FinTok: dare (e ricevere) consigli finanziari su TikTok. Quali i rischi?

Il termine FinTok indica la tendenza ad usare i social per conoscere la finanza. Gli strumenti possono essere utili, ma i rischi sono enormi

Michela Calculli
In molti, soprattutto tra i giovani, usano i social per ottenere informazioni su finanza, risparmio e investimenti © Keira Burton/Pexels
Michela Calculli
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Il nome l’ha inventato il Guardian: FinTok. Con esso si indica la tendenza sempre più diffusa a dare (e ricevere) consigli finanziari su TikTok. Quali i rischi? E cosa ne è dell’educazione finanziaria?

A che punto siamo con la cultura finanziaria in Italia?

Partiamo dal livello di cultura finanziaria nel nostro Paese, misurato nel 2° Rapporto Edufin promosso dal Comitato Edufin, organo ministeriale per la promozione dell’educazione finanziaria, e realizzato dall’istituto di ricerca Doxa. Una ricerca dal titolo “La conoscenza finanziaria come anticorpo alla vulnerabilità economica”.

I risultati raccontano un Paese in cui l’educazione finanziaria scarseggia. Il che porta gli italiani a sentirsi poco preparati sui concetti di base. Quali interesse semplice, interesse composto, e rapporto rischio-rendimento, per fare alcuni esempi. Meno della metà delle persone intervistate ammette di avere competenze adeguate. Nel dettaglio:

  • interesse semplice, 46%;
  • interesse composto, 40%;
  • rapporto rischio-rendimento, 48%.

Mentre chi conosce tutti e tre i concetti rappresenta meno di un terzo di chi ha risposto. Tre italiani su dieci, per intenderci. Dato che cala ulteriormente nella fascia di età 18-34 anni. Nella quale chi dichiara di avere le basi rappresenta meno del 20% dei rispondenti.

A chi si rivolgono gli italiani per conoscere la finanza?

E allora, posto che le nozioni sono davvero scarse, come si informano gli italiani tu temi quali gestione del denaro, risparmio e investimento?

Un cittadino su tre (il 32,3%) si rivolge ai professionisti del settore, dunque al parere esperto dei propri referenti e intermediari. Al secondo posto troviamo il passaparola di parenti e amici (17,7%). Al terzo, purtroppo un 17,4% (un intervistato su sei) risponde di non informarsi in alcun modo.

Ed è in questo contesto, come detto ancora più preoccupante per le fasce più giovani della popolazione, che si innesta un fenomeno osservato da pochissimi anni. Diciamo un paio, vista l’accelerazione portata dalla pandemia, e che il Guardian ha definito appunto FinTok.

FinTok, Fingram e divulgazione finanziaria tra pari

Perché il problema della “fame di cultura finanziaria” e di un’offerta formativa scarsa o addirittura assente presso i canali educativi tradizionali come la scuola e la famiglia, non è una questione solo italiana. Sebbene secondo i test Pisa 2018 in financial literacy dell’OCSE, il nostro Paese di certo non brilli a livello internazionale. Su un risultato medio pari a 505, i giovani italiani si sono fermati a 476.

Ma c’è chi ha intuito che fare divulgazione sui temi legati alla gestione del denaro, del risparmio e dell’investimento, potesse rappresentare un “filone minerario inesplorato” sui canali social. Dunque non solo balletti, outfit del giorno e sketch divertenti o adorabili gattini. Ma informazioni, “dritte” e metodi efficaci per prendere in mano la propria situazione finanziaria. E costruire, o ricostruire, un rapporto sano con il denaro.

FinTok o Finstagram (ma anche video divulgativi su YouTube), contenuti prodotti sui social più utilizzati soprattutto da giovani e giovanissimi, ma non solo. Contenuti che produce anche chi sta scrivendo questo articolo. Riconoscendone la notevole portata educativa soprattutto per chi non ha nessun altro strumento (comprensibile) a disposizione per iniziare a familiarizzare con temi come possono essere appunto interesse semplice, interesse composto e rapporto rischio-rendimento.

