Nuovo Rana Plaza in Bangladesh? H&M non sta ai patti
“Sulla sicurezza degli edifici in Bangladesh H&M non rispetta i patti”. Non lo diciamo noi ma un nuovo rapporto diffuso da ...
“Sulla sicurezza degli edifici in Bangladesh H&M non rispetta i patti”. Non lo diciamo noi ma un nuovo rapporto diffuso da Clean Clothes Campaign (CCC, cioè la “mamma internazionale dell’italiana Campagna Abiti Puliti). Una vera messa alla prova – non pienamente superata, quindi – elaborata insieme ad alcune delle maggiori ong e sindacati che vigilano sia sul rispetto degli accordi stipulati dopo la tragedia di Rana Plaza (International Labor Rights Forum – ILRF; Maquila Solidarity Network – MSN; Worker Rights Consortium – WRC) sia sul reale cambio di rotta della filiera del tessile nel Paese del sudest asiatico, principale fornitore (insieme a Pakistan, India…) dei marchi più noti della moda globale e delle confezioni che spopolano in Occidente (da Benetton a Wal-Mart, da Gap a Carrefour…).
Il documento (Evaluation of H&M Compliance with Safety Action Plans for Strategic Suppliers in Bangladesh) analizza le informazioni pubbliche disponibili riguardo ai progressi fatti da H&M nell’affrontare i rischi per la sicurezza dei lavoratori nei suoi stabilimenti in Bangladesh. E la valutazione esplicitata da Campagna Abiti Puliti non è lusinghiera per la multinazionale: “Concentrandosi sulle fabbriche che H&M ha indicato come le migliori della sua catena di fornitura in tema di lavoro e ambiente, il rapporto mostra come tutte queste fabbriche non siano state in grado di rispettare le scadenze previste per le riparazioni e come la maggior parte delle ristrutturazioni non siano ancora state ultimate nonostante i termini scaduti. Le ristrutturazioni includono l’installazione di porte tagliafuoco, la rimozione dei blocchi e delle porte scorrevoli dalle uscite di sicurezza e delle recinzioni sulle scale, permettendo ai lavoratori di uscire dalla fabbrica in sicurezza in caso di emergenza”.