Qatar2022, dalla Fifa ancora nessun risarcimento per i lavoratori sfruttati o morti

Dopo le violazioni dei diritti umani a danno di migliaia di lavoratori, la Fifa appare lenta sugli indennizzi e poco trasparente

Uno dei siti dove sono morti i lavoratori per Qatar2022 © Ben Koorengevel / Unsplash

Nonostante le numerose promesse, e gli ancora più numerosi proclami, la Fifa non ha mai risarcito i lavoratori migranti sfruttati prima, durante e dopo la costruzione delle infrastrutture del Mondiale di Qatar2022. Si parla di cifre allucinanti, che vanno – secondo diverse stime – dai 6mila ai 13mila lavoratori. Morti di fatica, fame, sete e sfruttamento. I cui corpi, in alcuni casi, sarebbero stati abbandonati nel deserto o nascosti nei cantieri. E di almeno altrettanti lavoratori che si sono ammalati, sono rimasti infortunati o hanno subito abusi. Una vera e propria strage di migranti, approfittando del fatto che il loro passaporto in molti casi era stato requisito all’ingresso nel Paese. Una chiara violazione dei diritti umani. Con la complicità della Fifa e del suo presidente Gianni Infantino.

Le denunce in questo senso sono state numerose. A partire dalle inchieste giornalistiche del Guardian fino a quelle di ong come Amnesty International e Human Rights Watch. E proprio il mese scorso, nonostante le ripetute rassicurazioni che aveva fornito la Fifa, Amnesty International ha pubblicato un report e lanciato una petizione in cui afferma che la Fifa non ha ancora risarcito i lavoratori infortunati né le famiglie dei lavoratori morti. Tutto questo nonostante la multinazionale svizzera che controlla il calcio mondiale abbia messo a bilancio come ricavi provenienti dai Mondiali di Qatar2022 una cifra superiore ai 6 miliardi di euro.

Oltre a non pagare, la Fifa non rende pubblico il suo rapporto su Qatar2022

Ma non è finita qui. Perché, secondo Amnesty International, oltre a non pagare la Fifa si rifiuta di rendere pubblico il rapporto da lei stessa commissionato sulla faccenda. L’inchiesta indipendente su Qatar2022 è stata coordinata da Michael Llamas, presidente della Federcalcio di Gibilterra. Pare che nel rapporto conclusivo sia scritto a chiare lettere che la Fifa è responsabile di quello che è successo e che deve contribuire economicamente ai danni procurati. E si dice inoltre che le conclusioni dell’inchiesta siano state approvate dalla stessa Fifa nel consiglio esecutivo di marzo. Ma non possiamo esserne sicuri. Perché la Fifa non solo non ha mai reso pubblico il rapporto, ma ha nemmeno mai confermato nulla in tal senso.

«In vista del congresso annuale della prossima settimana (lo scorso maggio, ndr.), la Fifa dovrebbe rendere pubblica la revisione che ha ordinato sulle responsabilità dell’organizzazione. E sulla volontà rimediare alle violazioni dei diritti umani legate alla Coppa del Mondo del 2022. Oltre che rispondere positivamente e rapidamente alle sue stesse raccomandazioni incluse nel report», ha dichiarato Steve Cockburn, responsabile dei diritti dei lavoratori di Amnesty. Mentre un portavoce della Fifa ha risposto laconico: «Il rapporto è attualmente in fase di revisione e discussione da parte dei soggetti interessati. I risultati saranno pubblicati a tempo debito una volta completato il processo di revisione».

«La Fifa deve assumersi le proprie responsabilità nella violazione dei diritti umani»

Tra le pochissime voci del mondo del calcio che si erano alzate per chiedere conto alla Fifa delle proprie responsabilità, c’è stata lo scorso gennaio quella di Lise Klaveness, presidente della Federcalcio norvegese. La dirigente ha chiesto che venisse garantita trasparenza sull’intera operazione di Qatar2022 e ha aggiunto che il rapporto era il minimo dovuto. Per questo al congresso annuale della Fifa dello scorso maggio un portavoce della Federcalcio norvegese ha ribadito con forza che «la pubblicazionex è solo il primo passo. E i soldi devono essere rapidamente messi sul tavolo per sostenere i lavoratori e le loro famiglie». Nessun altro ha voluto commentare. La voce della Federcalcio italiana e del suo presidente Gabriele Gravina, come al solito, non è pervenuta.

«La Fifa ha in mano questo rapporto da mesi, ma non ha ancora reso noti i risultati. Questo ritardo non fa altro che prolungare la sofferenza delle famiglie che hanno perso i propri cari e dei lavoratori che hanno subito abusi, mentre si svolgeva l’evento di punta della stessa Fifa». Ha aggiunto Cockburn a margine del lancio della petizione di Amnesty. «La Fifa non può cancellare questo dolore, ma può almeno definire una strategia per garantire giustizia. E impegnare parte delle sue vastissime risorse per porre rimedio ai danni a cui ha contribuito. Un impegno in questo senso sarebbe un passo fondamentale affinché la Fifa adempia finalmente alle proprie responsabilità in materia di diritti umani».