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Le invasioni barbariche

Sulla competitività europea: un confronto tra il modello italiano di public procurement sociale e quello inglese Di Andrea Vecci e Peter Holbrook

Definizioni
In Italia la cooperativa sociale di "tipo B" ha lo scopo pubblico di includere nel mondo del lavoro persone svantaggiate, lavoratori normodotati e persone con una disoccupazione di lungo periodo. Le categorie di svantaggio possono includere la disabilità fisica e mentale, la dipendenza da sostanze stupefacenti e alcool, i disturbi evolutivi, così come i detenuti ammessi alle pene alternative o gli ex carcerati. Nelle cooperative sociali di "tipo B " almeno il 30 % dei soci lavoratori deve appartenere ad una delle categorie di svantaggio.

 

L’ impresa sociale nel Regno Unito gode di una definizione più ampia e forse più inclusiva che non cerca di definire lo svantaggio, anzi. La definizione che ne dà il governo britannico nel 2002 afferma che “una impresa sociale conduce un’attività economica con obiettivi principalmente sociali, i cui utili sono principalmente reinvestiti per tale scopo, a favore dell’occupazione o della comunità, invece che essere guidata dalla necessità di massimizzare il profitto per gli azionisti e proprietari.” Tuttavia ci sono condizioni aggiuntive a cui una impresa è tenuta a impegnarsi prima di essere certificata da Social Enterprise UK :

 

* l’attività economica deve avere una chiara missione sociale o ambientale , missione che deve essere dichiarata nei documenti di governo dell’impresa,  

* almeno la metà dei ricavi devono provenire da attività svolte nel mercato, commerciali,

* è controllata da una governance democratica, nell’interesse della propria missione sociale,

* reinveste o dona la metà degli utili o avanzi di gestione a favore dello scopo sociale,

* è trasparente sul proprio operato e sull’impatto sociale che è in grado di ottenere. 

 

In Italia la convenzione diretta è un contratto pubblico senza gara d’appalto tra l’amministrazione locale e una cooperativa sociale di "tipo B". Oltre alle clausole tecniche degli standard di servizio si aggiungono clausole sociali al fine di abbinare alla singola convenzione l’assunzione di soggetti svantaggiati, sostenendone così l’emancipazione dall’assistenza sociale locale. C’è così una percentuale del fatturato di questa forma di appalto che va a sostenere la formazione, l’occupazione e il reddito di soggetti svantaggiati.

 

Nel 2012 è stata approvata la nuova legge sul Valore Sociale nei Servizi Pubblici, con giurisdizione in Inghilterra e Galles. Richiede che tutti gli enti pubblici e quelli finanziati con fondi pubblici, tra cui università, collegi, scuole e fornitori di alloggi sociali, dimostrino la loro considerazione per l’impatto sociale, ambientale ed economico nell’affidare servizi a terzi mediante il public procurement. La legge attualmente si applica solo ai servizi e non ai beni, per appalti sopra la soglia dell’UE di 200.000 euro.

 

Il Pagamento a fronte di Risultati (PBR) è uno strumento di politica di governo del Regno Unito. Qui i pagamenti agli appaltatori che forniscono servizi pubblici sono subordinati alla verifica indipendente dei risultati, normalmente dopo che i servizi sono stati erogati. Questa norma è stata promossa energicamente per attuare le politiche interne in modo più efficace. Tuttavia PbR richiede agli imprenditori di avere la resilienza finanziaria per sostenere tutti i costi operativi di erogazione fintanto che i risultati vengono verificati. Nella sanità pubblica, nella riabilitazione degli ex carcerati o nel sostegno per i disoccupati ciò può significare che gli appaltatori devono attendere molti mesi o anni prima che i risultati siano evidenti. Nel Regno Unito questo ha portato molte piccole organizzazioni, che offrono servizi specialistici, a non essere in grado di competere a causa della mancanza di capitale circolante.

 

Questo articolo è stato scritto negli ultimi sei mesi cercando di sfatare un assunto di partenza: e cioè che la cooperazione sociale italiana benefici di una " posizione privilegiata " sugli appalti pubblici.

 

 

Gli appalti non sono aperti a tutti

I tre ambiti normati dall’Unione Europea rispetto agli appalti pubblici sono:

1) forniture e servizi strumentali alla pubblica amministrazione: sotto la soglia di 200.000 euro tutti i paesi sono autonomi.

