Il lavoro di cura delle donne
Economia e finanza, sostantivi femminili. Eppure c'è ancora troppo poco di femminile nel mondo dell'economia e della finanza. Ogni lunedì un nostro commento
Ricordate quando, una pandemia fa, arrivò la notizia che un’équipe di ricercatori dell’Istituto nazionale per le malattie infettive all’ospedale Lazzaro Spallanzani di Roma aveva per prima isolato il virus SARS-CoV-2? E tutti si affrettarono a sottolineare che non erano ricercatori, ma ricercatrici? E tutti ci affrettammo a dire «ma che brave» e «ma come sono in gamba le donne»? Bene, oggi siamo qui a elencare tutte le donne che hanno contribuito alla ricerca sui vaccini. Sia in questi ultimi mesi che nel corso degli anni, sviluppando tecnologie che sono servite per produrre il vaccino anti-Covid.
Che le donne in medicina siano brave non è una novità. Per esempio, il virus dell’HIV è stato scoperto dall’immunologa francese Françoise Barré-Sinoussi. Che poi è stata insignita del premio Nobel per la medicina nel 2008. Venticinque anni dopo. Una fortunata, Françoise Barré-Sinoussi. Le donne che hanno ottenuto il premio Nobel in medicina sono state in tutto 12. I maschi 207. E a volte per riuscire hanno dovuto fare scelte estreme. Come la chimica cinese Tu Youyou, immunologa, premiata per i suoi studi lunghi una vita per debellare la malaria. Che si dice abbia abbandonato per sei mesi la figlia per poter continuare i suoi studi.
Perché alla fine siamo sempre allo stesso punto: le donne sono brave. Quanto e, spesso, più degli uomini. Ma, per dimostrarlo, devono fare sempre un giro di pista in più. Perché la medicina (come ogni altro settore) è da sempre dominata dagli uomini. Perché la maggior parte delle cure è pensata da uomini su corpi maschili. E perché a casa le donne hanno sempre altro da curare, una volta finito di lavorare, ricercare, studiare.