Perché la finanza è sostenibile solo con una governance adeguata
Oltre agli aspetti ambientali e sociali per definire la sostenibilità degli investimenti occorre tenere in considerazione la governance
Dicembre e gennaio scorsi sono stati mesi complicati per l’evoluzione dell’Action plan sulla finanza sostenibile dell’Unione europea. In particolare per le lunghe e complesse discussioni sulla tassonomia degli investimenti sostenibili. Dopo mesi di trattative, la Commissione europea ha incluso il gas e il nucleare nella proposta di elenco delle attività economiche considerate “sostenibili”. Provocando una netta spaccatura tra diversi Paesi europei.
La Spagna aveva diffuso una dichiarazione in cui ribadiva il suo rifiuto di includere l’energia nucleare e il gas naturale nella tassonomia verde europea. Mentre la Francia ha difeso l’inclusione dell’atomo, giudicata inaccettabile dalla Germania. Che però si è schierata a favore del gas.
La bocciatura della proposta di creare una tassonomia della governance
Ma insieme a questa notizia, eclatante, ce n’è stata un’altra, che ha avuto meno eco sui media. Per la seconda volta è stata bocciata una proposta di iniziativa legislativa in materia di governance societaria sostenibile. Vale a dire la possibilità di creare una classificazione che, insieme alla cosiddetta tassonomia verde e a quella sociale, completasse il quadro di ciò che va tenuto in conto nella classificazione degli investimenti sostenibili. Questa classificazione richiederebbe alle aziende di integrare standard di sostenibilità nelle proprie strategie aziendali, nei modelli di business, nei processi decisionali e nella supervisione.
Numerose Ong internazionali, tra le quali anche Oxfam, Amnesty International e Finance Watch, hanno denunciato tale rifiuto europeo di adottare una normativa ad hoc sulla governance. Inviando lettere a diversi rappresentanti europei e affermando che «l’esperienza dimostra che le iniziative volontarie non sono efficaci. I requisiti di divulgazione da soli non serviranno a nulla. A meno che non siano supportati da un chiaro obbligo per le aziende di fissare obiettivi nelle loro strategie aziendali».
Perché è così importante la governance negli investimenti sostenibili?
Tra gli aspetti ambientali, sociali e di governance (Esg) forse è proprio quest’ultimo quello che ha avuto meno “dignità” all’interno delle riflessioni sulla finanza sostenibile. Nonostante, come segnala il report “La governance della finanza sostenibile”, pubblicato a dicembre 2021 da Spainif, piattaforma di riferimento in materia di investimenti sostenibili e responsabili in Spagna, «la reputazione dei soggetti è strettamente collegata al modo in cui questi affrontano la loro governance. Pertanto, il loro rischio finanziario dipende in gran parte dalle azioni, misure e protocolli che assumono in questa materia».
La tassonomia sociale
Tassonomia sociale: in ritardo, ma si parte!
La Commissione europea ha presentato un documento di lavoro sulla tassonomia sociale, dopo aver lavorato sugli aspetti ambientali
Lo stesso rapporto aggiunge che «se i criteri di governance non sono soddisfatti, anche se lo sono quelli ambientali e sociali, non ci troviamo di fronte a un’opzione finanziaria sostenibile».
Cosa si intende per “governance”?
Ma quali temi fanno parte dei criteri di governance? Per quanto riguarda i temi ambientali esiste un consenso scientifico che permette di stabilire gli indicatori. E anche nel caso sociale, sebbene più difficile, esiste un consenso consolidato per elaborare una classificazione. Ma di cosa parliamo quando parliamo di “governance”? La “G” di Esg affronta elementi complessi come la struttura e gli organi di governo di un’impresa, le relazioni con i gruppi di interesse. I processi decisionali dell’azienda. Gli impegni politici con aspetti quali la giustizia fiscale o i diritti umani. Le politiche di remunerazione dei manager e l’allineamento del management alle politiche di sostenibilità. O ancora gli impegni dell’azienda nella lotta alla corruzione.
In altre parole, sotto il nome di “governance” si integrano le problematiche della gestione interna del lavoro. Così come fattori relativi all’impatto dell’impresa nelle società.
Stimolare la leadership
Secondo Spainif, «analizzare lo stato di questi aspetti sarà fondamentale, non solo per aumentare la trasparenza, la credibilità e la responsabilità d’impresa, ma anche per tracciare una guida chiara. E stimolare la leadership necessaria per raggiungere gli Obiettivi ambientali e sociali della Ue. Così come gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Ciò tanto per le grandi aziende quanto per le PMI. Soprattutto quando queste misure sono richieste dagli investitori, sia istituzionali che retail, nell’ambito della loro analisi di investimento sostenibile». La governance come spina dorsale dell’impresa può essere perciò uno strumento che facilita il raggiungimento degli obiettivi ambientali e sociali delle imprese. E, guardando oltre, dei piani statali o europei.
Ecco perché, come accennato, organizzazioni come Finance Watch sottolineano come una proposta legislativa che incorpori la sostenibilità nella governance aziendale è indispensabile per stabilire gli incentivi e gli obblighi per le aziende. Affinché compiano una transizione verso un’economia sostenibile. «Senza questo, l’Unione europea corre il rischio di non raggiungere i propri obiettivi in materia», sottolineano nella lettera inviata alla Ue.
La due diligence
«Imponiamo alle aziende di rispettare natura e diritti umani»
Imprese, ambiente e diritti umani: perché imporre le due diligence. Intervista a Martina Rogato, portavoce della campagna Impresa 2030
La causa del rifiuto: il lavoro dei gruppi di pressione
Le battute d’arresto e i ritardi di una possibile direttiva europea sulla governance delle aziende hanno una lunga storia. Già prima di quest’ultima bocciatura di dicembre, le possibilità di legiferare su questi aspetti erano deboli. Ad esempio, le nuove regole sulla due diligence in materia ambientale e di diritti umani avrebbero dovuto essere proposte a giugno. Ma la Commissione le ha rimandate più volte, con il nuovo orizzonte nei mesi di febbraio o marzo.
Secondo alcune indiscrezioni, la causa del rifiuto sarebbe da ricondurre alla pressione esercitata da lobby che vedono in questa normativa una possibile violazione della libertà di azione delle imprese private. E un rischio per la competitività delle imprese europee. La Confederazione dell’industria danese, in particolare, ha pubblicato un comunicato, all’inizio dello scorso dicembre, che elogia la decisione da parte della Commissione europea di accantonate la regolamentazione della governance aziendale. Indicando che «questo è in gran parte dovuto all’enorme pressione da noi esercitata».
La preoccupazione delle organizzazioni non governative
Questa attività di lobbying preoccupa le Ong internazionali, che manifestano apertamente in propri dubbi sull’opacità del Regulatory Control Board (RSB). Quest’ultimo è un organo interno della Commissione europea che garantisce che le proposte legislative siano di qualità sufficiente e rispettino il principio di proporzionalità.
I prossimi mesi saranno importanti per verificare gli sviluppi di questa fondamentale iniziativa legislativa. Senza la quale la transizione dell’Europa verso un’economia sostenibile potrebbe essere in pericolo.