene anche il record dei reati di abusivismo edilizio con il 17,8% delle infrazioni nazionali. Anche per questo – sottolinea Ciafani – «siamo convinti che la titolarità delle demolizioni, unico vero deterrente alla nascita di nuovi abusi, vada tolta dal controllo dei comuni, ma sia per legge avocata allo Stato, nella figura dei prefetti».
Piove però sul bagnato: alla vigilia della chiusura del rapporto Ecomafia, è stato convertito in legge, lo scorso 12 giugno, il decreto 32/2019, il cosiddetto «Sblocca Cantieri». Testo aspramente criticato anche dall’Autorità Nazionale Anticorruzione, nella relazione annuale in Parlamento del presidente, Raffaele Cantone.
#Cantone: 'Il decreto #sbloccacantieri incide sui poteri dell'#Anac' https://t.co/NrGK55FuZ5
— Agenzia ANSA (@Agenzia_Ansa) June 6, 2019
Timore fondato se si pensa che nel 2018 sono stati appaltati nel settore pubblico, lavori per 140 miliardi e le prefetture abbiano emesso nello stesso periodo ben 573 interdittive antimafia (il doppio rispetto al 2015), con oltre 1900 imprese nel casellario giudiziario tra il 2015 e il 2018.
Eppure con le disposizioni del governo Conte, si dà via libera al criterio del minor prezzo per gli appalti sotto i 5 milioni, che sono circa il 90% del totale, con la sola esclusione delle offerte anomale. Si innalza la soglia per i subappalti dell’intera opera cantierabile, dal 30 al 40%. Si sospende fino al 20 dicembre 2020 l’obbligo, per i comuni non capoluogo, di fare gare attraverso le stazioni appaltanti (potendo gestire in proprio gare di qualsiasi entità).
Appalti, rifiuti, edilizia, sono quasi sempre alla base delle motivazioni per cui le amministrazioni comunali e sanitarie vengono sciolte per condizionamento mafioso. Nel 2018 sono stati ben 23, nei primi cinque mesi del 2019, otto. Un problema che tocca tutta l’Italia: da Pachino in Sicilia, a Lavagna in Liguria.