2) appalti per servizi pubblici

3) appalti per lavori pubblici

 

La normativa italiana non consente alle cooperative sociale di "tipo B" di gareggiare per i punti 2 e 3. Ad esempio non possono gestire il trasporto pubblico locale ed emettere i biglietti di viaggio al cliente pagante, non possono costruire una strada, ecc… Lo possono fare solo se gareggiano in aggregazioni con altre società non cooperative sociali di "tipo B". 

 

La cooperativa sociale di "tipo B" può partecipare solo ad appalti pubblici (sopra soglia) o convenzioni (sotto soglia) del primo tipo, cioè servizi svolti in favore della pubblica amministrazione per esigenze strumentali della stessa e non dell’utenza. (pulizie, verde, manutenzioni, rifiuti, ecc, ad esclusione dei servizi socio-sanitari ed educativi di competenza delle cooperative sociali di "tipo A").

 

Si restringe un po’ la (presunta) posizione di privilegio, non è vero?

 

Apertura al mercato unico europeo

L’Italia consente anche ad operatori analoghi alle cooperative sociali di "tipo B" aventi sede negli altri stati membri, in possesso di requisiti equivalenti (fondamentalmente avere almeno il 30% di soggetti svantaggiati nel proprio personale, i requisiti vengono aggiornati e pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea) di potersi convenzionare direttamente con gli enti pubblici italiani per importi sotto soglia.

[Ad esempio Blue Sky, la social enterprise di Uxbridge vicino Londra, può iscriversi all’albo italiano, all’albo lombardo e gestire il verde pubblico di San Donato Milanese in convenzione sotto soglia.] 

 

Questo dato non sembrerebbe di pubblico dominio e nessuno sembra applicarlo, si restringe ancora la posizione di privilegio, non è vero?

 

Dalla scelta politica alla routine istituzionale

Da un paio di anni, per rendere meno "interpretabile politicamente" il soddisfacimento del cosiddetto "interesse pubblico" che sta dietro un affidamento diretto (l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati) e renderlo invece più "interpretabile istituzionalmente", gli enti devono emanare una delibera di indirizzo politico, e stilare una lista istituzionale di cooperative sociali di "tipo B" accreditate in modo che di volta in volta sia il dirigente, e non il politico, a decidere se fare una convenzione diretta, oppure negoziale tra più cooperative sociali di "tipo B" accreditate, oppure una gara riservata alle cooperative sociali di "tipo B" sempre per importi sotto la soglia.

 

Molti enti pubblici, piuttosto che mettere in pratica queste nuove procedure, hanno preferito includere quei servizi che prima erano in convenzione diretta, all’interno di appalti sopra soglia.

Molti servizi gestiti in precedenza dalle cooperative sociale di “tipo B” sono ora integrati in appalti privi delle clausole sociali: ciò restringe ancora un po’ la posizione di privilegio, non è vero?

 

Opportunità di contratto connesse con gli inserimenti lavorativi

Molti soggetti svantaggiati sono stati abbinati a una cooperativa sociale di “tipo B” in seguito ad una convenzione diretta tra la loro amministrazione locale e la cooperativa.

Le cooperative sociali di “tipo B” li hanno assunti a tempo indeterminato credendo che le promesse politiche di rinnovare ad libitum la convenzione diretta sarebbero state mantenute a causa dell’interesse pubblico alla base dell’accordo.

 

L’epoca dei tagli ai budget e dei cambiamenti regolativi, ha portato gli enti locali a non rinnovare la convenzione diretta al suo scadere.

L’impossibilità etica e legale per le cooperative sociali di “tipo B” di licenziare l’inserimento lavorativo in precedenza abbinato ad una convenzione diretta, riduce il potenziale per nuovi abbinamenti da svolgersi con altri enti pubblici locali, anche in quelle organizzazioni che raggiungono il 50% di inserimenti lavorativi.

 

Questo riduce il potenziale per nuove convenzioni, poiché l’organico di una cooperativa sociale di “tipo B” rischia di diventare più denso di soggetti fragili, a scapito delle prestazioni di mercato. 

 

Questo scenario combacia con la presunta posizione di privilegio?
Si riconosce il "vantaggio competitivo" perché è quel motivo che fa ottenere buone performance nel produrre utile. Questo motivo può variare da impresa a impresa.

