Le criptovalute sono un Far West. Ma occhio all’effetto Amazon

Il mercato delle criptovalute non si è ripreso dal crack del 2018. Ma il trend di lungo periodo è rialzista. E ha molte analogie con l’e-commerce

Matteo Cavallito
Il Bitcoin è la criptovaluta più diffusa © jaydeep_/Pixabay
Matteo Cavallito
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Un po’ Wall Street, un po’ febbre dell’oro: è il mondo, un po’ troppo misterioso ma forse promettente, delle ambiziose criptovalute. Bitcoin, certo. E non solo. Tra fascinazione tecnologica e vere e proprie truffe. Come ai tempi del Far West, come all’epoca della bolla internet. Non manca la speculazione, garantita implicitamente dalla volatilità del mercato; e non mancano le opportunità di riciclaggio, favorite a loro volta dall’anonimato e dalla scarsa trasparenza. Ma attenzione: nel marasma generale ci sono elementi di enorme interesse. E le analogie con il passato, in questo senso, impongono una certa attenzione per analisti, operatori di mercato e osservatori in genere.

Criptovalute in crisi

Al 1 aprile scorso, il mercato delle criptovalute monitorate da Coinmarketcap.com, uno dei maggiori data provider del settore, raggiungeva una capitalizzazione da 146 miliardi di dollari. Una cifra bel lontana dal picco dell’8 gennaio 2018, quando il settore valeva complessivamente 829 miliardi di dollari. Due mesi più tardi i prezzi erano crollati a tal punto da spingere al ribasso il dato aggregato fino a quota 331. Più del doppio, in ogni caso, del valore registrato dopo il primo trimestre 2019. Il fenomeno riguarda un po’ tutti. E le principali monete non fanno eccezione.

Verso la fine del 2017, il prezzo del bitcoin è triplicato nello spazio di un mese fino a sfiorare i 20mila dollari. Trenta giorni più tardi il valore si era dimezzato. Oggi siamo oltre quota 5mila dollari, con una forte impennata nella prima settimana di aprile dopo mesi di relativa stabilità. Ancora peggio è andata a Ethereum che a inizio aprile viaggiava attorno ai 142 dollari. Poco più di un decimo del prezzo massimo di gennaio 2018, quando la valuta si scambiava a 1.364 dollari.

Volatilità ai massimi

Coinmarketcap conta ad oggi 2.136 monete virtuali. Ma big a parte (bitcoin, Ethereum, Litecoin e pochi intimi) si tratta di per lo più di oggetti misteriosi. Chi li ha inventati? Chi li ha emessi? Quali sono i “fondamentali” e gli indicatori concreti alla base del loro prezzo? L’ultimo quesito è anche il più affascinante. Ma spesso trova una sola, scontatissima e tautologica risposta: l’eterna dialettica tra domanda e offerta. Siamo all’ABC dell’economia, insomma. Ma anche alla base di ogni bolla speculativa che si rispetti.

Basta guardare ai dati per scovare decine e decine di criptovalute capaci di centrare rialzi a tripla cifra percentuale nello spazio di sette giorni. E quasi altrettante in grado di cedere nello stesso periodo oltre la metà del proprio valore. Nell’ultima settimana di marzo, per dire, i fortunati scommettitori che hanno puntato su tale BlockCDN, una moneta digitale della piattaforma Ethereum, hanno guadagnato il 1639%. Nel medesimo intervallo di tempo, invece, gli incauti investitori di Crowdvilla Ownership hanno perso all’incirca il 94% del capitale.

Ma c’è anche un trend rialzista

Secondo Ferdinando Ametrano, direttore del Digital Gold Institute e docente di Bitcoin and Blockchain Technologies all’Università Bicocca e al Politecnico di Milano, il picco raggiunto dal mercato alla fine del 2017 avrebbe indotto molti investitori a fare cassa. «Il bitcoin trascina le altre valute, sono tutti asset correlati» spiega. Oggi la più celebre moneta virtuale è scambiata a un quarto circa del suo valore massimo. Ma la tendenza generale, finora, è nettamente rialzista. Lo segnalano i valori minimi annuali, tutti in crescita – con una sola eccezione – da otto anni a questa parte.

Fonte: Twitter

«Il bitcoin? Ricorda Amazon»

L’andamento dei prezzi, notoriamente, è da montagne russe. Ma la cosa, spiega il docente, non sorprende più di tanto. «Il bitcoin è soggetto a una forte volatilità, una caratteristica tipica di tutti i fenomeni ancora controversi» spiega Ametrano. «Alla fine degli anni ‘90, con lo scoppio della bolla dotCom, per fare un paragone, il titolo Amazon perse rapidamente buona parte del suo valore. Oggi viaggia ai massimi storici. Il fatto è che all’epoca l’e-commerce rappresentava un fenomeno del tutto nuovo, di cui si faticava a percepire il reale valore. Oggi accade la stessa cosa con le criptovalute».

Quello delle monete virtuali è un mondo variegato. Un mare magnum in cui si trova di tutto, truffe comprese ovviamente. Il parallelo con la bolla internet di fine secolo, insomma, è più che sensato. Ma i paragoni non finiscono qui. «Il mercato delle cryptocurrencies ricorda anche la corsa all’oro del vecchio West» commenta ancora Ametrano. «Solo che per il momento lo sceriffo non è ancora arrivato in città. Il settore, insomma, pullula ancora di furfanti, ma l’oro c’è e luccica. Per la prima volta nella storia del mondo telematico – conclude il docente – abbiamo un bene trasferibile ma non duplicabile: in questo senso il bitcoin è l’equivalente digitale del metallo prezioso».