Il perché di un successo

Quali sono le ragioni del successo dei creator dediti alla divulgazione finanziaria? Provo ad individuarne alcune, sulla base della mia esperienza diretta, seppure da creator over 40 (dunque anagraficamente fuori dal gruppo):

  • condivisione della cultura finanziaria fra pari. E ne sono certa perché faccio educazione finanziaria nelle scuole superiori e un TikTok o un Reel di 30 secondi prodotti da una giovanissima divulgatrice saranno sempre più efficaci di due ore di lezione in aula. Per quanto io mi sforzi di coinvolgerli in esperienze laboratoriali;
  • quasi totale assenza di cultura finanziaria a scuola o in famiglia. Con persone giovani che arrivano impreparate ai primi impegni della vita adulta. Come la scelta di un conto corrente o la richiesta di una carta di credito;
  • velocità del mezzo di comunicazione. Che non richiede un’attenzione prolungata in una fase storica in cui le informazioni sono un flusso pressoché ininterrotto e la concentrazione un bene raro;
  • linguaggio molto più vicino a chi ascolta, osserva, legge e dunque si sente davvero destinatario del messaggio.

I creator stanno dunque semplicemente colmando un vuoto di contenuto. Peraltro su una tematica fondamentale nella vita di ognuno. Un lavoro spesso condotto egregiamente e che può avere risvolti davvero positivi e importanti. Si pensi ai giovani che si affacciano al mercato del lavoro con una maggiore consapevolezza circa il denaro di cui necessita una persona adulta per vivere, le donne che possono perseguire la propria autonomia finanziaria e in alcuni drammatici casi scoprire di essere vittime di violenza economica. Il FinTok dunque può assumere addirittura un ruolo socialmente utile

Ma non è tutto oro quello che luccica, soprattutto se parliamo di denaro.

Il lato oscuro delle informazioni in pochi secondi

C’è un passaggio delicatissimo, a mio avviso, per chi sta alimentando la propria cultura finanziaria soprattutto attraverso TikTok, Instagram, YouTube o qualsiasi altro canale di disintermediazione che può essere anche il semplice passaparola fra conoscenti.

Parlo delle rischiose “dritte” sulla gestione del denaro. E dunque anche sull’accumulo di risparmio, all’investimento. È qui che giunge l’invito alla massima cautela, s è vero che anche i professionisti della consulenza finanziaria sono tenuti per legge a valutare attentamente le competenze dei propri clienti, prima di proporre loro dei prodotti su cui investire.

Parlo della MIFID2, la Markets in Financial Instruments Directive. Si tratta di una direttiva europea sui servizi finanziari. Che, tra l’altro, impone a chi opera nel settore finanziario di avere le competenze adeguate alla complessità da gestire. E di conoscere e riconoscere competenze ed esigenze del cliente.

Un settore complesso, quello della finanza. Il cui desiderio di disintermediazione e di democaticizzazione è comprensibilissimo. Ma che proprio perché riguarda il denaro, dunque il sostentamento di individui e famiglie, può diventare anche molto pericoloso.

Giovani, trading, crypto e salti nel buio

Tengo lezioni nelle scuole superiori, dicevo. E in un faticosissimo pomeriggio in cui cercavo di spiegare ad un gruppo di future artigiane di un istituto professionale la differenza tra bancomat, prepagata e carta di credito, una di loro ha alzato la mano e mi ha detto: «Prof., il mio ragazzo mi ha detto che con le criptovalute si fanno un sacco di soldi, è vero?».

Come detto, la partita fondamentale su disintermediazione e democraticizzazione della finanza si gioca tutta qui. Nelle decisioni di investimento che possono essere prese su basi tutt’altro che solide ma facilmente accessibili.

