«Io sono sostenibile». La Commissione Ue decide chi può dirlo
A pochi mesi dalla fine del suo mandato, Bruxelles pubblica la bozza finale della Tassonomia: una guida per "finanziare un'economia europea sostenibile"
Un impianto fotovoltaico è ambientalmente “sostenibile”? E un’azienda agricola? E un cementificio? Quali parametri devono rispettare le diverse attività economiche per essere considerate “a basso impatto ambientale”? La Commissione europea cerca di fare chiarezza e, dopo oltre due anni di lavoro attorno ai temi dell’economia e della finanza responsabile, pubblica la bozza finale della Tassonomia, il sistema di classificazione delle attività che possono essere definite “sostenibili” per l’ambiente. “Una guida pratica – scrive la commissione – per politici, imprese e investitori su come investire in attività economiche che contribuiscano ad avere un’economia che non impatti sull’ambiente”.
La Commissione europea, fin dall’inizio di questo lavoro, ha esplicitato chiaramente il suo intento: per salvare il Pianeta l’economia deve ridurre il proprio impatto, deve avvenire una vera rivoluzione. Una trasformazione costosa: 180 miliardi di euro all’anno. Tanto costerà la transizione a un’economia low carbon, secondo Bruxelles. E i fondi pubblici non basteranno: è necessario il contributo dei capitali privati, che dovranno essere orientati verso la finanza etica e sostenibile, investiti in attività economiche sostenibili. La Tassonomia intende chiarire quali siano queste attività.
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414 pagine di risposte
Si intitola “Taxonomy, technical report. Financing a sustainable european economy” (Tassonomia, il rapporto tecnico. Finanziare un’economia europea sostenibile). È stata pubblicata lo scorso 18 giugno, frutto di un anno di lavoro del TEG (Technical Expert Group on Sustainable Finance), il gruppo di 35 esperti incaricati dalla Commissione europea di lavorare attorno al tema della sostenibilità, che si è avvalso del contributo di altri 150 esperti esterni. All’interno di un lavoro sui temi della finanza sostenibile che la Commissione Ue porta avanti dalla fine del 2016.
414 pagine che analizzano 67 attività economiche, appartenenti a 8 settori (agricoltura, foreste e pesca; manifatturiero; elettricità, gas e fornitura di aria condizionata; acqua, fogne e sprechi; trasporti e stoccaggio; tecnologie per l’informazione e le comunicazioni; costruzioni); descrivono i criteri in base ai quali le diverse attività economiche possono essere considerate ambientalmente sostenibili (perché contribuiscono in modo sostanziale alla mitigazione del climate change) e forniscono esempi e casi pratici per gli investitori che vogliano usare la tassonomia per sostenere, con i propri investimenti, un’economia low carbon.
È ancora una bozza, anche perché si attende che si insedi la nuova Commissione Europea il prossimo ottobre. A quel punto dovrà ancora arrivare il via libera del trilogo Commissione-Parlamento-Consiglio europei, neo-insediati.
Al momento la bozza di Tassonomia è disponibile alla consultazione per i soggetti interessati (dal primo luglio al 13 settembre), che potranno inviare i propri feedback attraverso un questionario on line. Da settembre a dicembre continuerà il lavoro del Teg per mettere a punto le ultime modifiche. E il tutto passerà al vaglio dei vertici europei ed entrerà nel nuovo regolamento Ue.
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Le attività sostenibili
Ma quali attività sono davvero sostenibili (per l’Ue)? Il Teg ha preso in considerazione un’ampia gamma di settori, dall’agricoltura alla produzione di energia elettrica, dai trasporti alle costruzioni. Attività già sostenibili, come i trasporti a zero emissioni o gli impianti fotovoltaici, ma anche in fase di transizione o che si auspica possano entrarci presto, come il comparto manifatturiero o la produzione di acciaio o cemento.
6 gli obiettivi di tutela dell’ambiente considerati: la mitigazione degli effetti del climate change; l’adattamento al climate change; l’uso sostenibile e la protezione dell’acqua e delle risorse marine; la transizione verso un’economia circolare, la riduzione degli sprechi e il riciclo dei materiali; il contenimento dell’inquinamento e la tutela degli ecosistemi.
Si è stabilito che, per essere ammessa alla tassonomia, un’attività debba avere un contributo sostanziale su almeno uno dei sei obiettivi di tutela dell’ambiente, senza danneggiare significativamente gli altri.
Per ogni attività economica, a seconda del settore di partenza, è stato individuato l’impatto sul clima (in termini positivi, ma anche di potenziali altri effetti negativi) e le possibilità di miglioramento. E sono stati individuati i criteri oggettivi per essere considerate sostenibili per l’ambiente.
«Non basta che un’impresa dichiari di produrre energia da pale eoliche perché sia definita sostenibile – spiega Sara Lovisolo, Sustainability Manager di Borsa Italiana, uno dei 35 membri del Teg – Deve rendicontare, per esempio, anche l’uso che fa dell’acqua e la gestione dei rifiuti. Non basta cioè un contributo positivo a uno degli obiettivi ambientali prefissati, deve dimostrare di non danneggiare gli altri».
Promossi, ma non troppo sostenibili
Nella tassonomia, tra i “promossi” perché considerate sostenibili, compaiono attività che è facile associare al concetto di green, come la produzione di energia con pale eoliche o con pannelli fotovoltaici, ma anche la produzione di cemento o di acciaio, che invece sono altamente inquinanti.
Ma perché? Sembra un controsenso? E invece non è un errore, è una scelta precisa.
