Giornali e televisioni sono più attenti alla crisi climatica, ma ne nascondono i responsabili

Aumenta lo spazio che giornali e televisioni italiani dedicano alla crisi climatica. Tuttavia l'influenza delle aziende inquinanti rimane alta

Greenpeace e Osservatorio di Pavia hanno aggiornato lo studio su come giornali e televisioni trattano il tema della crisi climatica © artisteer/iStockPhoto

L’estate più calda nella storia dell’Italia, dopo quella del 2003. Incendi in tutta Europa, con situazioni particolarmente critiche in Francia. Trombe d’aria e inondazioni. Siccità prolungata che ha messo in seria difficoltà i maggiori fiumi europei, compreso il nostro Po. Nei primi sette mesi del 2022, secondo Legambiente, nel nostro Paese si sono registrati 132 eventi climatici estremi, numero più alto della media annua dell’ultimo decennio. Con pesanti conseguenze sulla salute, l’agricoltura, la produzione di energia.

Eppure, sui quotidiani e in televisione la crisi climatica continua a trovare poco spazio e viene raccontata dai media italiani come se non avesse responsabili.  A riprova dell’enorme influenza esercitata dall’industria dei combustibili fossili sul mondo dell’informazione. È quanto emerge dal nuovo studio che Greenpeace Italia ha affidato all’Osservatorio di Pavia, un istituto di ricerca specializzato nell’analisi della comunicazione.

Il monitoraggio di giornali e televisioni

Lo studio aggiorna i risulti della ricerca avviata lo scorso gennaio. Sotto esame le edizioni cartacee dei cinque quotidiani nazionali più diffusi (Corriere della Sera, la Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire, La Stampa), i telegiornali serali delle reti Rai, Mediaset e La7 e un campione di programmi televisivi di approfondimento. Obiettivo: esaminare in quale modo viene raccontata la crisi climatica.

I risultati mostrano come nel secondo quadrimestre dell’anno i principali quotidiani italiani abbiano pubblicato in media tre articoli al giorno in cui si parla esplicitamente della crisi climatica (si va dai 2,5 articoli al giorno di Repubblica e La Stampa, ai 3,5 di Avvenire). Si tratta di un aumento significativo rispetto al primo quadrimestre, con un picco nel mese di luglio, dovuto soprattutto alle preoccupazioni per la siccità e per le ondate di calore che hanno colpito l’Italia. Ma ancora distante dall’attenzione che meriterebbe l’emergenza ambientale più importante della nostra epoca. 

Ampio spazio alle pubblicità di aziende responsabili della crisi climatica

Si conferma invece l’ampio spazio offerto dai giornali alle pubblicità dell’industria dei combustibili fossili e delle aziende dell’automotive, aeree e crocieristiche. Tra i maggiori responsabili della crisi climatica. Sul Sole 24 Ore si contano quasi 5 pubblicità di queste aziende inquinanti a settimana, mentre la media su tutti i giornali è di oltre 3 pubblicità a settimana.

L’influenza del mondo economico sulla stampa emerge anche esaminando il modo in cui i principali quotidiani italiani raccontano la crisi climatica. Negli articoli dedicati al riscaldamento del Pianeta, infatti, le aziende si confermano il soggetto che ha più voce in assoluto (16,3%), superando gli esperti (15,3%), i politici (12,8%) e le associazioni ambientaliste (12,2%). 

Telegiornali e programmi di approfondimento

Per quanto riguarda la televisione, invece, le immagini drammatiche della siccità e della tragedia della Marmolada hanno favorito la crescente copertura da parte dei telegiornali di prima serata, dove si è parlato di crisi climatica in circa il 2,5% delle notizie trasmesse. Il TG1 è il telegiornale che ha dedicato più attenzione al problema, mentre peggio di tutti ha fatto il TG La7 di Enrico Mentana, che ha trattato di cambiamenti climatici appena una volta a settimana. 

Più confortante l’operato dei programmi televisivi di approfondimento. La crisi climatica ha trovato spazio in 104 delle 385 puntate monitorate nei quattro mesi dell’indagine, pari al 27% del totale. Si tratta di un deciso incremento rispetto al primo quadrimestre dell’anno, quando si era parlato di crisi climatica in appena il 6% delle puntate. La trasmissione più virtuosa è Unomattina di Rai1, mentre in fondo alla classifica si piazzano le due trasmissioni di La7 monitorate: L’Aria che tira e Otto e mezzo/In onda.

Considerando che i risultati peggiori sono ottenuti dal TG e dai programmi di approfondimento di La7, e che la linea editoriale di questo canale televisivo privilegia il racconto della politica, i risultati appaiono come una conferma indiretta che i politici italiani non si interessano al tema della crisi climatica. Come già dimostrato dalla sostanziale assenza della crisi climatica dai discorsi dei leader di partito durante l’ultima campagna elettorale

L’influenza delle aziende responsabili della crisi climatica è un problema strutturale

«La maggiore attenzione mediatica osservata nel secondo quadrimestre dell’anno è un segnale positivo, ma purtroppo si deve in gran parte agli impatti ormai visibili che la crisi climatica ha sul fragile territorio italiano, in un crescendo di danni e vittime che risulta ancora più insopportabile al cospetto dell’inazione della politica», dichiara Giancarlo Sturloni, responsabile della comunicazione di Greenpeace Italia.

«Si conferma inoltre un problema strutturale l’influenza che le aziende del gas e del petrolio esercitano sulla stampa italiana, pericolosamente dipendente da inserzioni pubblicitarie infarcite di greenwashing che inquinano l’informazione e impediscono all’opinione pubblica di conoscere la verità sull’emergenza climatica», prosegue Sturloni. «Lo dimostra anche il fatto che le fonti fossili e le aziende del gas e del petrolio sono citate raramente tra le cause del riscaldamento globale, pur essendone i principali responsabili: nel racconto dei media, la crisi climatica resta in gran parte un delitto senza colpevoli».

La classifica aggiornata

In base ai risultati dello studio, Greenpeace ha aggiornato la classifica dei principali quotidiani italiani, valutati mediante cinque parametri:

  1. quanto parlano della crisi climatica;
  2. se tra le cause citano i combustibili fossili;
  3. quanta voce hanno le aziende inquinanti;
  4. quanto spazio è concesso alle loro pubblicità;
  5. se le redazioni sono trasparenti rispetto ai finanziamenti ricevuti dalle aziende inquinanti.

Quest’ultimo parametro è stato valutato con un questionario che Greenpeace ha inviato ai direttori delle cinque testate, a cui ha risposto parzialmente solo Avvenire.

classifica giornali greenpeace

Considerando la media dei cinque parametri, Avvenire raggiunge la sufficienza (3,2 punti su 5), scarsi invece i punteggi di La Stampa (2,6) e Repubblica (2,4), mentre in fondo alla classifica si trovano il Corriere e Il Sole 24 Ore (2,2).

La classifica dei quotidiani e il monitoraggio dei media fanno parte della campagna “Stranger Green” promossa da Greenpeace Italia. Un’iniziativa contro il greenwashing e le false soluzioni che ritardano le azioni necessarie per affrontare la crisi ecologica e climatica.