Kylian Mbappé, il calciatore che ferma l’avanzata del neofascismo

In Francia Mbappé sposta voti con le sue dichiarazioni. In Italia Spalletti va alla festa del partito neofascista al governo

Manifestazione parigina del Nouveau Front Populaire © Jeanne Menjoulet/Flickr

La Francia che ferma l’avanzata del neofascismo, e svolta chiaramente a sinistra, ha due nuovi leader. Il primo è un politico di lungo corso: Jean-Luc Mélenchon, 72 anni, fondatore de La France Insoumise. Il secondo è un giovane calciatore: Kylian Mbappé, 25 anni, già campione del mondo con la Francia a Russia 2018. Se Mélenchon per primo ha lanciato l’idea della desistenza, e ha permesso la nascita del Nouveau Front Populaire che ha fermato l’onda nera lepenista, Mbappé ha dimostrato che anche oggi i calciatori possono avere idee politiche, esprimerle e contribuire così a cambiare le sorti di un Paese. E forse di un intero continente.

Liberté: diritto di parola per tutti, tranne per i calciatori

La prima bordata arriva il 16 giugno, dopo le dichiarazioni dei compagni Thuram (figlio di tale padre) e Dembélé. Conferenza stampa di presentazione della partita tra Francia e Austria, debutto dei transalpini a Euro2024. Parla Mbappé: «Ci sono priorità. La partita con l’Austria è importante ma la situazione in Francia lo è ancora di più. […] L’estremismo (di Le Pen, menzionata nella domanda, ndr) mi spaventa. In queste elezioni abbiamo la possibilità di scegliere il nostro futuro. E voglio essere orgoglioso di portare questa maglia anche dopo il 7 luglio, in un Paese che rispecchia i miei valori». Le reazioni sono ebeti, o feroci, a seconda di chi parla.

«Ho sempre detto che garantisco loro la libertà di espressione, ma i principi associativi della federazione implicano che i giocatori evitino dibattiti di carattere politico e religioso. Per garantire un principio di neutralità», balbetta Philippe Diallo, presidente della Federcalcio francese. «Sono pregiudizi, pensino a giocare a pallone», risponde piccato Aleksandar Nikolic, europarlamentare e responsabile dello sport per il Rassemblement National. E come lui molti editorialisti sportivi e non, francesi e italiani, da qualche anno saltati in soccorso al vincitore sul carro della reazione.

Ma l’apoteosi del populismo reazionario la raggiunge Jordan Bardella. «Trovo fastidioso che quando uno è milionario e ha la fortuna di andare in giro con l’aereo privato, poi si permetta di dare lezioni a gente che guadagna 1.400 euro, che non arriva alla fine del mese e non ha la fortuna vivere in quartieri superprotetti», dice il giovane ex astro nascente del Rassemblement National. Uno che, dopo il voto di domenica, rischia già di avere un luminoso futuro alle spalle. E poi reitera: «Non credo che queste lezioni di morale saranno apprezzate dagli elettori». E invece…

Égalité: meglio un calciatore privilegiato come Mbappé di un politico che difende i privilegi

La seconda bordata arriva il 4 luglio. Conferenza stampa prima dei quarti di finale contro il Portogallo. «È urgente andare a votare al secondo turno. I risultati del primo sono stati catastrofici. Uscite di casa e andate a votare facendo la scelta giusta. È un momento cruciale per la storia del nostro Paese», dice Mbappé, senza bisogno della domanda di alcun giornalista. Qui tutti cominciano ad accorgersi che le «lezioni di morale» di un calciatore hanno effetto. D’altronde l’avevano avute quelle del cileno Caszely e del brasiliano Sócrates per abbattere le dittature. O le più recenti prese di posizione di Rashford e altri inglesi a favore di Black Lives Matter.

E così si muove l’artiglieria pesante. Contro Mbappé scende in campo la leader suprema del Rassemblement National. «I francesi ne hanno abbastanza di ricevere lezioni di morale (sic!) e raccomandazioni di voto. Questa tendenza che hanno gli attori, i calciatori e i cantanti di dire ai francesi quello che devono votare, in particolare a quelli che guadagnano 1.400 euro al mese (doppio sic!), mentre loro sono milionari che vivono all’estero, comincia a diventare fastidiosa», dice Marine Le Pen intervistata da Christian Amanpour alla CNN. Ma il populismo reazionario un tanto al chilo, che fa andare in bordo di giuggiole i nostri politici e editorialisti, ha evidentemente stufato gli elettori d’oltralpe.

E così domenica arriva la batosta. Per i lepenisti e per i meloniani, che per settimane avevano raccontato una Francia profonda terrorizzata dai migranti e dai diritti civili. E non dalla lotta di classe dei ricchi contro i poveri. Perché secondo tutte le analisi del voto, e alla faccia loro, è stata la Francia più povera e svantaggiata, quella delle banlieues e della deindustrializzazione, a votare in massa per il Nouveau Front Populaire. Nell’arrondissement numero 93, altrimenti noto come distretto di Saint-Denis, la famigerata periferia che fa da sfondo e protagonista a diversi libri e film e dove è nato 25 anni fa Kylian Mbappé, il candidato de La France Insoumise ha preso quasi il 70% dei voti già al primo turno.

Fraternité: in Italia al massimo si va alla festa di Fratelli d’Italia

Certo, in Francia il Rassemblement National resta il partito più votato. In Europa la destra la fa da padrone e in Italia tutto lascia pensare che tenersi Giorgia Meloni per un quinquennio, e non per un ventennio, sia già un gran risultato. E certo, Kylian Mbappé non è un leader rivoluzionario. Come lo furono a loro modo Caszely e Sócrates. O il terzino Michele Moretti che, con il nome di battaglia partigiano di Pietro Gatti, sparò a Benito Mussolini. Al contrario, Mbappé si è fatto consapevolmente usare come pedina dal presidente Macron nel balletto tra Psg e Real. Nelle sue dichiarazioni non ha parafrasato Malcom X. Si è limitato a dire di votare, e di votare tutto tranne il Rassemblement National.

Ma, siccome nessuno è perfetto, non vediamo perché debba esserlo Mbappé. Ha fatto forse poco, ma quel poco che ha fatto è bastato. E quindi ha fatto tantissimo. Perché probabilmente «la gente che guadagna 1.400 euro al mese» si è stufata più del populismo di chi difende gli interessi dei padroni spacciandosi per amico della plebe che non di chi guadagna tanto perché è bravo a giocare a calcio. Perché, con tutta evidenza, questi politici che si ingozzano di piadine con nutella e salsiccia e fanno dichiarazioni che sono la parodia del Processo di Biscardi dimostrano di essere oramai fuori dal mondo. La loro stagione è finita. Prima o poi dovremo accorgercene anche in Italia.

Per adesso non se ne sono accorti i nostri calciatori della nazionale. Pavidi che tacciono sempre, e che ancora allo scorso Europeo aspettavano di vedere se gli avversari si sarebbero inginocchiati per farlo anche loro. Non se ne è accorto il commissario tecnico Spalletti, figuriamoci, che nel dicembre del 2023 è andato a strisciare consensi ad Atreju, la festa di Fratelli d’Italia. Non se ne sono accorti i nostri attempati editorialisti, sportivi e non, che ancora oggi balbettano le più trite idiozie del populismo conservatore, ignari che nessuno li ascolta più. Ma non perdiamo la speranza. È successo in Francia grazie a Kylian Mbappé, un ragazzo delle banlieues che gioca a pallone. Succederà anche qui. Come ha scritto dopo il voto Thuram: «La lotta continua».