«Abbiamo voluto considerare la gamma più ampia possibile di attività – spiega Sara Lovisolo – prima di tutto perché dobbiamo guardare all’economia che sarà nel 2050, con sano realismo, ma considerando le attuali possibilità. Ad esempio bisognerà costruire case e, anche impiegando materiali più sostenibili, dobbiamo considerare l’uso di cemento e acciaio. E, di conseguenza, dobbiamo misurare la sostenibilità anche di queste attività, cercando piuttosto di spingerle a inquinare meno possibile. E qui viene il secondo punto: la Commissione europea vuole indirizzare l’economia verso una transizione a un nuovo paradigma low carbon. Non avrebbe senso escludere a priori interi settori inquinanti. Meglio includerli e incentivarne la transizione, la riduzione delle emissioni inquinanti».
I criteri per “meritarsi” la possibilità di definirsi sostenibili, quindi, in alcuni casi misurano l’impatto effettivo sul clima, per esempio la soglia massima di emissioni inquinanti. In altri casi il miglioramento ottenuto in un certo tempo. «Nel caso di un’azienda che produca acciaio, ad esempio, è evidente che inquinerà molto più di una che produce energia pulita – continua Sara Lovisolo – ma noi abbiamo voluto premiarne gli sforzi e spingerla a inquinare meno. In questo caso il parametro per entrare tra le attività sostenibili misura i progressi effettuati».
Facile da usare
«Durante il nostro lavoro abbiamo dato enorme importanza al tema dell’usabilità – racconta Sara Lovisolo – perché la tassonomia doveva essere davvero una guida pratica, semplice da usare per chiunque, imprese, investitori, amministratori pubblici».
In base ai criteri stabiliti dal Teg ogni impresa sarà in grado di stabilire e comunicare se le attività in cui è impegnata rispettino o meno la tassonomia della Commissione europea e, in particolare, indicare quanta parte del proprio fatturato possa essere considerata “sostenibile” in base alle definizioni contenute in tale tassonomia.
«Difficilmente un’impresa è impegnata in una sola attività economica – spiega Paolo Masoni, presidente di Ecoinnovazione srl, spin-off di ENEA, anch’egli membro del TEG – Riferendosi alla Tassonomia potrà indicare quale percentuale del proprio fatturato è sostenibile e quale no».
Il rapporto fornisce esempi pratici alle imprese su come rendicontare il proprio livello di sosteniblità.
«Lo stesso dovranno fare poi gli investitori etici – aggiunge Paolo Masoni – : Fondi pensione, fondi di investimento, Sgr, assicurazioni, che propongano investimenti sostenibili, con modalità e obblighi ancora da definire, dovranno riferire quanta parte del proprio portafoglio sia “sostenibile” in base ai criteri europei».
Per chi? E per cosa?
Non è ancora certo chi esattamente userà gli strumenti forniti dalla Tassonomia. La Commissione su questo punto è vaga, parla di fondi pensione, fondi di investimento alternativi, assicurazioni. Ma al momento non esiste alcun obbligo, anche perché mancano ancora alcuni passaggi legislativi.
Ancora da definire esattamente a che scopo verrà usata la Tassonomia. Nel rapporto si legge: “Può essere usata per esprimere esprimere preferenze di investimento, progettare prodotti di investimento sostenibili, dialogare con le imprese in cui di investe, misurare le performance ambientali di un fondo o di un Bond”.
Vuole essere una guida, un’ABC dell’economia sostenibile, un punto di riferimento univoco a livello europeo per chi intende investire pensando al benessere del Pianeta. Ma per ora non è obbligatorio riferirsi alla tassonomia, né per imprese né per investitori.
«Ma presto diventerà obbligatorio – continua Paolo Masoni – per le imprese e gli investitori».
«Tutti i possibili usi saranno definiti dal regolamento europeo – spiega Sara Lovisolo – Al momento nel report si fa riferimento alla proposta originale, quella presentata a maggio 2018. Come finalità della tassonomia veniva indicata la disclosure degli investitori: chiunque avesse proposto prodotti finanziari definiti in qualche modo “sostenibili” avrebbe dovuto indicare la percentuale del proprio portafoglio investito in linea con la tassonomia europea. Per le imprese che hanno già scelto la strada della sostenibilità ambientale è una grande opportunità, per emergere».
L’Ecolabel dei prodotti finanziari
Di certo la Tassonomia sarà un riferimento per l’etichettatura dei prodotti finanziari sostenibili. L’Europa, con il Joint Research Center, sta già lavorando a un sistema di labeling Ue per i prodotti finanziari, estendendo l’Ecolabel esistente, con modalità ancora tutte da definire.
«Ma di certo la Tassonomia avrà un ruolo importante», conferma Paolo Masoni, che il 20 giugno ha partecipato a un incontro presso il Ministero dell’Ambiente su “Certificazione dei Prodotti finanziari sostenibili”, cui hanno partecipato numerosi stakeholder del mondo finanziario, produttivo, delle forze sociali e delle associazioni ambientaliste, oltre a rappresentanti istituzionali del Comitato Ecolabel ed Ecoaudit e del Ministero dell’Ambiente.
«Il lavoro è all’inizio e sarà lungo – continua Paolo Masoni – Sono ancora da definire i criteri in base ai quali assegnare l’Ecolabel europeo per i prodotti finanziari e in che modo sia correlato alla Tassonomia. In discussione, in particolare, la percentuale, più o meno ambiziosa e selettiva, di attività conformi alla Tassonomia che dovranno sottostare ai prodotti finanziari ecolabel; la presenza di requisiti specifici di tipo sociale ed etico e l’eventuale presenza di una lista di esclusione di attività controverse dal punto di vista etico e sociale».
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