Legge sulla finanza etica: un’ottima notizia, ma va aggiustata un po’
In attesa dei decreti attuativi, Banca Etica presenta le sue osservazioni: più incentivi fiscali, valutazione interna del merito creditizio, standard etici internazionali
Una legge sulla finanza etica c’è (la 232/2016), almeno in Italia. Su questo siamo più avanti di molti Paesi europei. Una norma approvata nel dicembre del 2016, di cui, però, deve ancora essere approvato il decreto attuativo. Ma ci siamo quasi. Proprio oggi si chiudeva la consultazione pubblica sul decreto. Banca Etica, l’unico soggetto in Italia che rispondeva cui requisiti fissati dalla legge, aveva qualcosa da dire a riguardo e ha presentato le sue osservazioni al ministero dell’Economia. Incentivi fiscali troppo bassi, la valutazione sulla sostenibilità dei crediti e dei soggetti finanziati che dovrebbe restare interna alla banca e il ricorso a standard di sostenibilità internazionali. Sono le principali richieste avanzate dall’istituto di credito.
La legge approvata nel 2016
Nella legge di bilancio approvata in via definitiva il 7 dicembre (2016 appunto) era previsto un articolo che modificava il Testo Unico Bancario (TUB) introducendo la definizione dei requisiti che una banca deve avere per essere definita “etica” e fissando alcuni incentivi fiscali per questo tipo di banche. Un provvedimento passato a grandissima maggioranza, cosa di per sé significativa.
«Per la prima volta l’ordinamento italiano riconosce il valore della finanza etica», scriveva Banca Etica nel suo blog tre anni fa. «Questo provvedimento non rappresenta un punto di arrivo, ma un punto di partenza fondamentale verso il pieno riconoscimento, politico e legislativo, del valore economico, sociale ed ambientale della finanza etica».
I requisiti per essere banca etica
Per la norma (inserita nella legge di bilancio, art.1 comma 51, come modifica all’art 111 del TUB) sono operatori bancari di finanza etica e sostenibile le banche che conformano la propria attività ai seguenti princìpi:
- valutano i finanziamenti erogati a persone giuridiche secondo standard di rating etico internazionalmente riconosciuti, con particolare attenzione all’impatto sociale e ambientale;
- danno evidenza pubblica, almeno annualmente, anche via web, dei finanziamenti erogati di cui alla lettera a), tenuto conto delle vigenti normative a tutela della riservatezza dei dati personali;
- dedicano almeno il 20% del proprio portafoglio di crediti a organizzazioni senza scopo di lucro o a imprese sociali con personalità giuridica, come definite dalla normativa vigente;
- non distribuiscono profitti e li reinvestono nella propria attività;
- adottano un sistema di governance e un modello organizzativo a forte orientamento democratico e partecipativo, caratterizzato da un azionariato diffuso;
- adottano politiche retributive tese a contenere al massimo la differenza tra la remunerazione maggiore e quella media della banca, il cui rapporto comunque non può superare il valore di 5.
Banca Etica apprezza, ma…
Fin dal primo momento Banca Etica aveva apprezzato il risultato raggiunto, considerandolo però un punto di partenza, con alcuni aspetti da “aggiustare:” «Banca Etica esprime apprezzamento e incoraggiamento per il lavoro intrapreso dalle istituzioni italiane per la costruzione di una cornice normativa e regolamentare che riconosca e incentivi la finanza etica – si legge nella lettera inviata l ministero dell’Economia – Tale attività, se efficacemente disegnata e implementata, potrebbe porre l’Italia all’avanguardia nel mondo per quanto concerne la promozione della finanza sostenibile».
Ma ci sono una serie di “ma”. Che Banca Etica ha racchiudo in alcune osservazioni e richieste.
Incentivi fiscali troppo deboli
La norma prevede alcuni incentivi fiscali rivolti a chi rispetta i requisiti per esser definita banca etica: 200mila euro di detassazione degli utili reinvestiti in tre anni. «Sono inadeguati – scrive Banca Etica – non portano nessun vantaggio significativo».
E chiede che «si rivedano in modo significativo gli incentivi, con la possibilità di eliminare il tetto massimo, così come già avviene per le banche di credito cooperativo».
Valutazione interna della sostenibilità dei crediti
La norma approvata tre anni fa prevedeva una certificazione esterna della valutazione dei crediti concessi dagli istituti. «I processi di valutazione dell’impatto del credito sono un modello proprietario della banca – ricorda Banca Etica – che definisce l’essenza stessa del suo operato e verrebbe snaturato dalla rigidità di esternalizzare questo processo».
La richiesta della banca, quindi, è quella di «mantenere la valutazione interna, ma di stabilire l’obbligo per l’intermediario di pubblicare in modo trasparente l’impatto sociale e ambientale di tutti i finanziamenti erogati».
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Servono standard etici internazionali
Il decreto fa riferimento in maniera poco chiara alla necessità di adeguarsi a rating di sostenibilità riconosciuti in ambito internazionale. Ma, come Valori ha ampiamente spiegato, al momento non esistono criteri universalmente riconosciuti sulla sostenibilità delle imprese.
Banca Etica suggerisce quindi di «indicare come modelli di riferimento gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, che sono ormai riconosciuti a livello globale».