La finanza a impatto in Italia: un settore in crescita
I numeri della finanza impatto in Italia indicano un aumento dei volumi. A spiegarlo un rapporto del centro Tiresia del Politecnico di Milano
La finanza a impatto è in crescita in Italia. Un rapporto pubblicato da Tiresia, centro di ricerca per l’innovazione e la finanza per l’impatto sociale della School of management del Politecnico di Milano, ha spiegato che il valore degli investimenti e finanziamenti volti a creare impianti positivi su società e ambiente hanno raggiunto i 9,3 miliardi di euro alla fine del 2022. Un dato in netta crescita (+33%) rispetto all’anno precedente. Nel 2021 il valore non aveva superato infatti i 7 miliardi.
Come funziona la finanza a impatto
La finanza a impatto si distingue dagli investimenti socialmente responsabili, di cui però rappresenta una componente. Essa pone criteri sociali e ambientali allo stello livello della rendita finanziaria. In questo senso, secondo il Global Impact Investing Network (GIIN), l’investimento a impatto rappresenta un’operazione «realizzata con l’intento di generare un ritorno positivo con un impatto sociale e ambientale misurabile (ad esempio, limitare il riscaldamento climatico, ridurre le disuguaglianze, aumentare l’accesso all’istruzione), assicurando al contempo un ritorno finanziario».
Proprio in ragione dei suoi obiettivi, l’investimento a impatto spesso è concepito a medio o lungo termine. Oltre ai casi citati dal GIIN, spesso si tratta di operazioni che puntano a creare posti di lavoro in zone difficili, a garantire accesso a servizi essenziali come salute o energia elettrica, o ancora a ridurre il consumo energetico.
1.063 miliardi di euro a livello mondiale
Generalmente, vengono presi in considerazione tre criteri per definire la finanza a impatto. Il primo è l’intenzionalità, ovvero la ricerca esplicita di un impatto sociale o ambientale positivo. Il secondo è l’addizionalità: l’impegno e il contributo dell’investitore a favore dei beneficiari non deve andare a detrimento di altre forme di sostegno. Infine, la misurabilità, ovvero l’adozione di obiettivi sociali e ambientali per i quali sia possibile valutare i risultati nel corso del tempo.
Stante tale definizione, l’aumento registrato in Italia non può che risultare positivo. «Gli Asset Under Management (AUM) – si legge nel rapporto GIIN – a fine 2021 risultavano pari a 1.063 miliardi di euro a livello internazionale e a 80 miliardi a livello europeo (fonte: Impact Europe). Il 75% degli AUM italiani è gestito da organizzazioni bancarie (19% del campione di operatori oggetto di indagine), il 21% da gestori di fondi a impatto (71% del campione) e il 4% da investitori istituzionali (10%)».
In Italia valutati 39 operatori, il 45% dei quali con un approccio “radicale”
Lo studio ha coinvolto in particolare 39 operatori del mercato finanziario, che rappresentano il 72% di quanti dichiarano di adottare strategie di investimento riconducibili alla finanza per l’impatto in Italia. Secondo i principi della finanza ad impatto – intenzionalità, misurabilità e addizionalità – il 45% degli operatori risulta avere un approccio di impatto radicale, ovvero di totale aderenza a questi principi; mentre il 55% ha un approccio generale.
«Ho fortemente voluto che il rapporto avesse fin dal titolo, “The Journey to Radicality”, un forte richiamo alla radicalità. Perché la radicalità è la lente con la quale abbiamo analizzato il mercato italiano della finanza a impatto», ha dichiarato Mario Calderini, docente del Politecnico di Milano e direttore di Tiresia. «Essere radicali – ha aggiunto – significa aderire rigorosamente alla triade intenzionalità-misurabilità-addizionalità. Questi criteri stringenti consentono di delineare una nicchia di mercato che rappresenta il dna più puro degli sforzi prodotti dall’industria finanziaria per contribuire alla soluzione di importanti problemi sociali e ambientali. E perché la finanza a impatto raggiunga volumi significativi e possa così migliorare, in modo consistente, la vita di quante più persone possibili, deve essere pienamente integrata in un nuovo ecosistema di economia sociale, plasmato da politiche pubbliche e animato da attori privati. Dopo dieci anni, è il momento di dirlo chiaramente: l’impatto o è politico, o non è».
«L’impatto o è politico, o non è»
Tra i 31 gestori figurano organizzazioni che gestiscono veicoli d’investimento a cui si applica la Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR). Guardando alla classificazione articolo 8 e articolo 9 dei loro veicoli, risulta che alcuni operatori (il 29%) gestiscono veicoli di investimento che sono stati classificati come articolo 8. Tuttavia il 50% ha una strategia che si allinea ai principi della finanza per l’impatto così come definita nel rapporto. Per il restante 71% di organizzazioni che gestiscono veicoli di investimento classificati articolo 9, si evidenzia al contrario un 40% che ha un approccio generalista e non aderisce ai tre principi della triade dell’impatto. «Questi risultati sollevano preoccupazioni sulla normativa Ue, che manca ancora di una classificazione precisa degli approcci orientati all’impatto», osserva il rapporto.
Tra i principali settori di interesse per gli operatori della finanza a impatto figurano la salute (68%), l’educazione (61%) a parimerito con la tecnologia (61%), l’agricoltura (61%) e l’ambiente (61%). I Sustainable Development Goals a cui gli investimenti e il finanziamento contribuiscono maggiormente sono: lavoro dignitoso e crescita economica (80%); salute e benessere (77%); riduzione delle disuguaglianze (77%); città e comunità sostenibili (77%); consumo responsabile (77%). Per il 62% degli asset manager gli aspetti finanziari e sociali hanno lo stesso peso nelle scelte di investimento. Mentre per il 21% gli aspetti sociali rappresentano la logica decisionale prioritaria.
Finanza a impatto: scienza o fantascienza?
Di finanza a impatto si parlerà venerdì 19 aprile alle ore 18 presso il Centro culturale Francesco Luigi Ferrari, Palazzo Europa, a Modena insieme a Filippo Montesi, valutatore per Human Foundation e segretario generale di Social impact agenda per l’Italia, Simone Grillo, Ufficio marketing strategico di Banca Etica, Sonia Cantoni, CdA Banca Etica. Coordina: Valentina Minarini, valutatrice sociale del Git di Modena e collaboratrice di Human Foundation.