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Google, mail, porno e Game of Thrones. Così internet alimenta la crisi climatica

I flussi di dati generati dai video online sono enormi e in crescita esponenziale. A ciò si aggiungono mail, spam e alcune cattive abitudini

I data center elaborano tutti i flussi di dati di internet in giro per il mondo. Il loro impatto in termini di consumi energetici e di emissioni di CO2 è enorme e crescente © BalticServers.com/Wikipedia Commons

Vi siete mai chiesti cosa succede quando spedite una mail? O quando effettuate una ricerca su Google? Oppure quando guardate in streaming una puntata di Game of Thrones? Qualcuno potrebbe immaginare che si tratti di attività ad impatto zero per l’ambiente e il clima. Al contrario, la rete di Internet è particolarmente energivora. E i flussi di dati che viaggiano nel mondo intero generano gigantesche emissioni di gas ad effetto serra.

Inviare una mail da 1 MB è come tenere accesa una lampadina per 2 ore

Se inviamo un messaggio di posta elettronica dal nostro computer ad un altro che è situato nella stessa città, nello stesso palazzo o addirittura nello stesso ufficio, esso spesso viaggia per migliaia e migliaia di chilometri prima di arrivare a destinazione. Appena premuto il tasto invio sulla nostra tastiera, infatti, la mail viene elaborata dai server di cui si servono i provider. Gigantesche torri di computer che consumano enormi quantitativi di energia. Giorno e notte, 24 ore su 24, 365 giorni all’anno. E che devono essere continuamente raffreddate.

google data center
Un data-center di Google nell’Oregon © Visitor7/Wikimedia Commons

Già nel 2009 uno studio realizzato dalla società informatica McAfee aveva fornito qualche dato emblematico. Soltanto lo spam era responsabile (all’epoca) delle emissioni prodotte da tre milioni di automobili. Il che significava tanto inquinamento quanto quello derivante dalla combustione di 7,5 milioni di litri di benzina. Dati che nel frattempo, tenuto conto della crescita di internet, sono certamente aumentati.

Qualche anno più tardi, anche l’esperto britannico Mike Berners-Lee si era concentrato sull’impatto climatico delle mail. Spiegando che per inviare un messaggio con un allegato da un megabyte servono 25 wattora. Gli stessi che servono per mantenere accesa per due ore una lampadina a basso consumo.

Transizione ecologica: anche il web deve fare la sua parte

Le conseguenti emissioni di CO2, ovviamente, dipendono dalle fonti di produzione dell’energia utilizzata. Ma secondo i calcoli del docente dell’università di Lancaster si può ipotizzare siano pari a 4 grammi. Si può facilmente immaginare quale sia il risultato moltiplicando il dato per il numero di mail inviate in tutto il mondo ogni ora, ogni giorno, ogni anno.

«Se vogliamo essere seri sugli obiettivi di transizione energetica è indispensabile prendere in considerazione l’impatto del digitale, che è in crescita esponenziale», ha spiegato Matthieu Auzanneau, direttore generale del think tank francese The Shift Project. Che ha pubblicato di recente un rapporto nel quale calcola l’impatto complessivo di internet in termini di emissioni di gas ad effetto serra.

Lo studio spiega che il consumo energetico legato ad internet aumenta del 9% all’anno. Ed è già responsabile del 4% delle emissioni mondiali di gas ad effetto serra. Nel mirino ci sono in particolare i video, i più “pesanti” in termini di megabyte e dunque i più energivori. Essi rappresentano infatti il 60% dei flussi di dati mondiali. E più di 300 milioni di tonnellate di CO2 generate ogni anno. Qualcosa di paragonabile alle emissioni di una nazione intera come la Spagna.

I video online emettono tanta CO2 quanto la Spagna

Più nello specifico, il rapporto ha individuato quattro tipologie di contenuti video. I filmati pornografici, diffusi spesso in streaming (ma anche in diretta). Quindi i video diffusi on demand. Ad esempio tutti i film e le serie proposte da provider come Netflix, Amazon Prime o Openload. Quindi quelli categorizzati come “Tubes”, dominati come intuibile dal sito YouTube. E infine quelli caricati sui social network: da Facebook a Instagram a Twitter, senza dimenticare SnapChat o TikTok.

Ebbene secondo lo Shift Project «guardare 10 ore di film ad alta definizione significa muovere gli stessi dati contenuti da tutti gli articoli inglesi di Wikipedia in formato testuale. Per quanto riguarda in particolare i video pornografici, essi rappresentano il 27% del totale del traffico mondiale. E da soli sono stati responsabili, solo nel 2018, di oltre 80 milioni di tonnellate di CO2. Ovvero circa lo 0,2% delle emissioni globali. Per quanto riguarda invece film e serie in straming, esse inquinano quanto una nazione come il Cile: più di 100 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti all’anno.

«Non si tratta di essere pro o contro tale o tale uso del web – precisa il think tank francese -, che sia esso la pornografia, Netflix o le mail. Si tratta di evitare che risorse preziose per la società non patiscano un sovra-consumo provocato da altre risorse considerate meno essenziali. Nel Ventunesimo secolo, non scegliere non è un’opzione possibile. La domanda è: siamo pronti?».

Cosa possiamo fare per diminuire i danni legati all’uso di internet?

Bastano in realtà alcuni semplici (e non troppo faticosi) accorgimenti per diminuire l’impatto del proprio utilizzo di internet. Uno di questi, banale, è evitare di effettuare passaggi inutili. Se conosciamo un indirizzo web, è molto meglio digitarlo direttamente, senza passare per Google o altri motori di ricerca. Può apparire banale, ma basterebbe già questo a diminuire notevolmente di molto l’impronta ecologica di internet.

Altro accorgimento utile è quello di diminuire – ove possibile – la qualità dei video che stiamo guardando. Se non è strettamente necessario, ciò può consentire di ridurre anche drasticamente il quantitativo di dati inviati. Ancora, si può avere cura di cancellarsi da tutte le mailing list indesiderate, anziché continuare a ricevere messaggi inutili. Dei piccoli sacrifici oggi, insomma, per evitare di essere costretti a farne di più grandi domani.