Alla Fifa piace sempre l’odore del petrolio al mattino

In una lettera oltre cento calciatrici chiedono alla Fifa di non prendere soldi dall’Arabia Saudita, ma la multinazionale svizzera tace

Dopo il Qatar, oggi la Fifa prende soldi dall’Arabia Saudita © backer Sha/Unsplash

Oltre cento calciatrici professioniste da tutto il mondo hanno scritto una durissima lettera alla Fifa. Accusando la multinazionale svizzera che controlla il calcio globale di essersi venduta anche l’anima in cambio del profitto. Le calciatrici mettono sotto accusa il lucrativo contratto di sponsorizzazione per i Mondiali di calcio femminile del 2027 firmato dalla Fifa con Saudi Aramco. La lettera lo definisce «un clamoroso autogol». Perché Saudi Aramco non è solo una delle più grandi compagnie petrolifere del pianeta, tra le maggiori responsabili dei cambiamenti climatici. Ma è anche uno dei biglietti da visita dell’Arabia Saudita, il regime teocratico retto dal principe erede Mohammad bin Salman Al Sa’ud, uno dei migliori amici di Gianni Infantino, presidente della Fifa.

Sotto accusa ci sono quindi le responsabilità di Aramco nella produzione delle energie fossili che devastano il pianeta. E quelle di «un regime autocratico che viola in maniera sistematica i diritti delle donne e criminalizza la comunità Lgtbqi+». Il testo è firmato da diverse calciatrici, tra cui diverse nazionali spagnole, canadesi e finlandesi. E anche diverse italiane come Katja Schroffenegger (Como), Francesca Durante e Rachele Baldi (Inter), Norma Cinotti (Samp), Tecla Pettenuzzo (Napoli) e Elena Linari, capitana della Roma e della nazionale azzurra. Le calciatrici chiedono di annullare l’accordo di sponsorizzazione. E accusano la Fifa di accettare soldi che servono solo a «sviare l’attenzione dalla brutale reputazione del regime in materia di diritti umani».

La Fifa come attore economico e geopolitico

Ma la storia di amore tra la Fifa e l’Arabia Saudita ha profonde radici, economiche e geopolitiche. La multinazionale svizzera nel prossimo quadriennio mondiale conta di segnare come ricavi almeno doppio dei 7,6 miliardi di dollari esentasse dichiarati nel bilancio nel quadriennio 2018-2022. Quello concluso con i tragici mondiali di Qatar 2022. Per questo lo scorso aprile ha firmato con Saudi Aramco un accordo miliardario, le cui cifre non sono state rese note. Per ottenere la sponsorizzazione dei Mondiali di calcio maschile del 2026, che si giocheranno tra Messico, Canada e Stati Uniti, e di quelli femminili del 2027 in Brasile. Il tutto con vista 2034, quando il Mondiale maschile si giocherà proprio in Arabia Saudita – unica candidata – per una tragica replica di Qatar 2022.

Anche in Arabia infatti la manodopera che verrà impiegata nella costruzione degli stadi è per la quasi totalità composta da migranti provenienti dall’Africa e dal Sudest asiatico. Che sono oltre il 40% della popolazione del regno e, secondo Human Rights Watch e altre ong, sono sfruttati senza alcuna tutela e dignità. Basti ricordare che dopo Qatar 2022 si calcolò che furono almeno tredicimila le persone morte di fatica, fame, sete e malattie nella costruzione degli impianti e delle altre infrastrutture necessarie allo spettacolo calcistico. E che la Fifa, nonostante tutte le richieste e le pressioni, si è sempre rifiutata di assumersi le proprie responsabilità. Nonché di rendere pubbliche le indagini promosse dal suo comitato etico e di risarcire le famiglie dei lavoratori. Perché oltre all’aspetto economico c’è un aspetto geopolitico di accordi con le teocrazie del Golfo in cui il pallone, da sempre prosecuzione della politica con altri mezzi, è uno degli attori principali.

Quella foto di Gianni Infantino

La foto di Gianni Infantino, presidente della Fifa, che nel 2018 siede allo stadio di Mosca per la partita inaugurale dei Mondiali di Russia 2018 è emblematica. Di fianco a lui ci sono Vladimir Putin, per il Paese ospitante, e Mohammad bin Salman, a rappresentare la squadra dell’Arabia Saudita. Il paese che “casualmente” è stato sorteggiato per sfidare la Russia nella partita inaugurale del torneo. Perché Infantino, che ama così tanto l’odore del petrolio al mattino da avere preso la cittadinanza qatariota, è stato uno dei fautori della pacificazione tra Arabia e Qatar, con la fine del boicottaggio. Nonché della ratifica degli Accordi di Abramo destinati a pacificare i rapporti tra i regimi del Golfo e Israele. In cambio, ha ottenuto milioni di dollari da questi Paesi per il calcio. Ovvero per la Fifa, ovvero per sé stesso. Alla faccia dei disastri climatici, della repressione e del mancato rispetto dei diritti umani.

Se vogliamo assumerci anche le nostre responsabilità, è giusto sottolineare che questa lettera di j’accuse scritta da oltre cento calciatrici arriva nel silenzio totale del calcio maschile. E non solo. Arriva anche pochi giorni dopo che sei maschi bianchi in pantaloncini e maglietta si sono divisi 15 milioni di dollari. Per aver giocato a tennis in Arabia Saudita. In un torneo che nemmeno regala punti in classifica. E per questo sono stati celebrati sulle prime pagine di tutti i giornali, in particolare in Italia, dato che ha vinto Sinner. Questa esibizione è stata utilizzata dai media di tutto il mondo per celebrare indirettamente le magnifiche e progressive sorti dell’Arabia Saudita. Mentre la lettera delle calciatrici al massimo ha ottenuto un trafiletto nelle pagine interne. In Occidente i diritti umani forse interessano a molte persone, ma l’odore del petrolio piace proprio a tutti.