La finanza per il sociale: bolla o rivoluzione?
Ecco l'editoriale del numero di settembre, in apertura a un dossier che mette alla prova quei venti di rivoluzione della finanza per il sociale che ...
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Ponti per l’impatto sociale
I Social Impact Bond (SIB) sono tra le innovazioni più promettenti dell’impact investing.
Sono nuovi strumenti finanziari che mobilitano capitali d’investimento privati per affrontare le emergenti sfide sociali: hanno il potenziale di creare valore condiviso (share value), ritorno finanziario per gli investitori, benefici sociali per le comunità e per gli individui più fragili, maggiore efficienza per i governi e per gli erogatori di servizi sociali.
La loro entusiasmante promessa è stata al centro della scena politico finanziaria degli ultimi tempi, tuttavia il futuro dei SIB è tutt’altro che certo.
In questo numero di Valori sentiamo alcune delle più autorevoli voci italiane levarsi a favore o contro la finanza d’impatto, ed una caratteristica le accomuna tutte: l’abbondante uso di condizionali. Questo è dovuto sia allo stato dell’arte di questi nuovi prodotti finanziari sia all’atteggiamento scettico nei confronti dei cambiamenti in atto a livello internazionale e ad una tradizionale obiezione ideologica sul ruolo degli investitori privati nel finanziamento dei servizi sociali.
Un dettaglio cruciale, a cui la Task Force voluta dal G8 ha dedicato un approfondimento, è il problema legato alla misurazione dell’impatto sociale: quali sono gli indicatori migliori?
Valori non ha voluto restare alla finestra per vedere cosa succederà ai SIB: saranno una nuova bolla? Una moda passeggera? Un nuovo mercato finanaziario?
Probabilmente saranno, ancora per qualche tempo, un mercato in rodaggio, continuamente zoppicante: sempre promettente, senza riuscire a realizzare il proprio potenziale.
View Mappa dei Social Impact Bonds in a full screen map
I primi bond, ne trovate una mappa aggiornata nel dossier e sul sito, vengono lanciati, studiati e presi a modello, ma ciascuno di questi risulta fortemente individualizzato e contestualizzato, comportando alti costi di transazione. In assenza di una leva del credito, il ruolo della filantropia e delle sovvenzioni pubbliche nell’avvio di un SIB è ancora forte e mal si concila con le aspettative degli investitori tradizionali che già si aspettavano l’esistenza sia di erogatori di servizi che di policy makers orientati all’impact investing.
Questo scenario riflette in qualche misura le decennali sfide di sviluppo di un mercato per l’impresa sociale e per l’innovazione sociale.
Lo stop britannico al primo SIB della prigione di Peterborough, terminato con cinque anni d’anticipo e dopo aver remunerato gli investitori, grazie ai risultati positivi, dimostra che per riprodurre su larga scala una innovazione sociale è stato usato, forse impropriamente, l’impact investing come finanziatore di una funzione di ricerca e sviluppo i cui risultati restano di proprietà pubblica. Lo stesso pubblico che decide di inserire le innovazioni sull’abbattimento della recidiva dei carcerati all’interno di un normale capitolato di appalto per 16 carceri, facendone così un programma a scala nazionale, e tanti saluti agli investitori pionieri.
Credo che il nocciolo di questo succoso frutto per ora immaturo stia nel bond, che non riferisce solo di una obbligazione da onorare ma anche di un legame tra pubblico, investitore ed erogatore di servizi, che nel caso inglese risulta più labile delle fragilità del sistema sociale a cui tenta di porre rimedio.
Per questo motivo, e non per la difficoltà di trovare misurazioni di impatto oggettive e condivise che consentano di passare dall’alta qualità artiglianale alla produzione industriale di SIB, il condizionale è d’obbligo. Il dato oggettivo è che tanto ingenti sono le risorse finanziarie disponibili all’impact investing, quanto scarsi gli intermediari adeguati, scarsa la volontà delle istituzioni nel creare valore condiviso e scarsa l’attitudine degli operatori sociali a produrre innovazione.
Abbiamo scoperto che esistono anche in Italia profonde preoccupazioni sul livello di promozione pubblicitaria che circonda il mercato dei SIB, mercato che soffre non soltanto della mancanza di casi di successo ma di una filiera di attori ad esso dedicati, un problema di brand identity.
In una città attraversata da un fiume il ponte unisce e lega le diverse identità, creandone a sua volta di nuove, ibride. Tanto meglio progettare Social Impact Bridges, ponti per l’impatto sociale, in cui il legame-bond tra gli attori non sia un obiettivo ma un effetto.
Continua…
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