Il settore orafo italiano incolpa il Brasile per l’ingresso di oro illegale nel Paese

Il settore orafo italiano accusa il Brasile per l’oro illegale, ma indagini e ambientalisti puntano il dito su raffinerie e controlli europei deboli

Janaina César
Miniera illegale d'oro nel Pará, in Amazzonia © J Brarymi/iStockPhoto
Janaina César
Leggi più tardi

Uno dei principali centri mondiali del design e della manifattura di gioielli, l’Italia, ha ospitato venerdì 5 settembre la più importante fiera europea dell’oro, Vicenzaoro. Tra i pezzi in esposizione all’evento, che riunisce i settori italiani della gioielleria, dell’orologeria e dell’oreficeria, vi è anche oro proveniente dal Brasile. Nel 2024, secondo i dati ufficiali del commercio estero, i Paesi europei hanno ricevuto il 42% delle esportazioni di oro dal Brasile.

Dall’altra parte dell’Atlantico, le autorità segnalano che l’oro estratto illegalmente in Amazzonia continua ad attraversare l’oceano e ad arrivare in Italia. Principale esportatore europeo di gioielli. Almeno tre grandi raffinerie italiane – Italpreziosi, Safimet e Chimet – sono state citate in indagini della polizia e della dogana brasiliane negli ultimi tre anni (dettagli sotto).

L’oro non è trasparente: traffici e opacità della filiera

Per i rappresentanti del settore orafo italiano, tuttavia, la responsabilità delle falle nella tracciabilità dell’oro ricade sul Brasile. Una posizione contestata dagli stessi ambientalisti italiani. La Confindustria Federorafi (Federazione nazionale fabbricanti di gioielleria, argenteria e oreficeria), che rappresenta il comparto, ha dichiarato a Repórter Brasil via email: «Se vi è una falla nei sistemi di controllo e tracciabilità, ciò è dovuto alla mancanza di meccanismi affidabili da parte delle autorità brasiliane».

La federazione ha sottolineato che le aziende italiane «rispettano la legislazione vigente» e ha affermato di non avere conoscenza di raffinerie in Italia che acquistino oro illegale dal Brasile. «Per quanto ci risulta, tutte le aziende acquistano oro accompagnato da regolare documentazione che ne certifica l’origine legale».

Per Martina Borghi, rappresentante di Greenpeace in Italia, il problema risiede proprio nei documenti che accompagnano l’oro. «Se sono falsificati o basati su frodi – come accade frequentemente in Brasile – l’intero sistema europeo diventa complice accettandoli senza veri controlli», ha dichiarato. «L’industria italiana trae profitto diretto dall’oro amazzonico. Ma, quando si tratta di trasparenza, si nasconde dietro la burocrazia».

Irregolarità e contrabbando: le storie dietro l’oro illegale

Indagini recenti di Repórter Brasil hanno rivelato come le raffinerie europee, in particolare in Italia, siano state rifornite di oro sospettato di avere un’origine illegale. A giugno, un’inchiesta ha mostrato che la raffineria italiana Italpreziosi aveva acquistato il minerale da un importatore indagato per il coinvolgimento in un traffico di oro illegale nello Stato del Pará (che ospiterà la prossima Cop30, ndr.) nel bioma amazzonico. Secondo le indagini di polizia, la rete criminale comprendeva aziende brasiliane che emettevano fatture false – talvolta a nome di persone decedute – per mascherare la reale provenienza dell’oro. Gli investigatori hanno affermato che parte del metallo proveniva da attività estrattive illegali all’interno del territorio indigeno Munduruku.

Nel maggio dello scorso anno, Repórter Brasil aveva inoltre documentato che un’altra raffineria italiana, Safimet – specializzata nella raffinazione di metalli preziosi – aveva acquistato una partita di 5 kg di polvere d’oro nascosta in 15 tonnellate di carbone vegetale. Agenti doganali del porto di Santos, a San Paolo, hanno scoperto l’oro non dichiarato e bloccato la spedizione verso l’Italia. Sebbene rappresentasse solo lo 0,03% del carico totale, il suo valore era stimato in 1,9 milioni di real. Quasi tre volte superiore al valore dichiarato del carbone.

Due anni prima Chimet, un’altra raffineria italiana, era stata citata in indagini di polizia come acquirente di oro estratto illegalmente da miniere situate all’interno del territorio indigeno Kayapó, sempre in Pará. Repórter Brasil aveva rivelato che Chimet figurava tra i fornitori di giganti tecnologici come Apple, Google e Microsoft.

Le risposte (deboli) delle aziende italiane dell’oro

Interpellate all’epoca, tutte e tre le aziende hanno negato qualsiasi illecito. Italpreziosi ha dichiarato di non aver riscontrato prove di illegalità nell’oro acquistato dall’importatore brasiliano sotto inchiesta. Safimet ha affermato di aver effettuato un solo acquisto dalla società brasiliana oggetto dell’indagine doganale e di aver interrotto i rapporti dopo il sequestro. Chimet ha sostenuto che i propri acquisti di oro erano accompagnati da documentazione che ne certificava la provenienza legale. Pur riconoscendo «il rischio che possano esserci impatti negativi legati al commercio e all’esportazione di minerali provenienti da aree ad alto rischio».