Facendo un velocissimo giro su Twitter e cercando l’hashtag #crypto, si può tracciare quasi un identikit di produttori e destinatari dei messaggi che passano in pochi caratteri. Giovani, maschi, bianchi. Cn un enorme senso della community e un vocabolario aggressivo ed escludente. Il tutto in un ambito, quello delle criptovalute, che rappresenta assolutamente il futuro (già presente) con cui confrontarsi. Ma che richiede enormi competenze su tre diversi fronti: finanziario, ma anche tecnico-informatico e giuridico (e parliamo di diritto internazionale).

Da TikTok alla app di trading in un click

Ma come detto ormai nel giro di pochi secondi posso trovare una dritta su TikTok. Poi aprire la mia app di trading e comprare o vendere liberamente.

Soltanto che è lì che le informazioni potrebbero perdere di utilità per chi le fruisce o addirittura di trasparenza. E diventare messaggi pericolosi, con promesse di facili guadagni che portano a comportamenti speculativi che possono far male all’economia reale in generale e alle finanze personali in particolare.

Non vado oltre perché voglio mostrare gli effetti della semplicità di accesso attraverso un reportage del programma “Spotlight” di RaiNews24 dal titolo L’isola del tesoro: pirati e corsari del trading online. Le basse barriere all’entrata, se portano Davide ad avere la possibilità, prima offerta ai pochi Golia, di accedere agli investimenti speculativi con alti rendimenti, possono anche condurre a conseguenze estreme del tutto simili a quelle che coinvolgono individui e famiglie alle prese con la ludopatia.

Nella finanza, soprattutto nel trading, bisogna ricordare due semplici concetti:

  • tra Davide e Golia, Golia ha più risorse: tempo, denaro da scommettere (e perdere senza gravi conseguenze) e informazioni (basta ricordare come è andata a finire la vicenda GameStop);
  • per investire in attività molto rischiose, bisogna avere del denaro da perdere, dunque sarebbe meglio evitare di destinare a queste attività tutti i risparmi di una vita.

FinTok da maneggiare con cura

In quanto a mia volta creator credo moltissimo nella divulgazione tra pari della cultura finanziaria. Nell’opportunità fornita dai canali del digitale per arrivare con contenuti importanti al maggior numero di persone possibili. Soprattutto quelle che normalmente non vengono raggiunte da nient’altro. Penso a giovani, donne, persone con titoli di studio medio-bassi.

Sono convinta che la finanza usata eticamente possa produrre benefici notevoli alla collettività come pure ai singoli. Ma penso anche che i contenuti veloci, accattivanti e interessanti fruiti su TikTok, Instagram o altri canali informativi debbano essere un punto di partenza e non di arrivo. Che un Reel debba fungere da stimolo per un approfondimento e per la ricerca della complessità. E non debba rappresentare la base su cui prendere delle decisioni che possono cambiarci la vita (nel bene ma soprattutto nel male).

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Google classifica i contenuti legati alla finanza personale con l’acronimo YMYL © Roman Boed/Pxhere

C’è un concetto molto importante con cui vorrei chiudere: Google classifica i contenuti legati alla finanza personale con l’acronimo YMYL, Your Money Or Your Life. Cosa significa? Nelle linee guida pubblicate da Google nel 2021 per gli individui che si occupano di valutare la qualità dei contenuti che appaiono sul motore di ricerca, per la prima volta il colosso di Mountain View menziona l’acronimo YMYL. Spiegando che si tratta di contenuti estremamente delicati e che hanno bisogno di particolari competenze per essere trattati sul web (la traduzione dell’acronimo è infatti “i tuoi soldi o la tua vita”).

Dunque dal 2021 sappiamo ufficialmente che Google impone, a chi fa controlli sui contenuti, che quelli legati alla finanza personale o alla salute, ad esempio, siano prodotti in modo che emergano chiaramente competenza, autorevolezza e affidabilità.

Ovviamente la disinformazione non è scomparsa dai risultati di Google, ma quantomeno si manifesta la necessità di un maggior controllo su temi delicatissimi. Ed è auspicabile facciano lo stesso anche tutte le altre piattaforme, per non lasciare libero spazio a chi sotto un video accattivante e coinvolgente nasconde rischi finanziari insostenibili per la propria audience.