Come la finanza cinese sostiene la deforestazione nel mondo

Le banche cinesi hanno fornito almeno 14,9 miliardi di dollari in quattro anni alle società coinvolte nell'importazione e nella produzione di materie prime responsabili della deforestazione

La foresta pluviale tropicale con nebbia mattutina situata vicino al confine tra Malaysia e Kalimantan. Il rischio deforestazione è una realtà e la finanza gioca un ruolo chiave per la sopravvivenza delle foreste © Ramdan_Nain/iStockPhoto

Le banche cinesi sono il secondo più grande finanziatore mondiale delle principali materie prime responsabili della deforestazione. E stanno dando il colpo di grazia alla foresta pluviale tropicale. Lo sostiene un nuovo studio di Forests&Finance, una coalizione di organizzazioni non governative di Stati uniti, Indonesia, Olanda, Brasile e Malaysia, che ha analizzato il periodo tra gennaio 2016 e aprile 2020.

L’impronta forestale delle importazioni cinesi

La Cina, attraverso consistenti importazioni di materie prime come soia, olio di palma, gomma e legname, ha un impatto senza precedenti su molti mercati di materie prime legati alla deforestazione e alle relative emissioni di gas serra.  È un problema globale. E le richieste di  nuove normative che impongano di ridurre l’impronta forestale arrivano da più parti. Ma, prima di ogni intervento legislativo, occorre che il settore finanziario si impegni per cambiare rotta in materia di deforestazione, mitigazione dei cambiamenti climatici e perdita di biodiversità.

Finanza e deforestazione in Cina oggi

Il nuovo studio di Forests & Finance ha dimostrato che le istituzioni finanziarie cinesi (FIs) sono altamente esposte alla deforestazione e ai relativi rischi ESG (ambientali, sociali e di governance). I prodotti “incriminati” sono carne di manzo, soia, pasta di legno e carta, olio di palma, gomma e legname. Sulla base dei dati raccolti dai database finanziari e dalle pubblicazioni aziendali, è stato stimato che tra gennaio 2016 e aprile 2020 le istituzioni finanziarie cinesi abbiano fornito almeno 14,9 miliardi di dollari in prestiti e servizi di sottoscrizione alle società coinvolte nell’importazione e nella produzione di materie prime a rischio forestale. Questo rende il Paese il secondo più grande finanziatore al mondo della deforestazione. In cima c’è il Brasile, il più grande produttore mondiale di soia e il secondo produttore di carne bovina (53 miliardi di dollari di finanziamento). Al terzo posto c’è l’Indonesia, il più grande produttore mondiale di olio di palma e uno dei maggiori produttori sia di gomma che di legname tropicale (14 miliardi di dollari).

«Dal 2015 il settore finanziario cinese ha fornito 14,9 miliardi di dollari di credito ad aziende che operano in settori con altissimo rischio di deforestazione. 198 milioni di dollari solo nella prima metà del 2020»

Forests & Finance, Chinese banks’ forest-risk financing (2021)

Il mercato della cellulosa? Il più a rischio

L’esposizione delle banche cinesi nel mercato della cellulosa e della carta in Indonesia alza l’asticella del rischio. Circa un terzo (5 miliardi di dollari) dei prestiti e delle sottoscrizioni cinesi sono rivolte a realtà che dominano il settore della cellulosa del sud-est asiatico. Come Sinar Mas Group e Royal Golden Eagle Group, che hanno una storia ben documentata di deforestazione, incendi e violazioni di diritti umani. Sebbene entrambe queste realtà affermino di voler rivedere e correggere i loro modus operandi, i loro modelli di business non sembrano essere cambiati. Ad esempio, ci sono 122 cause aperte tra le comunità locali e i fornitori di cellulosa della Sinar Mas Group, per contenziosi di proprietàRoyal Golden Eagle invece, ha firmato un impegno di “deforestazione zero” nel 2015, ma da allora collabora con un’azienda che ha disboscato oltre 7mila ettari di foresta naturale.

Ripresa aerea della raccolta di alberi per la pasta di carta a Riau Sumatra – Indonesia. © Joseph Kiesecker/iStockPhoto

Come risponde la Cina, oggi

L’esistenza di rischi ESG non è una novità per i responsabili politici e le autorità di regolamentazione cinesi. Il governo ha sviluppato numerose linee guida e iniziative, come le Linee guida per il credito verde del 2012 e le Linee guida del 2017 sulla regolamentazione del settore bancario al servizio dello sviluppo estero delle imprese e del rafforzamento del controllo dei rischi. L’obiettivo? Quello di mitigare gli impatti negativi, sia a livello nazionale che all’estero. Tuttavia, queste linee guida mancano di peso legale e l’attuazione appare debole. Numerosi clienti delle banche cinesi non sembrano soddisfare i criteri stabiliti nelle linee guida.  Inoltre, i canali di comunicazione con le istituzioni finanziarie cinesi da parte delle comunità colpite e delle altre parti interessate necessitano ancora di miglioramenti significativi. 

Quale dovrebbe essere la risposta politica della Cina?

Le attuali misure sviluppate dal governo cinese non presentano criteri dettagliati su cui le istituzioni finanziarie possano basare i propri processi di due diligence. I regolamenti governativi dovrebbero richiedere alle istituzioni bancarie cinesi di controllare le prestazioni dei loro clienti per assicurarsi che non finanzino la deforestazione. Inoltre, Forests & Finance ha progettato una serie di standard minimi basati sui tre pilastri ESG (ambiente, sociale e governance) e 34 criteri a cui le istituzioni finanziarie cinesi dovrebbero richiedere alle realtà che finanziano di corrispondere. Oltre agli standard minimi, gli istituti finanziari dovrebbero sviluppare nuovi strumenti, o rafforzare quelli già esistenti, per valutare i rischi e monitorare le attività finanziate.