Imprese recuperate, la lezione della Fonderia Dante (anche alle banche)
La storica azienda veronese era destinata a chiudere: invece è rinata diventando cooperativa. Si è rinnovata, conquistando i mercati esteri. Nonostante lo scetticismo del settore creditizio
È solo una storia di lavoro, ma non è una storia come tante. Sarà per la fatica (il labor latino) e per i tuoni delle mazze sul metallo, per il rombo ottocentesco delle macchine, per il calore della fusione o per il fumo che l’immaginario della fonderia restituisce, ma la resurrezione imprenditoriale della Cooperativa Fonderia Dante (CFD) e dei suoi operai, oggi soci lavoratori, conserva un’epica che affascina.
Tecnicamente è un caso tipico di workers buyout (wbo o anche impresa recuperata): un’azienda riacquistata e salvata dai lavoratori. Uno dei 226 casi che, dal 1986 al 2017, Cooperazione Finanza e Impresa (Cfi) ha reso possibile con l’erogazione dei propri fondi, in due fasi di intervento differenti. Ovvero prima e dopo le «modifiche intervenute nel quadro legislativo (Legge Marcora) e nelle modalità di finanziamento», con 161 imprese sostenute sino al 2001 e altri 65 da lì al 2017.
Tra impatto sociale e ambientale
Dietro la storia di Fonderia Dante c’è anche un altro “zampino”: è infatti una delle 37 operazioni simili nelle quali Banca Etica ha investito 9,6 milioni di fidi iniziali concessi e 16,4 milioni di euro di fidi ancora in essere, per 960 soci iniziali delle imprese neonate.
Il coinvolgimento, quello della banca padovana, in questo caso è rilevante perché l’intervento su CFD è stato fatto dopo una particolare valutazione: l’anima green dell’istituto, e la sua naturale inclinazione verso l’investimento con impatto sociale positivo (entrambe linee guida imprescindibili nell’indirizzo delle risorse dell’istituto di credito), si sono infatti scontrate, in sede di discussione, con la ridotta eco-compatibilità di una fonderia vecchio stampo.
Un dissidio comprensibile e interessante di per sé, viste le dinamiche decisionali di una banca “etica”. Alla fine il finanziamento a CFD è stato concesso: la delibera è stata approvata valutando come prioritario il grande impatto sociale positivo. Ma l’esito è seguito a un’approfondita discussione e valutazione, ed è stato condizionato dal fatto che il progetto prevedesse un piano di miglioramento delle performance energetiche e ambientali dell’azienda, da perseguire anche attraverso il rinnovo dei macchinari. Già in parte realizzato.
Dalla chiusura alla cooperativa, da dipendente a socio
La Fonderia Dante conta attualmente 71 soci lavoratori (già 9 in più dei 62 che avviarono la cooperativa a luglio 2017). Insieme hanno creduto nella rinascita di ciò che era la divisione di un marchio storico e famoso nel settore caldaie, la Ferroli di San Bonifacio (Vr), che è passato da una grave crisi finanziaria e, una volta acquistato da un fondo, ha avviato una ristrutturazione che prevedeva la dismissione della fonderia.
Una prospettiva di perdita del lavoro per 160 dipendenti, che si è tramutata in una scommessa vinta quando una decina di loro ha cominciato a informarsi sull’opzione del wbo, e 62 hanno investito la propria indennità di mobilità anticipata e le liquidazioni per formare una nuova impresa. Una cooperativa, questa volta, che nel nome rievoca il fondatore Dante Ferroli, e si è costituita grazie all’impulso di Legacoop e al sostegno finanziario ottenuto da Cooperfond e Cfi, grazie alla legge Marcora, nonché all’impegno delle banche (oltre a Banca Etica e una cassa rurale del territorio). E sotto la guida di un nuovo management esperto.
Nuovo management e finanziamenti certi
L’attuale amministratore delegato, Erasmo D’Onofrio, ricorda le criticità trascorse e le soluzioni che hanno consentito alla cooperativa di festeggiare il secondo compleanno con 15 milioni di fatturato: «Abbiamo trovato all’inizio una situazione peggiore di quella che ci aspettavamo. Ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo cominciato a mettere a posto macchine e processi. Ma un’azienda, per fare questo, ha bisogno di cassa e finanziamenti. Le banche tradizionali guardando la storia di questa fonderia, che si configurava come una startup a tempo zero, proveniente da una società semi-fallita, hanno girato le spalle a uno splendido progetto. Banca Etica ci ha dato un equilibrio che ci consente di rinnovare i macchinari. In totale ci ha finanziato per 1 milione di euro, incluso l’anticipo delle tredicesime per 200mila euro».
Denaro necessario a garantire la continuità aziendale, specialmente in principio, ma anche per poter cogliere le occasioni di investimento. Come è accaduto quando CFD ha potuto approfittare delle difficoltà di un’analoga fonderia in Belgio. «Abbiamo capito che la vita per questa azienda belga sarebbe stata breve. Ma c’erano dei macchinari molto importanti per noi, di 30 anni più giovani dei nostri e seminuovi sul posto. Abbiamo parlato con Il curatore fallimentare e siamo riusciti a portarli a casa». Macchinari a controllo numerico arrivati in Italia, aggiornati dal punto di vista del software e ristrutturati grazie ai finanziamenti ricevuti.
La fonderia cambia pelle, coi suoi operai, puntando su estero e innovazione
Le difficoltà non sono certo mancante. A partire dall’esigenza di dover investire su macchine moderne, attuando una faticosa ma indispensabile formazione degli operai – puntando soprattutto sui più giovani – e inducendo tutti a cambiare una mentalità forgiata in una vita da dipendenti dello stesso “padrone”. La Cooperativa Fonderia Dante comunque di strada ne ha fatta. E ha messo in campo a tempo di record una strategia di sviluppo industriale che l’ha portata innanzitutto a trasformarsi in un’azienda terzista, che realizza i suoi prodotti in ghisa per chi distribuisce caldaie. Ha poi diversificato l’attività, spostando una buona quota dei suoi proventi sulla fornitura di dischi freno per la Brembo, tanto per iniziare.
«Oggi – diceva D’Onofrio ormai qualche tempo fa – stiamo partendo per Orlando, negli USA, per presentare un prodotto in anteprima mondiale, una caldaia a condensazione in ghisa. Per quanto ne sappiamo, non esiste un prodotto similare. E abbiamo deciso di lanciarlo in quello che è il mercato di innovazione per eccellenza, in una fiera di settore dove arriviamo con qualcosa che appartiene al core business dell’azienda. Data la crisi di molti mercati mediorientali a causa dei conflitti, dobbiamo essere assolutamente presenti in Russia e Stati Uniti, perché al momento operiamo su tutto il Medio Oriente, in Francia, in Belgio, e un po’ in Germania». Niente male per una fonderia che sembrava destinata a chiudere.