 

Per le cooperative sociali di “tipo B” l’utile non diventa mai profitto, resta solo una misura di quanto bene sia stata capace di fare scelte di mercato. Così alla fine dell’esercizio, l’utile si trasforma in patrimonio per gli investimenti o per autofinanziarsi.

 

Il vantaggio competitivo per una cooperativa sociale di “tipo B” è la possibilità di presidiare, sviluppare e difendere nel tempo, con maggiore intensità dei rivali, una risorsa critica che è anche un fattore di successo: la spesa per servizi delle amministrazioni locali sotto la soglia.

 

Come?

 

Creando un duplice legame con l’ amministrazione locale:

 

* Creando valore diretto: eseguendo al meglio i capitolati tecnici richiesti dal committente seguendo gli standard di mercato.

* Creando valore indiretto: rispettando il capitolato sociale richiesto dal committente sull’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiato in carico ai servizi sociali locali. Qui però non ci sono standard di mercato (Social Value nel Regno Unito), il collocamento obbligatorio è sempre stata una funzione pubblica.

 

Il primo livello di vantaggio competitivo è nei confronti delle imprese tradizionali: non sono rivali perché non assolvono la seconda funzione.

 

Il secondo livello di vantaggio competitivo è nei confronti delle altre coop. B, organizzato su tre intensità: 

 

1) gara d’appalto pubblico riservato a tutte le cooperative sociali di "tipo B" (vantaggio competitivo più rischioso)

2) invito negoziale a presentare un’offerta, riservato ad un massimo di 5 cooperative sociali di "tipo B" (vantaggio competitivo meno rischioso)

3) Affidamento diretto ad una cooperativa sociale di "tipo B" di comprovata fiducia (vantaggio competitivo massimo)

 

Questo è quello che la politica ha “venduto” alle cooperative sociali di "tipo B" usandole per dare impiego alle persone in carico amministrativo almeno per un decennio, poi la "pacchia" è finita. Alcuni comuni hanno addirittura spinto/agevolato affinché alla fine degli anni ’90 si costituisse la cooperativa sociale di "tipo b" del proprio territorio. Ad oggi è diventato più difficile fare nuovi inserimenti lavorativi associati a nuove convenzioni perché è finita la capienza di un numero sostenibile di addetti svantaggiati e rimasti orfani della convenzione che li aveva fatti assumere dalla cooperativa.

 

Questo è lo scenario oggi: il vantaggio competitivo portato avanti dalla legge italiana n.381/91 non sta più producendo valore aggiunto sufficiente o posizioni privilegiate.

 

Il Social value Act

In Gran Bretagna il Social Value Act produce un vantaggio competitivo perché norma, come fa la L. 381/91, il public procurement non vincolando, però, la partecipazione alle imprese private o limitando l’accesso ad una specifica forma giuridica dei partecipanti, ma riservando un punteggio maggiore a chi propone un impatto sociale. 

 

È come se il Regno Unito avesse esteso la deroga agli appalti pubblici della L. 381/91, prevedendo cioè un capitolato sociale, in qualsiasi gara d’appalto. Questo non significa aver creato una nicchia riservata alle imprese sociali, ma spingere affinché anche le imprese tradizionali si interroghino prima e introducano poi nuovi processi anche su questi aspetti. Non solo, significa che anche sugli impatti sociali c’è la prospettiva di costruire standard di mercato.

 

Certamente il modello anglosassone di Public Procurement sotto soglia è un po’ più rischioso rispetto a quello italiano, mentre è assolutamente più favorevole per appalti sopra la soglia. 

 

Cooperative sociali di “tipo B” in Italia hanno partecipato a gare d’appalto sopra soglia contro 30/40 aziende tradizionali senza che ci fosse alcun riconoscimento dell’impatto sociale.

 

Ma veniamo al punto più controverso: il risultato.

L’inserimento lavorativo in una cooperativa sociale di "tipo B" produce almeno i seguenti effetti:

 

* la persona svantaggiata diventa sempre più autonoma, anche dai servizi territoriali. Questo significa per il Comune pagare una retta di meno (un educatore in meno, un tutor in meno, un centro diurno in meno, un posto in alloggio protetto in meno). Significa anche risparmiare nel contributo alle spese del soggetto, "la mancia". Pensiamo al risparmio prodotto all’interno dell’economia carceraria o sanitaria. Nessuno in Italia l’ha mai misurato in quanto non necessario in un modello che non paga rispetto ai risultati ottenuti (PbR).

