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Oil for food, chiesta la pena pecuniaria massima per Total

I giudici inquirenti francesi hanno chiesto per il colosso petrolifero una multa da 750 mila dollari, parlando di «metodi opachi» e di «meccanismi indecifrabili».

  «Metodi opachi, meccanismi indecifrabili, sistemi ipocriti». Con queste parole i magistrati francesi hanno giustificato la richiesta di applicare la pena pecuniaria massima al colosso del petrolio Total, sotto processo per presunti illeciti commessi nell’ambito del programma delle Nazioni Unite. 

I giudici sono chiamati a fare luce sui comportamenti adottati dall’allora regime di Baghdad di Saddam Hussein, che avrebbe contato – direttamente o indirettamente – su una serie di “complicità” di fatto. Sul banco degli imputati siedono infatti nomi eccellenti, tra i quali l’ex ministro dell’Interno francese Charles Pasqua, l’attuale amministratore delegato di Total Christophe de Margerie, una serie di ex diplomatici e la società russa specializzata nel trading petrolifero Vitol.

Dopo l’invasione del 1990, l’Onu impose un rigido embargo all’Iraq, che cinque anni dopo fu alleggerito proprio attraverso il programma “Oil for food”: fu consentita la vendita di petrolio in cambio di cibo e altri beni di prima necessità utili a risollevare le sorti di una popolazione allo stremo. Saddam aveva tuttavia aggirato facilmente le maglie dell’iniziativa, in particolare attraverso vendite parallele. I dirigenti iracheni riuscivano così a concedere importanti quantità di greggio, a prezzi gonfiati, ad una serie di personalità amiche, in cambio della loro attività di lobbying contro l’embargo. 

Proprio tali transazioni sono nel mirino dei giudici inquirenti, che chiedono a Total il pagamento di una multa da 750 mila euro, ovvero il massimo applicabile per questo tipo di illeciti. Cifra che si andrebbe ad aggiungere ai 17, 5 milioni di dollari pagati negli Stati Uniti, quando la società petrolifera fu messa sotto accusa nell’ambito dello stesso programma Oil for food. All’epoca Total ammise davanti ad una corte di New York di aver concesso alcuni pagamenti sottobanco alle autorità irachene.