Fotovoltaico di perovskite, il futuro del solare è (quasi) pronto
Le celle fotovoltaiche in perovskite potrebbero essere presto commercializzate: i test in laboratorio sono più che promettenti
Le celle fotovoltaiche di perovskite sono sempre più vicine alla commercializzazione e potrebbero ben presto battere quelle di silicio per costo ed efficienza. Se infatti uno dei maggiori ostacoli è l’instabilità del composto chimico, che comporta un precoce degrado del materiale, ogni mese che passa i risultati della ricerca nel settore sono sempre più promettenti.
Cosa sono e come funzionano le celle fotovoltaiche di perovskite
Un team di scienziati dell’università di Toledo (Ohio, Stati Uniti) ha di recente pubblicato uno studio su Science che dimostra che l’aggiunta della molecola Dppp è in grado di rendere la struttura delle celle molto più resistente e duratura. Nella simulazione in laboratorio, le celle trattate con la Dppp hanno infatti mantenuto un’elevata efficienza di conversione dell’energia solare dopo oltre 3.500 ore (più di 145 giorni).
I risultati dello studio, uniti al basso costo dei materiali e alla larga disponibilità degli elementi chimici che compongono la perovskite, fanno sperare che i moduli fotovoltaici a base di silicio – che oggi dominano la quasi totalità del mercato – possano ben presto essere superati da un’alternativa ancora meno costosa. Dando un’ulteriore spinta alla diffusione del fotovoltaico in tutto il mondo.
La perovskite ha infatti costi molto bassi e, al contrario del silicio, non richiede lavorazioni industriali energivore. Ecco perché «i risultati dell’Università di Toledo e di tante altre ricerche condotte negli ultimi mesi, spingono a pensare che tra qualche anno potremo trovare in vendita i primi moduli tandem perovskite-silicio», afferma Maurizio Acciarri, professore associato della Bicocca e membro del comitato scientifico del Centro Milano-Bicocca per lo Studio di Materiali, Processi e Dispositivi per l’Energia Solare (MIB-SOLAR).
La corsa della perovskite
Il primo paper accademico sull’uso della perovskite nelle celle fotovoltaiche risale al 2010, e da allora si è registrato un boom di studi scientifici sull’argomento. Fin dagli anni Novanta, la ricerca sui fotovoltaici è finalizzata a trovare un’alternativa più efficiente al silicio, che però non superi i suoi costi. «L’equazione che detta le regole è euro/watt: ovvero, quanto costa rispetto a quanto produce», spiega Acciarri.
Fino ad oggi il silicio non ha avuto nessun competitor: con un’efficienza di circa il 25% sui moduli, domina il 95% del mercato del fotovoltaico, con il rimanente 5% coperto da pannelli di tellururo di cadmio e di CIGS (rame, indio, gallio e selenio), che però non hanno mai eguagliato il silicio in termini di efficienza.
Il competitor ora invece sembrerebbe esserci, come mostra anche un grafico del National Renewable Energy Laboratory, che evidenzia la crescita dell’efficienza delle celle di perovskite e dei tandem perovskite-silicio dal 2013 ad adesso.
Dopo pochissimi anni di ricerca nell’ambito, le celle di perovskite hanno già oggi un’efficienza poco più bassa del silicio e quelle in tandem perovskite-silicio lo superano. Inoltre, «il silicio viene studiato fin dagli anni Sessanta, quindi siamo solo agli albori della scoperta delle potenzialità dei composti di perovskite», commenta Acciarri.
Quella dell’università di Toledo è una delle ricerche che testimoniano il fermento che attualmente la perovskite ha scatenato nel settore. Il 23 gennaio scorso è stata la volta di un altro studio pubblicato da Science e coordinato da Antonio Abate (università Federico II) in collaborazione con l’Helmholtz-Zentrum Berlin für Materialien und Energie.
Anche in questo caso, il team di scienziati mirava a superare il problema dell’instabilità del composto con l’aiuto di altre molecole. I ricercatori hanno simulato un’esposizione delle celle a un anno di luce solare osservando che, con l’aggiunta di un particolare polimero, mantenevano il 96% della loro efficienza iniziale.
Gli ostacoli alla commercializzazione
Attraverso l’aggiunta di particolari molecole, le recenti ricerche hanno dimostrato di saper fornire una soluzione alle diverse problematiche legate all’instabilità delle celle in perovskite – la loro particolare sensibilità a umidità, luce ultravioletta e temperature estreme. Rimane come fonte di timore la presenza del piombo, ma, precisa Acciarri, “anche su questo la ricerca sta facendo passi da gigante, con ottimi risultati nel prevenire potenziali rischi di contaminazione ambientale attraverso una maggiore qualità dell’incapsulamento”.
A conti fatti, nelle sperimentazioni scientifiche i potenziali ostacoli sono già stati tutti superati. Ciò che manca per una commercializzazione su larga scala delle celle in perovskite è il passaggio dai centri di ricerca alle industrie: ad oggi i pannelli realizzati si trovano nei laboratori e in grandi istituti di ricerca ma non esiste ancora una produzione avviata. Si tratterebbe quindi solamente di attendere l’avvio di una filiera manifatturiera, e nel giro di una manciata d’anni potremmo trovare in vendita i primi pannelli, a partire in primis dalle celle tandem perovskite-silicio, quelle al momento più performanti.
Che ruolo avrà la perovskite
«Non penso che il silicio verrà mai sostituito del tutto», sostiene Acciarri, «si tratterà piuttosto di un’integrazione tra i due materiali». In particolare, a differenza del silicio, la perovskite è indipendente dalle diverse angolazioni di incidenza solare, quindi si potrebbe ipotizzare che vengano usati in parallelo il silicio per i pannelli sui tetti e la perovskite per tutte le altre superfici che non ricevono luce diretta.
L’Europa sta puntando moltissimo su questo promettente composto chimico perché vorrebbe diventare leader in uno dei settori del fotovoltaico. La produzione del silicio avviene tutta al di fuori dei suoi confini. Mentre invece è proprio nell’Unione europea che sono nate le ricerche sulla perovskite. In Italia, ad esempio, è presente uno dei più importanti centri di ricerca, il Centre for Hybrid and Organic Solar Energy (CHOSE), fondato dalla Regione Lazio e dall’università Tor Vergata nel 2006. «Nel campo della ricerca sul fotovoltaico oggi la parola chiave è perovskite» conclude Acciarri, «e l’Europa vuole competere per guidare a livello globale uno dei settori cruciali per la transizione energetica».
Marianna Usuelli è responsabile comunicazione di ènostra