Nuovo sistema ETS, cosa cambierà per i “diritti ad inquinare”

Il nuovo sistema ETS prevede passi avanti, poiché abbraccerà settori che finora sono stati esentati. I tempi appaiono però lunghi

I trasporti marittimi saranno tra i nuovi settori inclusi nel sistema ETS © AvigatorPhotographer/iStockPhoto

L’Unione Europea ha approvato il rafforzamento e l’allargamento del sistema ETS, l’Emissions Trading System. Ovvero uno dei pilastri dell’azione per il clima europea, che diversi partiti italiani di centro-destra in campagna elettorale avevano addirittura proposto di abolire. L’ETS è uno schema per fissare un prezzo alle emissioni di CO2, sotto forma di crediti che le aziende di determinati settori ad alto impatto (industria pesante, energia) devono acquistare per avere il diritto ad emetterne nell’atmosfera.

I settori a maggiore impatto climatico devono abbattere le emissioni del 62% entro il 2030

Con la nuova riforma l’ETS non viene abolito, come chiedevano per esempio Marattin o Calenda del Terzo Polo. Al contrario viene rilanciato e proiettato nel prossimo decennio, con una riforma robusta, anche se priva dell’ambizione necessaria per affrontare la sfida climatica, secondo le organizzazioni ambientaliste. L’orizzonte è quello di ridurre le emissioni del 55 per cento entro il 2030 e azzerarle entro metà secolo, come previsto dal Green Deal. Per arrivarci, le attività a maggior impatto dovranno tagliare le proprie emissioni del 62 per cento entro la fine di questo decennio. 

I quattro pilastri della riforma sono il rafforzamento dello schema ETS esistente, che al momento copre 11mila imprese. Quindi la costruzione di una barriera di ingresso per merci prodotte in Paesi e aree nelle quali una certificazione simile non c’è e che quindi fanno concorrenza sleale ai nostri prodotti sul mercato europeo.

E poi la creazione di un nuovo schema – ETS2 – che copra settori che fino a oggi non erano toccati. Con l’attivazione di un fondo sociale per il clima per applicare i principi di giusta transizione e aiutare famiglie e imprese che rischiano di essere messe più in difficoltà da un aumento dei prezzi dell’energia dovuto al rafforzamento di ETS. Che dalla fine di questo decennio, per esempio, coprirà anche il riscaldamento domestico

La fine delle quote gratuite è solo per il 2034

Uno dei punti più controversi e discussi della riforma era la data di interruzione per il flusso di certificati gratuiti concessi alle imprese più inquinanti per permettere loro di essere competitive sul mercato. La data di chiusura approvata dall’Unione è il 2034, con un dimezzamento previsto per il 2030. Vuol dire dodici anni ancora di regali per inquinare, per la delusione del Parlamento europeo (che chiedeva un anticipo di almeno altri due anni) e delle ONG.

In parallelo, dal 2026 entra in forza il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM), dopo un periodo di transizione di tre anni. Il CBAM è una sorta di dazio doganale climatico. Servirà a fissare un prezzo alle emissioni contenute nei prodotti che vengono immessi del mercato comune, per evitare concorrenza sleale ed ecodumping. Cioè che costino di meno solo perché nei Paesi dove vengono prodotti (come la Cina) non si tiene conto a sufficienza della crisi climatica.

Il sistema ETS sarà esteso a trasporti privati e marittimi, riscaldamento e rifiuti

Il CBAM coprirà acciaio, ferro, elettricità, idrogeno, cemento, fertilizzanti e alluminio. La tariffa ai prodotti di importazione deve rispecchiare il prezzo interno dell’Unione per la CO2. Dal 2026 una tonnellata di acciaio cinese e una italiana dovranno avere lo stesso costo in termini di compensazione delle emissioni. Un’altra misura di protezione delle aziende europee rispetto al prezzo della CO2 è che un quarto dei permessi per inquinare ETS sarà in una riserva costruita per garantire la stabilità dei mercati. E potranno essere rilasciati per calmare questi ultimi qualora i prezzi della CO2 dovessero diventare troppo alti. 

Dal 2027, dunque, il sistema ETS raddoppia e si applicherà anche ai trasporti privati, al riscaldamento degli edifici, allo smaltimento di rifiuti e al traffico marittimo. Qui l’impatto rischia di pesare direttamente sui budget delle famiglie, il meccanismo di compensazione ideato dall’Unione Europea è il cosiddetto Climate Social Fund, un fondo da 87 miliardi di dollari. Che dovrà aiutare i cittadini dell’Unione a combattere la povertà energetica fino al 2032.

Inoltre, per questo schema ETS2 il prezzo della CO2 sarà fissato a un massimo di 45 euro. Ciò per evitare fluttuazioni troppo violente, costi elevati e rivolte in stile gilet jaune francesi. Infine, se i mercati energetici rimarranno difficili come lo sono stati nel 2022 (sopra 106 euro al megawattora per il gas al mercato di Amsterdam), l’ETS partirà con un anno di ritardo. Nel 2028 invece che nel 2027.