 

* la persona da utente diventa contribuente! Da consumatore di welfare ne diventa finanziatore. Cioè non solo lo stato risparmia ma ci guadagna. Per i carcerati, ad esempio, vige ancora la regola di lasciare una sorta di "decima" dello stipendio al carcere.

 

Ecco una semplice lista di esternalità positive o risparmi nella spesa pubblica che il modello della cooperativa sociale di “tipo B” produce per la comunità:

 

1) il gettito IVA prodotto dalle attività produttive svolte dai soggetti svantaggiati;

2) il gettito IRPEF connesso al nuovo reddito dei soggetti;

3) valutazione della diminuzione/assenza dell’assistenza socio-sanitaria pubblica in ottica evolutiva;

4) diminuzione o mancato versamento della pensione di invalidità civile, se dovuta;

5) assenza o diminuzione dei contributi integrativi al reddito familiare (sostegno minimo vitale);

6) altri risparmi per la pubblica amministrazione locale (servizi territoriali).

 

E qui il sistema anglosassone del Payment By Results è interessante perché esplicita, in aliquote sempre crescenti, la quota di risparmio generato dall’impatto sociale a favore della collettività, riconoscendone una parte direttamente all’ente gestore. 

 

Questo non è più un vantaggio competitivo ma un vantaggio economico diretto, che non tocca, cioè, la capacità di ottenere la prossima commessa pubblica in convenzione ma influenza il conto economico dell’attuale esercizio che ha prodotto quell’impatto sociale. Il PbR è anche un sistema di "certificazione" dell’impatto sociale, cioè un nuovo standard di mercato di quell’appalto, che diventa un track record: i prossimi aggiudicatari dovranno dimostrare di essere migliori dei precedenti.

 

Due diversi ecosistemi

Quindi la nostra domanda: è meglio svolgere l’attività di cooperativa sociale di "tipo B" in Italia o nel Regno Unito, rispetto alle modalità di public procurement?

 

In Italia c’è un ecosistema sotto soglia molto favorevole, ma praticamente inaccessibile sopra. Certo, l’impatto sociale si produce a prescindere dalla provenienza della commessa (pubblica/privata) ma l’ente locale, che dovrebbe essere l’attore più interessato, lo collega a sé solo in contratti sotto soglia. Non c’è alcun premio economico diretto se investo in metodologie di impatto sociale più performanti.

 

Nel Regno Unito c’è un ecosistema in generale più rischioso (escludendo la Community Interest Company), più competitivo di quello italiano, col rischio che il concorrente privato riesca comunque a battere l’impresa sociale sul prezzo più che sulle performance dell’inserimento lavorativo, ma quelli che vincono possono negoziare una ricompensa in proporzione ai risparmi prodotti sulle politiche di welfare, qualsiasi sia l’ambito di business del procurement. E in questo le imprese sociali dovrebbero essere in grado di fare molto meglio del settore privato.

 

La risposta alla nostra domanda dipende anche dalle strategie di sviluppo: se si vuole ottimizzare il vantaggio competitivo in Italia è meglio rimanere una cooperativa sociale di “tipo B” di piccole o medie dimensioni che diversifichi i settori di business in modo da poter partecipare a più convenzioni dirette in un territorio circoscritto, con un fatturato spacchettabile in quote di convenzioni pubbliche sotto soglia. 

 

Se si vuole ottimizzare il vantaggio competitivo nel Regno unito è opportuno diventare una cooperativa sociale di “tipo B” medio/grande specializzata in 1 o 2 settori di business in modo da partecipare a gare sopra soglia in un territorio più grande.

 

Il tema della competitività europea all’interno del mercato unico sarà al centro della revisione del Public Procurement per i servizi pubblici, incluso il campo delle cooperative sociali.

 

L’Italia e il Regno Unito, due degli stati con le migliori prestazioni nel mondo dell’economia sociale, saranno capaci di costruire un ecosistema unico che promuova la crescita dell’impresa sociale e non solo la difenda dalle “invasioni barbariche”?

 

Gli autori dell’articolo pubblicato su valori.it e socialenterprise.org.uk

 

Peter Holbrook

Londra, Regno Unito – Amministratore Delegato di Social Enterprise UK – Bio
 

Andrea Vecci

Milano, Italia – Vice Presidente della cooperativa sociale Il Giardinone e autore sul tema della Social Innovation