La seconda industria più inquinante del mondo? Quella della moda

Dal 22 al 28 aprile, la campagna internazionale Fashion Revolution. Per aumentare la consapevolezza dei consumatori e tentare di influire su un comparto industriale insostenibile

sfilata moda donna, industria tessile - CC0 Creative Commons da Pixabay

Altro che migranti. Ad “invadere” l’Occidente (e ormai tutte le economie emergenti) molto prima, molto di più e con un impatto infinitamente maggiore è l’industria della moda. Il settore cosiddetto del fashion, seconda industria più inquinante al mondo dopo quella petrolifera. E a dirlo sono i numeri. Impressionanti e in crescita continua.

il sorpasso dei mercati emergenti su USA ed Europa nelle vendite del settore moda e abbigliamento – fonte ‘The State of Fashion 2018’, The Business of Fashion and McKinsey & Company 2017

Su un pianeta popolato da circa 7,6 miliardi di persone, nel 2017 sono stati venduti 154 miliardi di pezzi d’abbigliamento (+2,3% sul 2016). Stando ad uno studio McKinsey del 2015, un colosso come Zara è in grado di sfornare 24 nuove collezioni ogni anno. Mentre i colleghi di H&M si limitano ad una media tra 12 e 16, settimanalmente aggiornate. Con una tendenza alla moltiplicazione dell’offerta che risulta parossistica e condivisa. Tant’è che per ogni persona sono disponibili ogni anno 20 nuovi capi prodotti. E l’inseguimento di modelli culturali ed estetici imposti da marketing e pubblicità ha fatto sì che oggi acquistiamo il 60% in più in abbigliamento rispetto al 2000.

2000-2015 la crescita delle vendite di abbigliamento a fronte del declino del riuso – fonte Ellen MacArthur Foundation, “A new textiles economy Redesigning fashion’s future”, 2017

Ma la domanda fondamentale non è – solo – quanti capi vengono prodotti. Bensì come e da chi vengono prodotti.

Perché il settore moda che mira ossessivamente al profitto, spesso l’ottiene facendolo in buona parte pagare alla collettività in forma più o meno nascosta. Attraverso un carico insostenibile di sfruttamento del lavoro sottopagato, di impiego di sostanze nocive per le persone e l’ambiente. Un carico sociale ma anche economico.

stima dei risparmi per l’economia globale se la moda affrontasse problematiche sociali e ambientali – fonte “Pulse of the fashion industry” – Global Fashion Agenda and The Boston Consulting
Group, 2017
incremento degli impatti ambientali negativi dell’industria tessile nel 2050 – fonte “A new textiles economy: redesigning fashion’s future”, Ellen MacArthur Foundation, 2017

7 giorni di Fashion Revolution: il commercio equo per un’altra moda. Etica e possibile

E allora non resta che l’azione. Coordinata e compatta come quella che, dal 22 al 28 aprile, unirà sotto le insegne della campagna internazionale Fashion Revolution una bella fetta del mondo del mondo del commercio equo e solidale, grazie ad Altromercato, altraQualità ed Equo Garantitola.

Tutti insieme per coinvolgere l’opinione pubblica nel creare consapevolezza attorno al mondo della moda, a ciò che in esso non va e merita un cambiamento verso la sostenibilità. Con un pensiero alla strage di Dacca, in Bangladesh, dove, il 24 aprile 2013, persero la vita nel crollo del polo produttivo tessile di Rana Plaza 1133 operai e oltre 2500 persone sono rimaste ferite.

Il crollo del Rana Plaza in a Dhaka, in Bangladesh il 24 aprile 2013, fece 1129 vittime tra i lavoratori tessili.
Il crollo del Rana Plaza in a Dhaka, in Bangladesh il 24 aprile 2013, fece 1129 vittime tra i lavoratori tessili. Di rijans – Flickr: Dhaka Savar Building Collapse, CC BY-SA 2.0

È Fashion Revolution in Italia, quindi, come in altri 50 Paesi del mondo, per dimostrare che un modello economico diverso ed un consumo responsabile non sono solo possibili ma esistono già. Rappresentati dalle realtà che realizzano capi secondo una filiera etica, come avviene nell’equosolidale.

L’azione individuale protagonista di una rivoluzione globale

FASHION REVOLUTION 2019 – 22-28 aprile – la campagna internazionale del commercio equo chiede filiere trasparenti e sostenibili

La campagna pone a tutti i consumatori una semplice domanda: «Chi ha fatto i miei vestiti?». Per rispondere basterà indossare gli abiti al contrario, con l’etichetta bene in vista, fotografarsi e condividere le foto attraverso i social media con l’hashtag #WhoMadeMyClothes e #FashRev, taggando Altromercato, altraQualità ed Equo Garantito. Un’azione individuale semplice che punta a far rumore. E che, nelle Botteghe aderenti alla campagna, potrà essere compiuta direttamente, in particolare nelle giornate del 23 e 24 aprile (qui tutte le informazioni).

Una rivoluzione ma tante vie per parteciparvi. Quante sono le tipologie di azione che potete adottare per fare sentire la vostra voce.

FASHION REVOLUTION 2019 – 22-28 aprile – le altre azioni per partecipare

Tre voci del commercio equo che chiamano alla “rivoluzione”

«I soci di Equo Garantito insieme ai produttori sono, ogni giorno, i protagonisti della rivoluzione dell’economia da oltre 25 anni. Fashion Revolution è una campagna che chiede a tutti di mettere la faccia per cambiare il modello produttivo del fast fashion e sensibilizza i cittadini nel loro ruolo di consumatori».
Giovanni Paganuzzi – Presidente Equo Garantito

«Da 15 anni altraQualità si occupa di moda etica: un impegno costante, come parte di un movimento che è andato crescendo. La consapevolezza dei consumatori rispetto all’impatto sociale e ambientale della produzione di abbigliamento è cresciuta, ma il cambiamento pare ancora lontano. Al sistema moda chiediamo trasparenza e un limite alla voracità del loro modo di fare impresa.
Ai consumatori chiediamo di informarsi e di agire, per costruire un futuro diverso in cui il consumo non sia il cuore del sistema economico e in cui il lavoro torni ad assumere la dignità che gli spetta».
David Cambioli – Presidente cooperativa altraQualità

«Il 23 e 24 aprile i nostri consumatori, i nostri soci, i nostri volontari saranno ambasciatori di Fashion Revolution nelle Botteghe Altromercato, luoghi nei quali la moda etica e i diritti sono da sempre protagonisti. Il Commercio Equo e Solidale realizza ogni giorno un modello economico in cui al centro ci sono le persone. Sarà una grande azione collettiva a livello nazionale, invitiamo tutti a venirci a trovare. Vi aspettiamo».
Cristiano Calvi – Presidente Altromercato