Come Google potrebbe costringere l’Uruguay a vivere senza acqua

L'Uruguay sta vivendo una crisi idrica senza precedenti, provocata dalla crisi climatica e che potrebbe essere esacerbata dal colosso Google

Filippo Menci
A Montevideo l'acqua è diventata un bene raro © oliver de la haye/iStockPhoto
Filippo Menci
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Se l’acqua scarseggia si disseteranno prima le macchine e poi le persone. Non si tratta di una legge della robotica che appartiene a un futuro lontano, scritta da un’intelligenza artificiale che ha soggiogato l’umanità. In Uruguay queste parole inquietanti descrivono ormai una prospettiva concreta, affatto lontana nel tempo. Decisa dagli esseri umani: uomini di governo e d’impresa.

Campagna del ministero dell’Ambiente dell’Uruguay

Il governo è quello conservatore guidato dal presidente Luis Lacalle Pou. L’impresa è la statunitense Google. Insieme hanno raggiunto un accordo per costruire un data center che, una volta in funzione, metterà server e popolazione in diretta competizione per l’accesso all’acqua potabile. Una risorsa che già scarseggia a causa della crisi climatica, ma non solo. Secondo quanto affermato dallo stesso governo, il Paese sudamericano sta affrontando la «peggiore siccità degli ultimi 74 anni». La situazione è talmente grave che da mesi l’acqua dei rubinetti della capitale Montevideo e dell’area metropolitana viene dall’estuario del rio della Plata. È salata e imbevibile.

Il progetto secondo i dati del ministero dell’Ambiente

Nel 2021 è stato reso noto che il motore di ricerca statunitense aveva acquistato 29 ettari di terreno nel Parque de las Ciencias, zona franca del dipartimento di Canelones, nel sud del Paese. I data center sono la parte fisica di internet: i luoghi che ospitano l’immensa quantità di informazioni alle quali gli utenti accedono quotidianamente. Chat, immagini e siti web esistono nei server sparsi in giro per il mondo, (Google ne ha più di trenta attivi), e oltre a usare molta energia elettrica, il processo di raffreddamento necessario al funzionamento delle macchine consuma enormi quantità di acqua.

Una volta a regime il centro di Canelones “berrà” 7,6 milioni di litri di acqua potabile al giorno, informa il settimanale Brecha. Non si tratta di una semplice stima ma di dati ufficiali ottenuti dal ricercatore della Universidad de la República Daniel Pena dopo aver intentato due cause legali nei confronti del ministero dell’Ambiente. In principio il governo si era rifiutato di rendere pubblica questa informazione, sostenendo che avrebbe violato gli accordi presi con Google.

«Come se all’Uruguay si aggiungesse una nuova città di medie dimensioni»

Sette milioni e seicentomila litri equivalgono al consumo giornaliero di acqua potabile di 55mila persone. «In pratica sarebbe come se all’Uruguay si aggiungesse una nuova città di medie dimensioni, come Melo o Tacuaremb», spiega al quotidiano uruguaiano El Pais Andrés Ferragut, ingegnere e ricercatore di matematica applicata dell’Universidad Ort. In Italia, città come Agrigento, Foligno e Siena hanno simili dimensioni.

La notizia ha causato forti proteste nel Paese: «Questa non è siccità, è un saccheggio», la scritta comparsa sui muri di Montevideo, riporta il Guardian. Google ha affermato che il progetto è ancora in fase di esplorazione, il governo ha aggiunto che le revisioni successive porteranno con ogni probabilità alla realizzazione di un data center più piccolo. Ma i dati ufficiali, per ora, restano quelli del ministero dell’Ambiente.

Le ragioni della crisi idrica in Uruguay

La crisi climatica in atto non è fatta solo di eventi estremi: lavora con costanza e i suoi effetti si accumulano diventando evidenti anche sul medio periodo. Come spiega Bbc World Service, negli ultimi tre anni le precipitazioni in Uruguay sono diminuite di un quarto rispetto alla media storica. Un calo che ha raggiunto il 43% nei primi sei mesi del 2023. La mancanza di pioggia ha contribuito al prosciugamento quasi totale del bacino del fiume Santa Lucia, che rifornisce di acqua potabile l’area metropolitana di Montevideo, in cui risiede il 60 per cento della popolazione uruguaiana. Anche l’invaso di Paso Severino, a 80 chilometri dalla capitale, è praticamente scomparso, a luglio era pieno solo per il 3 per cento.

Ma non sono solo le condizioni climatiche avverse ad aver portato all’attuale penuria d’acqua. Negli anni è mancata la prevenzione e i governi non hanno investito in impianti di potabilizzazione: l’ultimo realizzato per la capitale risale a centocinquanta anni fa, e non possiede la tecnologia per dissalare l’acqua del rio della Plata.

Inoltre solo una minima parte dell’acqua disponibile nel Paese è destinata al consumo umano: «Più dell’80 per cento è usata dall’industria o dalle coltivazioni intensive, come soia, riso e legno per la produzione di carta. Certo, è piovuto meno del solito, ma la siccità ha semplicemente fatto emergere i problemi del nostro modello economico», ha dichiarato al Guardian Carmen Sosa del Comitato sindacale per la difesa dell’Acqua e della vita. «Le risorse del Paese non devono essere concentrate nelle mani di pochi. L’acqua per il consumo umano deve venire prima del profitto».

Le soluzioni messe in campo

Con l’arrivo dell’inverno nell’emisfero australe, il governo di Lacalle Pou contava che le piogge avrebbero risolto la situazione. Ma queste non sono arrivate e il 19 giugno è stata dichiarata l’emergenza idrica.

L’esecutivo ha promesso la costruzione di una nuova diga in trenta giorni e di tubature per portare da altri fiumi l’acqua all’impianto di potabilizzazione di Montevideo. Ma da aprile, per non lasciare a secco i rubinetti della città, è stato costretto ad autorizzare i prelievi dall’estuario del rio della Plata, innalzando al doppio e al triplo le concentrazioni consentite di sodio e cloro nell’acqua della capitale rispetto ai limiti stabiliti dalla normativa nazionale.

«L’acqua è salata e puzza di prodotti chimici»

Quello che stanno vivendo i cittadini di Montevideo è descritto in maniera chiara dal giornalista Guillermo Garat sul New York Times: «L’acqua di rubinetto è salata e puzza di prodotti chimici. Chi se lo può permettere usa quella in bottiglia per tutto: ci cuciniamo la pasta, ci laviamo la lattuga e ci prepariamo il caffè. Gli elettrodomestici si rompono per le incrostazioni di sodio. Lavarsi i denti è come bere un sorso d’acqua da una piscina e ci facciamo la doccia in fretta, con le finestre aperte, perché i trialometani potrebbero essere cancerogeni».

Il governo assicura che l’acqua è potabile ma ne ha sconsigliato l’uso alle donne incinte, ai bambini, agli anziani e alle persone fragili. «Quella del rubinetto è imbevibile, ma nelle zone più povere di Montevideo mezzo milione di persone non può permettersi l’acqua confezionata», ha dichiarato Sosa al Guardian. Il governo ha risposto garantendo due litri d’acqua in bottiglia al giorno a 21mila nuclei familiari considerati poveri o fragili, ed eliminando l’Iva dalla vendita delle bevande. Ma per chi monitora da vicino la situazione si tratta di provvedimenti insufficienti, soprattutto nel Paese con il Pil pro capite più alto del continente, il primo al mondo a garantire il diritto all’acqua potabile a livello costituzionale.