Lobby e multinazionali fossili pagano per influenzare la Cop29
Mancano regole chiare per limitare le lobby, così le multinazionali fossili investono cifre esorbitanti per influenzare i colloqui di Baku
La Zona Blu dello stadio olimpico di Baku è il centro nevralgico della Cop29. Lo spazio gestito direttamente dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc) che la organizza. Dovrebbe essere riservato a dirigenti e amministratori pubblici, o membri delle Ong climatiche, dato che lì si svolgono i negoziati formali e i processi decisionali dell’intera conferenza. Invece non è così. Tra i vari stand e padiglioni della Zona Blu in questi giorni se ne trova uno molto attivo. Si chiama BusinessHub, ed è quello della International Emissions Trading Association (Ieta). Una lobby aziendale composta da alcuni dei maggiori produttori di combustibili fossili ed emettitori di gas serra al mondo.
Ma non è finita qui, perché questo spazio è sponsorizzato a sua volta dai giganti di gas e petrolio come Chevron, ExxonMobil, Socar e TotalEnergies. Questa è solo una delle mille contraddizioni di un evento ospitato in un Paese come l’Azerbaigian, che fonda la sua economia sulle fonti fossili. E più in generale di un evento come le Cop in cui la stessa Unfccc che le organizza non si è ancora dotata di regole chiare che impediscano di considerare le lobby come parte delle delegazioni governative di un Paese. Il che consente loro entrare nella Zona Blu e di assistere a negoziati che dovrebbero essere appunto riservati a dirigenti pubblici. Figuriamoci quindi trovarsi le multinazionali del fossile tra gli sponsor.
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Chevron, Exxon, Socar e TotalEnergies sponsor della Cop29?
Nel padiglione della potente lobby si dovrebbero tenere eventi pensati per «promuovere la cooperazione aziendale sulle soluzioni del mercato del carbonio, l’innovazione tecnologica e la finanza climatica». Ma è chiaro che il risultato è di offrire una marcata visibilità alle multinazionali del fossile. E soprattutto permettere loro un accesso privilegiato a tutta una serie di incontri e decisioni che dovrebbero, in teoria, non andare proprio a loro favore. Secondo il modulo di registrazione per gli sponsor rilasciato da Ieta, e visionato da DeSmog, le multinazionali del fossile hanno infatti pagato non solo per essere presenti nel padiglione. Ma anche per agire.
Chevron, la terza più grande compagnia petrolifera e di gas al mondo per capitalizzazione di mercato, ha speso 25mila dollari per essere un «supporting partner» di Ieta alla Cop29. In cambio, il gigante dei combustibili fossili ha ottenuto accesso a una sua sala eventi, a diversi spazi per gli uffici. La possibilità di esporre il proprio marchio sia sulle pubblicazioni, online e cartacee, sia negli appositi spazi all’interno della conferenza. Oltre a un «accesso facilitato ai media in loco». Dal canto loro Exxon, Socar e TotalEnergies hanno invece pagato 10mila dollari ciascuna per l’utilizzo di una sala eventi. Per far comparire il proprio marchio sui materiali Ieta e per l’accesso ai media. TotalEnergies ha inoltre speso altri 5mila dollari per sponsorizzare un pranzo privato nello spazio eventi Ieta.
Sponsor e lobby non osservano solo ma agiscono. E se ne vantano pure
E così succede che il primo giorno della Cop29 i delegati hanno approvato nuove regole sui “carbon credit”. Gli accordi che disciplinano il commercio in inquinamento permettendo di ricompensare la CO2 emessa. E sulle tecnologie di cattura e sequestro dell’anidride carbonica (Ccs). Ebbene, sono diversi anni che Ieta tenta di influenzare i colloqui su questi temi, tanto che già nel 2018 si era vantata con DeSmog che «le sue proposte avevano trovato posto nel testo negoziale». E l’allora consigliere capo per i cambiamenti climatici della Shell si vantò del fatto che grazie a Ieta la multinazionale del petrolio avrebbe potuto «prendersi un po’ del merito per il fatto che i “carbon credit” erano stato adottati nell’accordo di Parigi».
Ma come spiega Myriam Douo, esperta di false soluzioni presso il gruppo di difesa Oil Change International, queste decisioni sono state «un regalo» per le multinazionali di gas e petrolio. «In base a queste linee guida fasulle, le cosiddette tecnologie speculative di rimozione dell’anidride carbonica e i programmi di cattura guidati dalle compagnie petrolifere e del gas potrebbero essere considerati compensazioni. Anche se in realtà aumentano l’inquinamento climatico». Ovviamente anche quest’anno Ieta tiene sessioni sulle tecnologie di cattura e sequestro dell’anidride carbonica. Per la gioia di Chevron, ExxonMobil, Socar e TotalEnergies. E degli altri sponsor inquinanti.
E il record di lobbisti mascherati è del Governo Meloni
Ma non è finita qui. Oltre ai giganti dei combustibili fossili, gli sponsor degli eventi organizzati da Ieta alla Cop29 includono diverse altre grandi aziende come Amazon e Bayer. Perché il problema più generale, ben rappresentato dal caso Ieta, è quello dell’accesso di lobby e sponsor nel cuore di una conferenza che dovrebbe essere riservata a dirigenti pubblici o di organizzazioni non governative. E che dovrebbe occuparsi di manovre di contrasto ai cambiamenti climatici. E come lupi travestiti da agnelli, spesso questo lobbisti entrano proprio spacciandosi per delegazioni governative E a fare la parte del gigante nel travestire i lobbisti da delegati governativi è niente di meno che il Governo Meloni.
Lo denunciano i partecipanti della campagna Clean the Cop! – Fuori i grandi inquinatori dalle Cop sul clima, promossa da A Sud, EconomiaCircolare e Fondazione Openpolis. Come spiegano gli attivisti, lo scorso anno alla Cop28 di Dubai il badge alla stragrande maggioranza dei lobbisti nostrani è arrivato direttamente dal Governo italiano. In pratica, calcolando solo i più evidenti rappresentanti di enti con interessi esclusivi o parziali nel mondo fossile, con Eni, Snam, Saipem, Enel, A2A e Edison, si sono contati 40 accrediti dal Governo su un totale di 47 lobbisti italiani del fossile presenti. Le due organizzazioni col più alto numero di delegati accreditati dall’Italia sono state Saipem (16 accrediti) e Eni (14). Come si dice, il pesce puzza dalla testa.