Oro dalle aree ad alto rischio: l’Italia in prima linea

Uno studio pubblicato lo scorso agosto dal think tank brasiliano Instituto Escolhas, che svolge ricerche su settori come estrazione mineraria, energia e sistemi alimentari, ha rilevato che il 94% dell’oro brasiliano importato dai Paesi dell’Unione europea proveniva da aree classificate come “ad alto rischio” di illegalità.

Secondo l’istituto, le importazioni “ad alto rischio” sono quelle originarie degli Stati di Pará, Amazonas e San Paolo. In Pará e Amazonas, la produzione aurifera è in gran parte legata ad attività minerarie su piccola scala, caratterizzate da un sistema di licenze ambientali più debole rispetto all’industria estrattiva. San Paolo, che non produce oro, funge invece da canale di transito per la produzione proveniente da queste aree minerarie.

«In queste regioni vi sono forti indizi di illegalità nell’estrazione e nel commercio dell’oro, e risulta difficile certificare l’origine legittima del metallo», si legge nel rapporto.

Svizzera, la “lavanderia” dell’oro illegale

Nonostante le ripetute accuse, l’industria aurifera europea continua a operare sostanzialmente senza cambiamenti, hanno spiegato esperti a Repórter Brasil. La legislazione italiana ed europea, finora, ha agito più come una cortina fumogena che come una barriera reale, ha sostenuto Martina Borghi di Greenpeace. «La catena di approvvigionamento dell’oro è opaca. È molto facile che l’oro illegale venga mescolato a quello legale e attraversi le frontiere con documentazione apparentemente in regola», ha affermato.

Lo scorso anno, l’Italia è stata l’ottavo maggiore acquirente di oro brasiliano. Gran parte dell’oro che entra in Italia e in altri Paesi europei, tuttavia, transita prima dalla Svizzera. Pur non facendo parte dell’Unione europea, la Svizzera funziona come un hub. Nel 2024 è stata il secondo mercato di esportazione dell’oro brasiliano, dopo il Canada.

È in Svizzera che l’oro viene raffinato, riclassificato e, secondo gli esperti, spesso “ripulito”. «La Svizzera funziona come una lavanderia per l’oro estratto da zone di conflitto o da aree protette», ha dichiarato Borghi. «Parte dal Brasile sporco e arriva in Europa con un volto nuovo».

Un’occasione mancata: l’oro escluso dalle regole europee contro la deforestazione

Le speranze di cambiamento erano riposte nella nuova legge europea contro la deforestazione (Eudr – European Union Regulation on Deforestation-free Products), che entrerà in vigore a dicembre 2025. Il regolamento impone agli importatori di materie prime come legname, cacao, caffè, soia, olio di palma, gomma e bovini di dimostrare che questi prodotti non siano legati alla deforestazione. L’oro, tuttavia – sebbene venga anch’esso estratto in aree di distruzione forestale – è stato escluso dall’elenco.

Per gli ambientalisti, questa omissione rappresenta un’occasione mancata e una pericolosa falla in uno dei pochi strumenti concreti che l’Unione europea abbia creato per contenere la deforestazione nei Paesi fornitori. Per il deputato italiano Angelo Bonelli, di Alleanza Verdi e Sinistra, questa assenza mina qualsiasi reale tentativo di frenare il flusso di oro illegale. «L’Italia dovrebbe guidare la lotta contro l’oro della deforestazione. Invece fa l’opposto: protegge l’industria e abbandona la foresta», ha detto.

Regole sulla carta, controlli deboli sull’oro illegale

Greenpeace chiede anche un rafforzamento dell’applicazione del regolamento Ue 2017/821, noto come Conflict Minerals Regulation. In vigore dal 2021, stabilisce obblighi di due diligence per le catene di approvvigionamento di oro, stagno, tantalio e tungsteno provenienti da aree colpite da conflitti o considerate ad alto rischio.

Secondo Borghi, uno dei punti più deboli è proprio l’elenco dei Paesi ad alto rischio. La Svizzera, ad esempio, non vi è inclusa. «È vero che la Svizzera non è un Paese in conflitto, ma resta un’area ad alto rischio. Vogliamo che le aziende, inclusi gli acquirenti italiani di oro che passa da lì, siano obbligate a condurre una due diligence più rigorosa e a fare maggiore pressione sulla Svizzera affinché tracci l’origine del suo oro», ha affermato.

Anche il quadro normativo nazionale italiano è fragile. Solo nel 2022 l’articolo 518 del Codice penale ha introdotto sanzioni specifiche per il commercio illecito di metalli preziosi. Eppure, nemmeno questa norma fa riferimento ai territori protetti.

«Le regole esistono, ma i controlli sono deboli», ha spiegato Borghi. «E manca la volontà politica di cambiarlo. Al contrario, stiamo assistendo a uno sforzo coordinato per indebolire le leggi ambientali in Europa. È come se le promesse ambiziose del Green Deal europeo venissero silenziosamente smantellate».

«Il sistema è stato progettato per non funzionare», ha sintetizzato l’onorevole Bonelli. «Finché l’Europa – e l’Italia in primis – non riconoscerà la propria parte di responsabilità in questo ciclo, l’oro illegale continuerà ad attraversare l’oceano e l’Amazzonia continuerà a sanguinare».


Questo articolo è stato pubblicato in inglese su Repórter Brasil e tradotto in italiano dalla redazione di Valori.it

Nessun commento finora.

Lascia il tuo commento.

Effettua il login, o crea un nuovo account per commentare.

Login Non hai un account? Registrati