Quali banche europee informano sull’impatto climatico dei loro business
Le banche etiche europee apripista nel reporting degli impatti dei business sul clima. Chi pubblica i dati e perché tutti dovrebbero farlo
Non so se ve li ricordate i bilanci di sostenibilità delle banche di qualche anno fa. Riportavano i progressi ottenuti in campo ambientale, grazie a una «diminuzione dell’utilizzo di vetture della flotta aziendale». Oltre alla riduzione delle «emissioni indirette, dovute all’acquisto della carta e delle macchine per ufficio».
L’elefante continuava a soggiornare nella stanza, ma non veniva visto. Milioni di euro di crediti concessi a industrie inquinanti, centrali a carbone, trivellazioni di pozzi petroliferi semplicemente non rientravano nel conteggio delle emissioni di CO2. Era come se le attività finanziate vivessero di vita propria e non avessero più nulla a che fare con le banche. Però, senza le banche, le centrali non si sarebbero costruite e le trivelle non avrebbero iniziato a perforare i pozzi.
Le banche controllano la maggior parte del capitale disponibile
In effetti, le banche controllano la maggior parte del capitale disponibile a livello globale. E dall’Accordo di Parigi sul clima (2015) a oggi hanno continuato ad investire più di 3.800 miliardi di dollari nel settore dei combustibili fossili. 2 miliardi di dollari al giorno fino al 2020. Senza alcuna tendenza al ribasso o valutazione dell’impatto di crediti e investimenti sulle emissioni di gas serra.
Le cose, però, stanno iniziando a cambiare. Nel 2020 alcune tra le più grandi banche di Wall Street, come Morgan Stanley, Bank of America e Citigroup, hanno annunciato che inizieranno a misurare e rendere pubbliche le emissioni dei loro portafogli finanziari. Si sono unite a più di 190 istituzioni finanziarie (per oltre 57mila miliardi di dollari di patrimoni) che già lo fanno, tramite la Partnership for Carbon Accounting Financials (PCAF, associazione per la contabilizzazione finanziaria del biossido di carbonio).
La Partnership for Carbon Accounting Financials
La PCAF è stata lanciata in Olanda nel 2015, su iniziativa della ASN Bank. Nel 2019 hanno aderito tutti i membri della Global Alliance for Banking on Values. Organizzazione che riunisce le principali banche etiche a livello globale, inclusa Banca Etica. L’obiettivo di PCAF è quello di definire standard sempre migliori per aiutare banche e società finanziarie a misurare e rendere pubbliche le emissioni di gas ad effetto serra generate dai propri crediti e investimenti. Un primo passo per poter definire strategie di riduzione con obiettivi precisi.
Banca Etica ha pubblicato il suo primo report di impatto nel 2020 e ha ripetuto l’esercizio nel 2021. Al momento è l’unica banca italiana che pubblica in modo accurato il livello di emissioni generato dai propri crediti e investimenti. Più in generale (un’analisi completa sarà contenuta nel V Rapporto sulla Finanze Etica e Sostenibile in Europa, la cui uscita è prevista ad aprile), le banche etiche hanno assunto un ruolo da apripista in questo campo. Oltre a Banca Etica hanno pubblicato rapporti dettagliati l’olandese Triodos Bank, la svizzera ABS, la britannica Ecology Building Society, la svedese Ekobanken, la danese Merkur e la tedesca Umweltbank.
Le banche etiche
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Il caso di ABS
ABS (Banca Alternativa Svizzera) ha pubblicato il suo primo report di impatto nel 2021. «All’interno del rapporto mostriamo i risultati, ma anche le difficoltà che abbiamo incontrato durante questo progetto», ha spiegato Anna-Valentina Cenariu, responsabile sostenibilità di ABS.
In base alle prime misurazioni, ABS avrebbe prodotto, con i suoi finanziamenti, un totale di 10.800 tonnellate di CO2 equivalenti al 31 dicembre 2020. Buona parte dei finanziamenti (81%), che in totale ammontano a 1,5 miliardi di euro (1,6 miliardi di franchi svizzeri), sono stati concessi all’edilizia e all’abitare sostenibile. Il 7,9% alle energie rinnovabili e il 2,8% all’agricoltura, che però è stata esclusa dal conteggio delle emissioni.
«Ci sono ancora delle lacune», riconosce Cenariu. «In alcune aree, come l’agricoltura, non ci sono ancora abbastanza dati per trarre conclusioni significative. Nonostante queste difficoltà, abbiamo però fatto un grande passo avanti, dato che per la prima volta possiamo presentare dati affidabili su buona parte della nostra attività di finanziamento. Per quanto ne sappiamo, nessun’altra banca svizzera ha fatto questo fino ad oggi».
In base alle analisi di ABS, oggi il 31,5% delle attività finanziate sarebbe già compatibile con l’obiettivo di limitare la crescita della temperatura media globale a 1,5 gradi centigradi, alla fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali. Mentre il 57,2% – tutti investimenti nell’edilizia sociale – non sarebbe ancora allineata. «La sostenibilità sociale non va sempre di pari passo con gli standard di costruzione ecologica, che sono però altrettanto importanti», spiega ABS nel rapporto di sostenibilità. «Dovremo affrontare questa problematica più consapevolmente in futuro e cercare di risolverla».
Una nuova sfida dal punto di vista strategico. Che non sarebbe stata possibile senza una valutazione approfondita delle emissioni di CO2 collegate ai crediti concessi e agli investimenti effettuati.