Leonardo, le non-risposte agli azionisti critici
Come ogni anno, le risposte di Leonardo agli azionisti appaiono insufficienti, elusive o tautologiche
Anno nuovo, stesso copione nell’assemblea degli azionisti di Leonardo SpA. Stessa modalità di svolgimento (solo attraverso il rappresentante delegato, senza dare la possibilità agli azionisti di interloquire con l’azienda, nonostante il Covid-19 sia stato anche ufficialmente declassato). Stessa reticenza nelle risposte alle domande inviate da Fondazione Finanza Etica prima dell’assemblea per ottenere risposta scritta. In realtà si tratta di non-risposte, o risposte elusive o tautologiche. Come quella sul perché non sia stata approntata la diretta streaming: Leonardo non lo ha ritenuto necessario!
Certamente comportamento singolare per una società di cui il Governo è l’azionista di riferimento (il ministero dell’Economia controlla il 30,2% del capitale) e che dovrebbe agire secondo il principio di derivazione costituzionale della trasparenza.
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La carenza di trasparenza di Leonardo verso gli azionisti
Infatti, sulle domande relative alla performance delle diverse divisioni dell’impresa, nelle quali chiedevamo i dettagli relativi a «le performance in termini di produzione (quantità e tipologia di pezzi prodotti)» per ciascun sito produttivo oltre che per aggregazione di divisione, in maniera inspiegabile la risposta è stata redatta omettendo di evidenziare la quantità e tipologia di pezzi prodotti oltre che le unità di personale impegnate e il fatturato di ciascun sito produttivo. Una carenza di trasparenza nei confronti dei propri azionisti che impedisce, in particolare, di verificare la coerenza con gli annunci dei livelli occupazionali legati a singole produzioni.
Avevamo chiesto di conoscere «i dati relativi all’export di natura militare del gruppo Leonardo dall’Italia avvenuto nel corso del 2022, con una suddivisione per tipologia di sistema d’arma esportato (controvalore, numero di pezzi, ecc.) e con una indicazione del grado di completamento degli ordini/autorizzazioni relativi (cioè quanta produzione/esportazione è prevista per il futuro legata a ciascuno dei sistemi d’arma esportati)». Ma a questa domanda Leonardo risponde in parte con frasi da brochure pubblicitaria e per il resto con percentuali di dati aggregati per macro settore produttivo (dunque non per tipologia di sistema d’arma esportato), rinviando alla relazione del Governo al Parlamento ex legge 185/90, ben sapendo che proprio quella relazione è carente sui dettagli del tipo di informazioni richieste.
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Evasivi sui Paesi di destinazione dell’export di Leonardo, nonostante le nostre precise richieste
Sull’Arabia Saudita, forse involontariamente, Leonardo fa un mezzo passo falso. Non ha trattative in corso per la vendita di velivoli Eurofighter con il Paese, diversamente da quanto riportato da numerosi organi di stampa di recente. Una “notizia”. Ma siccome partecipa al Consorzio Eurofighter e, in base agli accordi di partecipazione, ha contribuito alla produzione di componenti di questi velivoli; e dato che questi sono stati consegnati all’Arabia Saudita dal Regno Unito, diremmo che sì, Leonardo ha contribuito all’esportazione al Paese del Golfo di questi caccia.
Ma non formalmente. Infatti Leonardo ci dice che i componenti dell’Eurofighter da loro prodotti sono stati regolarmente esportati sotto licenza emessa dal MAECI (e contenuti nelle relazioni al parlamento ex legge 185/90) al Regno Unito. Questa triangolazione ci dice molto delle falle logiche della legge 185/90 e anche della policy sui diritti umani che Leonardo ha adottato. Infatti l’azienda «ribadisce il proprio impegno, nello svolgimento delle proprie attività, a rispettare e promuovere i diritti umani». Ma l’attività di produzione di componenti dell’Eurofighter venduti all’Arabia Saudita (dal Regno Unito) coinvolta nel conflitto in Yemen, non sono forse un problema per la tutela e il rispetto dei diritti umani?
«Soprattutto sulla vexata quaestio della partecipazione di Leonardo SpA a programmi di armamenti nucleari abbiamo insistito»
Abbiamo chiesto la definizione di “sistema d’arma” adottata da Leonardo perché negli anni precedenti l’azienda aveva risposto che, realizzando solo una parte di un sistema d’arma di tale tipo (il vettore del missile francese con testata nucleare), essa non partecipava alla realizzazione di sistemi d’arma nucleari. Leonardo risponde facendo riferimento pedissequo alla legge 185/90: «la dicitura “sistema d’arma” rientra nella definizione di materiale di armamento ex articolo 2 della legge 185/90».
Ma siccome la normativa adottata dal Governo italiano «nelle note esplicative finalizzate all’iscrizione dei materiali, dà «facoltà di iscrivere i singoli componenti» … ovvero … «iscrivere il sistema d’arma comprensivo dei suoi componenti» … purché … «in linea con le categorie fissate dal decreto recante l’elenco dei materiali di armamento in attuazione della direttiva UE vigente», si capisce che Leonardo fornisce il proprio elenco di materiali di armamento inteso come suoi singoli componenti e non come sistema d’arma comprensivo dei singoli componenti.
Così, in perfetto stile “Comma 22”, Leonardo dice che non partecipa a sistemi d’arma a potenzialità nucleare perché se dicesse che ne produce una sua componente (diremmo decisiva, trattandosi del vettore), si dichiarerebbe società produttrice di armi nucleari.
