La quarta mafia
Corruzione, illegalità, mafie, economia e finanza. Ogni martedì il commento di Rosy Battaglia
Il 21 maggio 2021 è stato arrestato per corruzione e tentata concussione, il sindaco dimissionario di Foggia, Franco Landella, che era stato eletto primo cittadino solo un anno fa. Una giornata triste per le istituzioni e per i cittadini onesti.
L’ennesima riprova di un tessuto amministrativo inquinato e colluso dai retaggi della “quarta mafia”, la mafia pugliese, così descritta nelle relazioni della Direzione Nazionale Antimafia e della Direzione Investigativa Antimafia. La messa in luce del “sistema Foggia” da parte della magistratura non ha fatto altro che confermare quanto denunciato dall’attivismo antimafia da decenni. Nella marcia del 10 gennaio 2020 a Foggia sfilarono in strada oltre 20mila persone unite in un coro unanime “No alla mafia”.
A maggior ragione il 21 maggio resta «un giorno buio, non solo per Foggia e per il suo Comune, ma per tutta la provincia», ha dichiarato Pierpaolo d’Arienzo, sindaco di Monte Sant’Angelo e coordinatore regionale dell’associazione degli enti locali e delle regioni contro mafie e corruzione, Avviso Pubblico per la Puglia. «Quello che sta accadendo a Foggia dimostra quanto lavoro occorre ancora profondere per formare una classe politica fatta di amministratori capaci e onesti, che mettano al centro il bene comune e non gli interessi personali».
Proprio il giorno dopo Avviso Pubblico ha festeggiato il 25esimo compleanno. Esistono, eccome se esistono infatti, amministratori che si battono per la legalità e per la diffusione di buone pratiche amministrative e di monitoraggio civico. In grado di fare rete e cercare di prevenire infiltrazioni mafiose e connivenze. E aiutare chi è più debole.
Michele Abbaticchio, sindaco di Bitonto e vicepresidente di Avviso Pubblico ha ricordato come la stessa città di Foggia abbia avuto un esempio altissimo di coscienza civica e di senso delle istituzioni come Francesco Marcone, direttore dell’Ufficio del Registro, ucciso in un agguato mafioso nel 1995 a Foggia. «La nostra città deve ripartire dal senso del sacrificio di Marcone – ha dichiarato Michele Abbaticchio – un uomo dello Stato che ha creduto nel senso del dovere e della responsabilità. Come amava ripetere spesso, lo Stato siamo noi».
Sua figlia, Daniela Marcone, oggi è la vicepresidente nazionale di Libera e mai ha dimenticato, dimostrando come la lotta alle mafie e alla corruzione non debba escludere nessuno di noi. Perché sì, lo Stato siamo noi. E noi cittadini non possiamo stare con le mani in mano. Specie ora che milioni di euro arriveranno nei territori e servirà una classe politica e amministrativa onesta, in grado di lavorare per il bene comune.
Così come una cittadinanza monitorante in grado di capire se c’è qualcosa che non va. Insieme a un sistema dell’informazione in grado di fare accountability e inchieste. Occorre prevenire. Proprio per questo, non lo dimentichiamo, a maggior ragione le istituzioni devono sostenere gli amministratori onesti e allontanare chi invece non lo è. Quando arriva la magistratura, ahinoi, il danno è già stato fatto.