A quasi 30 anni dalla strage di Capaci, cos’è la legalità?
Corruzione, illegalità, mafie, economia e finanza. Ogni martedì il commento di Rosy Battaglia
«Io, Rosaria Costa, vedova dell’agente Vito Schifani mio, a nome di tutti coloro che hanno dato la vita per lo Stato, lo Stato…, chiedo innanzitutto che venga fatta giustizia, adesso». Si avvicinano le celebrazioni della Giornata della Legalità che cade il 23 maggio, anniversario della strage di Capaci, in cui morirono, 29 anni fa, il giudice Giovanni Falcone, la sua compagna anch’essa magistrato, Francesca Morvillo, gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Chi appartiene alla generazione boomers o alla generazione X, ha un proprio ricordo di quelle terribili giornate. Io ripenso spesso alle parole della vedova di Vito Schifani, Rosaria Costa, durante i funerali nella Cattedrale di Palermo. Quella sospensione sulla parola “Stato”, sul chi è morto per onorarlo, nell’Italia odierna che, allora come oggi, non ha bisogno di eroi, ma solo di gente onesta che faccia il proprio dovere, mi ha fatto interrogare sul senso civico che dovrebbe animarci.
Ma che cos’è la legalità? È un concetto che dobbiamo delegare? Chi costruisce, chi pratica la legalità? Solo gli uomini dello Stato onesti e probi? Non è un concetto che dovremmo fare nostro, esercitando i nostri diritti e doveri civici? «Il concetto di legalità non coincide necessariamente con la giustizia né con gli interessi generali. La legalità è un prodotto della socialità», afferma Fabio Giglioni, professore di Diritto amministrativo, su Labsus. Come non essere d’accordo.
Ecco. Il quadro tracciato nei confini di questa rubrica fornisce, ahimè, un’Italia poco «redenta». Dove l’illegalità, la violazione delle regole, anche da parte delle stesse Istituzioni è ancora alta. Dove la corruzione va di pari passo con la mancanza di trasparenza. Dove la zona grigia è sempre più ampia, dove il dibattito pubblico e la partecipazione civica sono vissuti ancora come un peso.
Dove l’economia illegale sovrasta quella legale e sottrae risorse al bene comune, a tutti noi. Nel ricordo di chi è morto per onorare, con il proprio lavoro e impegno, lo Stato, contro le mafie e la corruzione, interroghiamoci, ma diamo corpo quotidiano ad un concetto che altrimenti rischia di rimanere vuoto. Non è facile, certo. Parafrasando Giorgio Gaber, «se potessi mangiare un’idea avrei fatto la mia rivoluzione».