Le domande relative alla partecipazione nel consorzio MBDA
Così Leonardo, (non) rispondendo alla nostra domanda su quali siano le attività che svolge per la realizzazione del programma francese ASMP-A (cioè il missile a capacità nucleare prodotto da MBDA, partecipato da Leonardo per il 25%), ci dice che «le attività sono “French eyes only“ e svolte tutte in Francia con Mbda France design authority e prime contractor. Leonardo in quanto società italiana non è coinvolta in un programma “French eyes only”. Insomma, Leonardo non fa niente in questo progetto e ci mette solo capitali in MBDA… solo per gli occhi dei francesi, diremmo!
Alle domande successive, sempre relative alla partecipazione di Leonardo nel consorzio MBDA per la realizzazione del programma ASMP-A e del nuovo programma che lo sostituirà ASN4G, Leonardo sostanzialmente ammette di non sapere niente di quello che il consorzio di cui fa parte con il 25% produce. Chiediamo: il vettore del missile può trasportare indifferentemente testata convenzionale o nucleare?, rinviando alla prima “risposta”, sostiene Leonardo che «in quanto società italiana non è coinvolta in un programma French Eyes Only». Stessa storia per la domanda su quale sia l’effettivo apporto tecnologico e costruttivo al programma. O alla domanda circa quali materiali di armamento di Leonardo contenuti nell’elenco articolo 2 comma 2 della legge 185/90 siano prodotti dal consorzio MBDA: «I prodotti del consorzio MBDA non fanno parte del catalogo prodotti di Leonardo».
La partecipazione di Leonardo alla produzione di sistemi d’arma a capacità nucleari
Sullo stesso argomento, ovvero la partecipazione a sistemi d’arma a capacità nucleari, Leonardo inciampa sugli F-35 della Lockheed Martin, che otterranno la certificazione per il trasporto della nuova bomba nucleare guidata B61-12 statunitense. E che nel 2024 sostituiranno i caccia a doppia capacità Tornado Panavia utilizzati per le missioni di attacco nucleare. Sì, Leonardo ammette che produce le ali degli F-35 che possono essere installate sulla linea di assemblaggio velivoli nello stabilimento di Cameri, oppure inviate in Texas per l’installazione sulla linea di assemblaggio velivoli Lockheed Martin. Dunque, le ali prodotte da Leonardo potranno essere installate sugli F-35 a capacità nucleare americani (ed anche quelli italiani o, ad esempio, olandesi) e per questo motivo ci domandiamo se questa non sia una palese ammissione del fatto che Leonardo partecipa alla realizzazione di un sistema d’arma nucleare.
Inoltre, Leonardo ammette di realizzare a Cameri le attività di assemblaggio finale, manutenzione, riparazione, revisione e aggiornamento dei velivoli italiani e «di alcune forze aeree straniere». Senza però dare alcuna informazione su quali sarebbero questi Paesi stranieri.
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L’attività di Leonardo può essere compatibile con la Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR)?
Abbiamo interrogato Leonardo circa la compatibilità del proprio impegno nella realizzazione di componenti di sistemi d’arma a capacità nucleari, direttamente (F-35) o attraverso consorzio (MBDA) e la classificazione delle azioni di Leonardo SpA in fondi ex articoli 8 e 9 del Regolamento SFDR della Ue e se Leonardo avesse calcolato il rischio legato all’eventuale espulsione dell’azienda da questi fondi. Leonardo ci informa che «non esiste una metodologia unica e omogenea tra i data provider nella valutazione di una società ed eventuale connessione ad armamenti nucleari e che ad oggi non esiste un unico e omogeneo approccio da parte della comunità finanziaria nell’implementazione della SFDR».
Cose peraltro note, purtroppo, a chi si occupa come noi di questi temi. Ma noi vogliamo informare che proprio perché vi sono diversi data provider che valutano che Leonardo sta effettivamente partecipando alla produzione di armamenti nucleari, e che quindi diverse società di gestione del risparmio la escludono dai fondi articoli 8 e 9 della SFDR.
Caso mai fa un po’ effetto venire a conoscenza da Leonardo che alla fine del 2022 il 55% del totale delle fonti di finanziamento a disposizione del Gruppo è legato a parametri ESG. E che tali fonti sono legate a KPI relativi alla riduzione delle emissioni di CO2 attraverso l’eco-efficienza dei processi industriali, la promozione dell’occupazione femminile con lauree in discipline STEM. Ciò ci dice qualcosa circa i limiti di una normativa europea che allo stato attuale considera soltanto o principalmente parametri ambientali e non sociali (relativi a tutti gli SDG delle Nazioni Unite).
La candidatura di Roberto Cingolani a amministratore delegato non è compatibile con la “legge Severino”
Infine, una notazione merita la candidatura dell’ex ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani alla carica di amministratore delegato. A nostro avviso incompatibile con le disposizioni della Legge 215/2004, nota come “legge Severino”, non essendo ancora trascorsi i 12 mesi dalla cessazione della carica al momento in cui lo stesso Cingolani sarà nominato Ad.
Cingolani ha dichiarato di non incorrere nel divieto della legge e dunque abbiamo chiesto in base a quale interpretazione della legge avesse fatto una simile autodichiarazione. Leonardo non risponde, se non in modo tautologico: «Cingolani ha dichiarato di non incorrere nel divieto di cui all’articolo 2 della legge 215/2004 e, dunque, non emergono profili in grado di configurare cause di ineleggibilità». Ma noi avevamo chiesto di conoscere secondo quale interpretazione della legge Cingolani avrebbe autodichiarato ciò. Naturalmente, ci attendiamo che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato preposta al controllo delle autodichiarazioni del caso, faccia i doverosi accertamenti, previsti anch’essi dalla legge.