Litigation funds: i pericolosi rapporti tra finanza e giustizia
Negli ultimi anni si sono affermati i litigation funds: anticipano i costi delle class action e, in caso di successo, trattengono parte dei rimborsi
Ricordate il Dieselgate, quando diverse case automobilistiche – Volkswagen in testa – furono accusate di falsificare le emissioni dei loro motori? È probabilmente il più noto, ma è solo uno degli scandali che negli ultimi anni hanno coinvolto alcune delle più grandi multinazionali del Pianeta. Dai cartelli sui prezzi alle truffe, dalla vendita di prodotti nocivi ai disastri ambientali, c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Con le azioni collettive, o class action, gruppi di cittadini possono organizzarsi per chiedere dei rimborsi alle imprese coinvolte. C’è però un problema. È difficile organizzarsi e raccogliere le risorse necessarie per portare avanti cause estremamente dispendiose e che possono durare anni. Soprattutto se di fronte hai una multinazionale con disponibilità economiche pressoché illimitate.
Negli ultimi anni si sono sviluppati dei soggetti specializzati nel finanziare le cause collettive dei cittadini contro le grandi imprese. Si chiamano litigation funds. Semplificando, anticipano i costi legali e, in caso di successo, trattengono una parte dei rimborsi ottenuti. A prima vista, sembrerebbero dei novelli Robin Hood che aiutano i deboli cittadini nell’affrontare un’impari lotta contro le più potenti multinazionali. Ma forse le cose non stanno esattamente cosi.
Quali sono i reali obiettivi dei litigation funds?
Alcuni articoli sottolineano come questi fondi sarebbero nettamente più interessati al profitto che non alla tutela di chi promuove la causa. Secondo le accuse, le commissioni in caso di successo potrebbero arrivare anche al 50% della somma ottenuta. In alcuni casi i litigation funds moltiplicherebbero i contenziosi e tirerebbero per le lunghe i processi, in modo da ottenere condizioni per loro più vantaggiose.
Ci sono anche sospetti che in alcune situazioni possano esserci altri interessi in gioco, e in particolare questioni economiche, strategiche e politiche che nulla hanno a che vedere con la giustizia. Un fondo potrebbe ad esempio finanziare una causa contro una multinazionale in modo da favorire alcune imprese concorrenti.
Le istituzioni europee pensano alla regolamentazione
Fatto sta che, negli Stati Uniti, i litigation funds sono una realtà che muove una cifra intorno ai 15 miliardi di dollari. Come per diverse altre innovazioni finanziarie, in Europa si inizia a discutere sull’opportunità di seguire la strada già intrapresa dall’altra parte dell’Atlantico. Dopo un primo report del Parlamento europeo, la Commissione ha lanciato un audit per decidere se sia il caso o meno di legiferare in materia.
Da una parte c’è chi teme una situazione fuori controllo, con la possibilità che tali fondi lancino cause con il solo scopo di estorcere denaro alle imprese. Da parte loro, i fondi stessi negano simili accuse, sostenendo di accettare unicamente tra il 3 e il 5% delle cause che vengono loro presentate. Difficile capire dove sia la verità. Parliamo di strumenti che permettono ai cittadini di riequilibrare un rapporto di forza nettamente sbilanciato a favore delle multinazionali o, al contrario, dell’ennesima ingerenza di una finanza ipertrofica che ha trovato il modo di estrarre profitti persino dalla giustizia?
I rappresentanti di questi fondi ovviamente propendono per la prima versione. Molte multinazionali chiamate in giudizio negli ultimi anni, altrettanto ovviamente, per la seconda. Vedremo nei prossimi mesi se e come l’Unione europea deciderà di regolamentarli. Il rischio concreto è che, in questo scontro tra poteri forti dell’industria e della finanza, per l’ennesima volta siano proprio i cittadini che reclamano giustizia a rimanere stritolati.