Clima, i mari ci sommergeranno. Di quanto dipende da noi

Uno studio del Potsdam Institute for Climate Impact Research prevede un innalzamento del livello degli oceani di 1,3 metri entro la fine del secolo

Il riscaldamento globale potrebbe far salire il livello degli oceani di 1,3 metri entro la fine del secolo © go_greener_oz/Flickr

Il riscaldamento globale potrebbe far salire il livello degli oceani di 1,3 metri entro la fine del secolo. Ciò sulla base di un aumento della temperatura media globale di 3,5 gradi, rispetto ai livelli pre-industriali. Il che significherà uno sconvolgimento epocale della geografia dell’intero Pianeta, a causa delle numerose terre che verranno sommerse. 

«C’è troppa luce dentro la stanza, questo caldo che avanza io non dormirò»

A spiegarlo è uno studio del Potsdam Institute for Climate Impact Research, pubblicato dalla rivista scientifica Climate Atmospheric Science e curato da un gruppo di 106 scienziati di tutto il mondo. Le cui proiezioni arrivano anche all’anno 2300: a quel punto, se non si agirà in tempo per diminuire le emissioni di gas ad effetto serra, la fusione dei ghiacci artici e della Groenlandia potrebbe provocare un innalzamento del livello dei mari di 5 metri.

«Volevo dirti tante cose ma non so da dove/Iniziare/Mentre cerco il mare»

L’Accordo di Parigi è un documento d’intesa tra le nazioni facenti parte dell’UNFCCC che è stato raggiunto nel 2015 al termine della Cop21.Approfondisci

Ma non è tutto. Anche prendendo in considerazione lo scenario più ottimistico, con un calo delle emissioni di gas ad effetto serra in grado di far centrare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi – ovvero non superare un riscaldamento globale di 2 gradi centigradi – nel 2300 i mari cresceranno di 2 metri. Per comprendere cosa ciò comporti, basti pensare che circa 770 milioni di persone sulla Terra vivono a meno di 5 metri al di sopra del livello del mare. Parliamo del 10% della popolazione mondiale

«Vorrei portarti al mare, anzi, portarti il mare»

Le stime del Potsdam Institute rappresentano un allarme inedito, poiché si discostano nettamente da quelle precedenti: «È chiaro – ha commentato all’agenzia AFP Stefan Rahmstorf, co-autore dello studio – che le ipotesi indicate in passato erano troppo prudenti». Il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (IPCC), ad esempio, aveva parlato di una crescita sensibilmente inferiore, in funzione dei differenti scenari presi in considerazione. «Ma le loro previsioni sono spesso caute, il che li ha già costretti a rivederle a più riprese», ha osservato Rahmstorf.

Citazioni musicali: «La musica non c’è», Coez, 2017

Questo articolo è stato pubblicato in 11 anni – storie e approfondimenti sulla crisi climatica, la newsletter che Valori.it invia ogni venerdì. Se vuoi riceverla iscriviti alla newsletter e seleziona “Ambiente” tra i tuoi interessi.