Ma quale liberté, ma quale egalité, ma quale Mbappé?

Per il campione del Psg Kylian Mbappé si parla di un rinnovo a cifre mostruose: 100 milioni l'anno di stipendio più 300 alla firma

Kylian Mbappe © Кирилл Венедиктов

È sulla pelle di un ragazzo del famigerato arrondissement numero 93, dipartimento Seine-Saint-Denis, periferia di Parigi, una delle mille banlieues dove sono imprigionate a fatica le contraddizioni etniche e di classe su cui si fonda la presunta superiorità morale dell’Occidente, che si è giocata l’ultima partita politica del pallone. Sulla scacchiera pedine e alfieri, torri e presidenti, re ed emiri, cavalli e dittatori. La regina è la guerra.

Girano cifre mostruose intorno al rinnovo di contratto di Kylian Mbappé, che era in scadenza con il Psg e poteva passare gratis al Real Madrid: 300 milioni alla firma, 100 milioni l’anno per rimanere altri tre anni a Parigi. Non sono verificate queste cifre, ma girano. Fa specie che le contesti il Real, che quando era lui il Psg comprava Figo, Beckham, Zidane e gli altri galacticos. O le definisca immorali chi, come il presidente Florentino Perez, poi cerca di fare la Super Lega, in opposizione alla Uefa a trazione francese di Aleksandr Čeferin e alla sua preziosa alleata Eca (Associazione Club Europei) il cui nuovo presidente è Al-Khelaifi, numero uno del Psg, amico di infanzia dell’emiro del Qatar e padrone del club, Al Thani.

Girano cifre, ma la questione è politica. Lo stesso ragazzo dell’arrondissement numero 93 ha raccontato come nella sua scelta di preferire il rinnovo col Psg al passaggio al Real abbiano influito telefonate col rieletto presidente Macron e col vecchio presidente Sarkozy, quello che insieme a Platini aveva sostenuto l’acquisto del Psg da parte di Al Thani e “oliato” l’assegnazione dei Mondiali alla Russia nel 2018 e al Qatar nel 2022. Poi ci sono anche le Olimpiadi a Parigi, nel 2024. Ma la mossa di sventolare il tricolore sotto il trito e falso slogan Liberté, Egalité, Mbappé, mentre nelle banlieues si continua a crepare di fame e di razzismo, trascende anche la politica sportiva e si inserisce nei nuovi riassetti della geopolitica globale.

Non è un caso che i Mondiali siano andati a Russia e Qatar. Non è mistero che il presidente Macron, oltre a telefonare al ragazzo dell’arrondissement numero 93, chiami anche quasi ogni giorno anche Vladimir Putin. Non è un caso che i Paesi del Golfo come Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar, dopo aver fatto la pace (o la tregua) tra di loro, si stiano liberando dell’abbraccio americano per guardare tramite la Francia a nuove potenze come Cina, India e appunto Russia: discutono con loro di logistica e approvvigionamenti energetici, firmano accordi bilaterali, si astengono nelle risoluzioni internazionali. La politica sportiva segue, l’assegnazione di Mondiali e Olimpiadi certifica, il contratto di Mbappé sublima. Intanto in guerra si muore, e nelle banlieues pure.