I colossi delle fossili chiedono 4 miliardi di euro ai governi!

Cinque compagnie hanno chiesto un maxi-indennizzo ai governi europei per i piani di transizione ecologica. Incommentabile

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Una piattaforma petrolifera © keridjackson/Pixabay
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Ricordi l’affare “cum-ex”? Si tratta di una frode fiscale sui dividendi che ha colpito numerosi Stati dell’Unione europea, e che è costata ai contribuenti decine di miliardi di euro. L’ex controllore fiscale (diventato avvocato) Hanno Berger, sospettato di essere uno dei principali responsabili dello scandalo, è comparso per la prima volta, lunedì 4 aprile, in un tribunale tedesco. È accusato di aver aiutato alcune banche ad organizzare tale frode su larga scala. Un processo da seguire con attenzione, visto il calibro dei soggetti che potrebbero essere coinvolti.

Ma spostiamoci dalla Germania alla Francia per un altro potenziale scandalo. Stavolta nel mirino c’è il colosso della ristorazione McDonald’s: alcuni sindacati brasiliani e transalpini hanno depositato una denuncia con la quale si accusa la catena di non aver vigilato sulle catene di approvvigionamento. Nelle quali si sarebbero verificati casi di lavori forzati, di stalking sessuale o ancora di abusi di pesticidi. La divisione francese del gruppo ha rigettato ogni accusa e ha annunciato la prossima pubblicazione di un rapporto ad hoc.

Alla giustizia, nel frattempo, fanno ricorso anche i colossi delle fossili. Cinque di loro, tra i quali nomi noti come RWE, Uniper e Rockhopper hanno deciso di avviare un’azione legale contro quegli Stati europei che si sono permessi di adottare piani di transizione energetica che prevedono il progressivo abbandono di carbone, petrolio e gas. Proprio così: i giganti del settore non ci stanno e, anziché attrezzarsi per fare anche loro una transizione interna, senza alcuna vergogna lanciano un’iniziativa aberrante. L’obiettivo? Ottenere un indennizzo per le perdite, quantificato in modici 4 miliardi di dollari.

La sorte delle fossili, però, resta segnata. Lo conferma la vicenda dell’oleodotto Eacop di Total Energies in Uganda. Dopo Swiss Re, Zurich e Axa e Scor, anche il riassicuratore tedesco Hannover Re ha affermato di non voler avere a che fare con il progetto. Di fronte all’East African Crude Oil Pipeline hanno voltato le spalle anche una quindicina di banche, tra le quali Barclays, HSBC e BNP Paribas.

L’energia, d’altra parte, ridisegnerà la geopolitica internazionale, come comincia a fare la guerra in Ucraina. Sappiamo che tra le sanzioni imposte alla Russia dall’Occidente c’è stato il distacco dalla rete di messaggistica interbancaria Swift. Secondo quanto riportato da Bloomberg, l’India potrebbe accogliere una richiesta giunta direttamente da Mosca e cominciare a sua volta un sistema alternativo. Quest’ultimo è stato sviluppato dalla stessa Russia e il governo di Nuova Delhi potrebbe adottarlo, pur di continuare a rifornirsi di materie prime e armi.

Intanto i cittadini russi cercano di sopperire al crollo del rublo con le criptovalute. I volumi di acquisto registrati sono stati particolarmente alti. I rischi altrettanto. Lo sa il Parlamento europeo che ha votato il 31 marzo un progetto che obbligherà le piattaforme a raccogliere informazioni sulle transazioni, in ottica anti-riciclaggio. I deputati vogliono porre fine al “far west” delle criptomonete. Il settore considera la normativa troppo stringente. Ovviamente.