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Il consumatore fa l’economia. Le sue scelte di acquisto determinano prezzi, qualità e dignità del lavoro

Legambiente ed EcorNaturaSì lanciano una Campagna sul giusto prezzo dei prodotti agricoli, contro il caporalato e per un'agricoltura sostenibile

Riconoscere agli agricoltori un giusto prezzo per il frutto del loro lavoro nei campi. È una battaglia di equità che contribuisce a un’agricoltura economicamente sostenibile, meno dannosa per il clima e rispettosa dei diritti di chi coltiva, proprietario d’azienda o bracciante stagionale che sia.

Legambiente ed Ecor NaturaSì l’hanno scelta come focus principale di una campagna informativa, come tema chiave per chi intenda puntare alla sostenibilità economica del settore agricolo. E, a cascata, quale aspetto fondamentale per la tutela dell’ambiente, della salute dei consumatori e dei diritti dei lavoratori.

GRAFICO pressioni sull’ambiente a causa della potenziale eccedenza di azoto nel 2030 – ‘La politica agricola comune post 2020 – proposte legislative’

Il prezzo giusto è…qualità, ambiente e salute

Secondo i promotori della campagna, con il prezzo che viene riconosciuto all’agricoltura convenzionale è difficile pensare che si possa ripagare adeguatamente un’attività di cura dei suoli e dell’ambiente nonché il costo del lavoro. Il prezzo «non è giusto per gli agricoltori e neanche per i consumatori – sottolineano da Legambiente e EcorNaturaSì – i quali pagano meno nell’immediato, ma rischiano di perdere in termini di qualità del cibo, dell’ambiente e della salute».

A sostegno di questa tesi, ecco alcuni esempi che rendono evidente come ci siano tanti modi di fare agricoltura, a partire dalla distinzione più semplice. Tra quella che fa uso di fitofarmaci, cioè pesticidi ed erbicidi, con ampio utilizzo della chimica di sintesi, e quella biologica. Con costi di produzione ben diversi.

confronto del costo di produzione tra aziende bio e convenzionali siciliane – fonte Fardella, Altamore, Columba – Biocer 2005

«Sul campo, un chilo di pomodori da passata viene pagato 8 centesimi di euro se proviene da agricoltura che fa uso di chimica di sintesi. Nel biologico certificato per lo stesso prodotto vengono riconosciuti 13 centesimi. Nel canale di distribuzione specializzato nel bio EcorNaturaSì vengono pagati 33 centesimi, arrivando a moltiplicare per quattro il prezzo riconosciuto all’agricoltore convenzionale».

Sono questi i numeri presentati dalla campagna. E ci sono notevoli differenze anche per l’altro componente della dieta mediterranea, la pasta.

«Il prezzo del grano duro va dai 20 centesimi pagati a chi coltiva i campi convenzionali ai 39 per il bio certificato e ai 47 centesimi per il biologico specializzato di EcorNaturaSì».

Servono consumatori consapevoli

C’è insomma da chiedersi se, come accade in altri settori, non si possano stabilire delle soglie minime di prezzo aggiornabili per i singoli prodotti. Una sorta di patto virtuoso tra chi produce e vende, chi acquista e trasforma, chi distribuisce. Per tutelare standard minimi di qualità della filiera, tenendo conto di costi, ambiente e diritti.

Fabio Brescacin, presidente di EcorNaturaSì – foto Michele Nucci

Un patto che tuttavia non è concepibile tra operatori così diversi, secondo Fabio Brescacin, presidente di NaturaSì. Che punta il dito sui consumatori, invece, quali unici attori in grado di modificare l’attuale stato i cose. «I discount sono nati per strozzare i prezzi – ci dice – Questa è la loro forza e la loro mission. Ma il problema vero non è la distribuzione, è il consumatore. Se il consumatore non compra, la distribuzione certi prezzi non li può fare».

«È il consumatore che fa l’economia. Non McDonald’s, Lidl o Eurospin, non Coca-Cola o Algida.

Principali attività delle agromafie – fonte IV rapporto Agromafie e Caporalato, Flai Cgil

«Il consumatore deve svegliarsi e prendere coscienza – continua Brescacin – perché si sta incartando con le sue stesse mani. Mangia porcherie e crea problemi all’ambiente. Tante persone hanno la possibilità di comprare al prezzo giusto, ma non hanno la coscienza per fare questa scelta. O preferiscono utilizzare i propri soldi per altro. Il nostro compito è quindi aiutare il consumatore a prendere coscienza. Io ti dico quali sono i prezzi di acquisto e ora sei tu, consumatore, che puoi scegliere. Se acquisti il pomodoro 0,08 centesimi di euro e poi ti lamenti del caporalato, sappi che sei tu il caporale!».

Lavoro irregolare e caporalato – fonte IV rapporto Agromafie e Caporalato, Flai Cgil

Caporalato: 100 mila sfruttati e profitti criminali esorbitanti

Secondo l’analisi di Coop dei dati diffusi dall’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil, sarebbero 100 mila i lavoratori in Italia in condizioni di sfruttamento e grave vulnerabilità. Un fenomeno diffusissimo in agricoltura,  vantaggio dell’economia sommersa e criminale.

Attività ispettive e controlli – fonte IV rapporto Agromafie e Caporalato, Flai Cgil

«Sotto un caporale l’orario medio di lavoro va dalle 8 alle 12 ore al giorno, per un salario di circa la metà di quanto previsto dai contratti regolari. I braccianti devono pagare per il trasporto e comprarsi i beni di prima necessità. Il guadagno dei caporali? È esorbitante. Simulando, in una campagna di raccolta dell’ortofrutta, 450 mila cassoni riempiti in un mese, un capo negoziatore si metterà in tasca 225 mila euro da suddividere poi con la squadra dei caporali che è inquadrata gerarchicamente. Al capo resteranno 95 mila euro, 10 mila euro al vice capo/addetto alla logistica, 5.000 euro ai caporali intermedi, 2.000 euro al caporale/autista che sta alla base della piramide».

Arresti e denunce per regione – fonte IV rapporto Agromafie e Caporalato, Flai Cgil